Osservatorio

Il datore costretto a licenziare ha diritto alla restituzione del ticket NASPI

24 Novembre 2020

Il Tribunale di Udine, con sentenza n. 106/2020, ha affermato che il datore di lavoro indotto a licenziare un proprio dipendente per assenza ingiustificata ha il diritto di trattenere dalle competenze di fine rapporto allo stesso spettanti l’importo versato all’INPS a titolo di ticket di licenziamento (c.d. “ticket NASPI”).

I fatti di causa

Nel caso di specie un lavoratore manifestava oralmente al legale rappresentate della società datrice di lavoro la propria intenzione di rassegnare le dimissioni a causa dei problemi di salute del padre, chiedendo, tuttavia, di essere formalmente licenziato al fine di poter beneficiare dell’indennità mensile di disoccupazione, c.d. NASPI.

Dinanzi al rifiuto, il lavoratore minacciava di assentarsi dal lavoro. Ciò nonostante, la società decideva di accordargli un prolungato periodo di ferie per assistere il padre. A conclusione del periodo di ferie il lavoratore non si presentava sul posto di lavoro senza giustificare in alcun modo la propria assenza nonostante i ripetuti solleciti.

A fronte del protrarsi dell’assenza ingiustificata, dopo aver esperito la procedura disciplinare di cui all’art. 7 della Legge 300/1970, la società licenziava il lavoratore per giusta causa. Non solo. La società procedeva anche a trattenere dalle spettanze di fine rapporto l’ammontare del ticket di licenziamento dovuto all’INPS nonché altre somme a titolo di risarcimento dei danni subiti per la mancata prestazione lavorativa.

Il lavoratore proponeva ricorso per decreto ingiuntivo per vedersi restituire tutte le somme trattenute atteso che la decisione unilaterale di recedere dal rapporto di lavoro sarebbe stata presa da datore di lavoro.

La società si opponeva al decreto ingiuntivo emesso a suo carico affinché venisse revocato. Resisteva il lavoratore chiedendo il rigetto del ricorso presentato dalla stessa e, per l’effetto, la conferma del decreto in questione.

La decisione del Tribunale

A parere del Tribunale è stato adeguatamente provato, nell’ambito dell’attività istruttoria espletata, che la decisione di porre fine al rapporto di lavoro è stata presa unilateralmente dal lavoratore. Questi – a fronte del rifiuto dell’azienda di procedere con il licenziamento richiesto – si è, infatti, assentato deliberatamente per farsi licenziare.

Pertanto, secondo il Tribunale “le spese sostenute da (ndr dalla società) per dare (involontariamente) corso alla decisione di recesso assunta dal lavoratore non possono che essere addossate a quest’ultimo e, nello specifico, il (ndr il lavoratore) sarà tenuto a corrispondere alla ricorrente le somme da questa spese a titolo di c.d ticket licenziamento. Il c.d. ticket di licenziamento è infatti un onere che la (ndr la società) ha dovuto sopportare esclusivamente perché il (ndr il lavoratore), anziché dimettersi, senza costi per l’azienda, l’ha deliberatamente posta nella necessità di risolvere il rapporto lavorativo”.

In considerazione di quanto sopra, il Tribunale ha revocato il decreto ingiuntivo emesso a carico della società opponente e ha accertato, per quel che ci interessa, la sussistenza del credito della stessa per l’ammontare del ticket di licenziamento, essendo appunto il recesso imputabile alla condotta omissiva del dipendente.

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La sentenza in commento (allo stato non si rinvengono precedenti) giunge in sostanza alla conclusione secondo la quale il datore di lavoro, indotto a licenziare un lavoratore per assenza ingiustificata, ha diritto al risarcimento del danno subito e corrispondente all’importo del ticket NASPI versato all’INPS.

 

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