Osservatorio

Niente appeal per l’anticipo del Tfr in «busta»

16 Luglio 2015

L’operazione «Tfr in busta paga», che avrebbe dovuto rappresentare la seconda ondata di liquidità per i lavoratori dopo il bonus di 80 euro, almeno stando alle prime elaborazioni, è rimasta praticamente ferma.

L’operazione «Tfr in busta paga», che avrebbe dovuto rappresentare la seconda ondata di liquidità per i lavoratori dopo il bonus di 80 euro, almeno stando alle prime elaborazioni, è rimasta praticamente ferma. A registrare i quasi impercettibili movimenti del Tfr è l’Osservatorio della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, che ha cominciato a misurare che cosa è successo nelle grandi aziende nel primo mese in cui i lavoratori avrebbero potuto ritirare la loro «buonuscita» (il Dpcm attuativo è entrato in vigore ad aprile, e le liquidazioni partono quindi da maggio). Meno di sei lavoratori ogni 10 mila hanno scelto questa strada, mentre la quasi totalità ha deciso di lasciar maturare il trattamento di fine rapporto secondo le vecchie regole. Il motivo – lo confermano gli stessi lavoratori – è evidente: quando viene ricevuto al termine del rapporto di lavoro, il Tfr è assoggettato a tassazione separata calcolata su un’aliquota media variabile in base agli anni e alle frazioni di anni di anzianità. L’anticipo previsto dall’ultima legge di stabilità, invece, dal punto di vista fiscale viene trattato come una sorta di reddito aggiuntivo, e di conseguenza è colpito dall’aliquota marginale, cioè la più alta prevista per ciascun reddito. Nei prossimi giorni saranno diffusi i dati su una seconda platea, più ampia, di lavoratori impiegati nelle imprese medio-piccole, e per chiedere il Tfr c’è tempo fino al giugno 2018: ma l’ostacolo fiscale pare difficile da superare.

(Il Sole 24 Ore, 31 maggio 2015, pag. 15)


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