Osservatorio

Agenzia delle Entrate: sono fiscalmente deducibili i contributi rimborsati dal lavoratore al datore di lavoro per errata applicazione del massimale

20 Aprile 2022

Con la recente risposta ad interpello n. 117/2022, l’Agenzia delle Entrate ha confermato la deducibilità fiscale dei contributi previdenziali rimborsati dal lavoratore al datore di lavoro a causa dell’indebita applicazione del massimale contributivo. E, in applicazione del principio di cassa, tale la deducibilità trova applicazione con riferimento al periodo di imposta in cui i contributi sono rimborsati al datore di lavoro.

Applicabilità del massimale contributivo

I fatti oggetto dell’istanza di interpello hanno visto l’INPS notificare ad un’azienda una diffida per “recupero contributi da eccedenza massimale” ai sensi dell’articolo 2, comma 18, della Legge n. 335/1995 con riferimento alla posizione previdenziale di un lavoratore che coinvolgeva più annualità (anni 2015, 2016 e 2017).

All’azienda veniva, infatti, richiesto di sanare l’omissione contributiva derivante dalla mancata comunicazione da parte del lavoratore dell’esistenza “di periodi utili o utilizzabili ai fini dell’anzianità contributiva antecedenti al 1° gennaio 1996”.

Per un verso, l’INPS contestava l’omissione contributiva “in quanto sono emersi (ndr erano emersi) versamenti contributivi solo figurativi (servizio di leva) in epoca antecedente al 1° gennaio 1996”; per altro verso, disconosceva l’applicazione del massimale annuo della base contributiva e pensionabile, previsto dal citato articolo 2, comma 18, Legge n. 335/1995 per i lavoratori che si iscrivono a forme pensionistiche obbligatorie a far data dal 1° gennaio 1996 (cd. “nuovi iscritti”) e privi di anzianità contributiva precedente. Per coloro che vantano anzianità contributiva già maturata in forme pensionistiche obbligatorie entro il 31 dicembre 1995 (cd. “vecchi iscritti”), infatti, il massimale contributivo non trova applicazione, con la conseguenza che l’intera retribuzione imponibile viene assoggettata a contribuzione previdenziale, sia in capo al lavoratore che al datore di lavoro.

Nel caso di specie, l’errata applicazione del massimale contributivo derivava dalla dichiarazione resa dal lavoratore in merito alla propria anzianità contributiva che non aveva tenuto conto dei periodi contributivi maturati prima del 1996. Pertanto, il lavoratore si trovava nella condizione di dover riversare al datore di lavoro i contributi a proprio carico, anticipati dallo stesso all’INPS.

La deducibilità fiscale dei contributi arretrati

Tanto premesso, il lavoratore istante ha chiesto chiarimenti all’Agenzia delle Entrate in merito alle modalità con cui procedere alla restituzione dei contributi per la quota a suo carico e alla eventuale deducibilità di quest’ultimi, trattandosi di contributi obbligatori per legge.

Nella propria risposta, l’autorità fiscale ha ricordato come l’articolo 10, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986 (cd. “TUIR”) prevede che dal reddito complessivo si deducono “i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi”.

Pertanto, a parere dell’Agenzia, sono deducibili non solo i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, ma anche i contributi previdenziali versati facoltativamente all’ente che gestisce la forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, qualunque sia la causa che origina il versamento.

Inoltre, viene rilevato che, in applicazione delle regole generali in materia di oneri deducibili dal reddito complessivo, “i contributi in questione sono deducibili se risultano effettivamente a carico del contribuente e debitamente documentati”. In applicazione del cd. “principio di cassa”, al pari di ogni altro onere, “sono deducibili fino a concorrenza del reddito complessivo con riferimento al periodo d’imposta in cui sono stati versati”.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che la maggior quota contributiva a carico del lavoratore e derivante dall’erronea applicazione del massimale contributivo per gli anni 2015, 2016 e 2017 costituisce un’integrazione di contributi obbligatori per legge, a suo tempo non versati. Di conseguenza, tale ammontare risulta deducibile ai fini fiscali per il lavoratore nel periodo d’imposta in cui ha operato effettuato il versamento in favore del datore di lavoro.

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