Nella recente nota n. 2504 del 10 aprile, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in risposta alla richiesta di chiarimenti presentata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro (di seguito anche “CNO”), ha fornito ulteriori precisazioni rispetto alla circolare n. 6/2025, contenente le prime indicazioni operative sulle novità introdotte dal “Collegato Lavoro” (Legge n. 203/2024), tra cui, la procedura di “dimissioni per fatti concludenti”.
Secondo la disposizione normativa che ha introdotto tale procedura, l’art. 19 della Legge n. 203/2024, nei casi di “assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni”, senza che lo stesso abbia fornito alcuna giustificazione o presentazione delle dimissioni telematiche, il datore di lavoro potrà ricorrere alla procedura delle “dimissioni per fatti concludenti”, dandone comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro. La risoluzione del rapporto si intenderà avvenuta per volontà del lavoratore.
Il legislatore ha così riconosciuto espressamente la possibilità che un rapporto di lavoro possa concludersi anche attraverso le c.d. “dimissioni per fatti concludenti” o “dimissioni di fatto”, consentendo al datore di lavoro di attribuire al comportamento del lavoratore, assente dal lavoro per un certo periodo di tempo senza aver prodotto le dovute giustificazioni, la volontà di non proseguire il rapporto stesso.
La comunicazione all’Ispettorato, che avvia l’iter delle dimissioni di fatto, potrà avvenire trascorso un periodo di tempo congruo in cui l’assenza ingiustificata perduri, stabilito dai contratti collettivi o in assenza superiore a 15 giorni.
Al riguardo, il Ministero del Lavoro nella circolare n. 6/2025, ha precisato che il termine individuato dalla legge di quindici giorni, costituisce il termine legale minimo, trascorso il quale il datore di lavoro può dare comunicazione dell’assenza all’Ispettorato territoriale del lavoro. Nei casi in cui la contrattazione collettiva “preveda un termine diverso da quello contemplato dalla norma in esame, lo stesso troverà senz’altro applicazione ove sia superiore a quello legale, in ossequio al già richiamato principio generale per cui l’autonomia contrattuale può derogare solo in melius le disposizioni di legge. Se, viceversa, sia previsto un termine inferiore, per il medesimo principio, dovrà farsi riferimento al termine legale.”
Il Ministero del Lavoro rende noto così un aspetto non rinvenibile nella disposizione normativa: il datore di lavoro potrà avviare l’iter delle dimissioni per fatti concludenti non prima del sedicesimo giorno di assenza ingiustificata, fermo restando la possibilità di poter formalizzare la comunicazione all’Ispettorato “anche in un momento successivo”.
Allo stesso modo, il termine minimo dei quindici giorni dovrà essere rispettato anche per l’invio dell’UNILAV di cessazione del rapporto di lavoro, costituendo la comunicazione all’Ispettorato dies a quo per il decorso del termine di cinque giorni previsto per effettuare la comunicazione obbligatoria al centro per l’impiego.
Resta inteso che, come riportato nella seconda parte dell’art. 19 della Legge 203/2024, dinanzi all’attivazione della procedura l’Ispettorato potrà verificare la veridicità della comunicazione ricevuta e lo stesso lavoratore potrà dimostrare di aver presentato le dovute giustificazioni o l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza.
Sui contenuti della circolare ministeriale poc’anzi riportati, a seguito alle richieste di chiarimenti avanzate dal CNO, il Ministero del Lavoro ha fornito ulteriori precisazioni nella nota n. 2504 del 10 aprile.
In primo luogo, l’autorità ha chiarito la propria posizione sul limite legale dei quindici giorni di assenza ingiustificata, atteso il quale il datore di lavoro può avviare l’iter delle dimissioni di fatto.
Partendo da un’interpretazione letterale della disposizione, il termine dei quindici giorni non risulta avere carattere di inderogabilità, bensì di sola natura residuale, in assenza di previsioni della contrattazione collettiva che, di fatto, potrebbero stabilire limiti inferiori, in considerazione della libertà attribuitagli dalla stessa norma di determinare il periodo di assenza ingiustificata.
Il Ministero al riguardo, pur confermando la natura residuale del termine legale, ha chiarito che “tuttavia, l’espressione utilizzata dal legislatore per la quale il termine deve ritenersi in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, ha fatto propendere per la considerazione, di prudenza, della non agibilità della previsione di termini inferiori da parte della contrattazione collettiva”.
Benché non sia espressamente prevista l’inderogabilità del termine di 15 giorni, ritiene “che la norma non consenta interpretazioni peggiorative della posizione del lavoratore”, rendendo quindi necessario bilanciare il principio della libertà contrattuale delle parti sociali con l’indispensabile esigenza di tutela del lavoratore “al fine di evitare effetti abusivi o distorsivi sul rapporto di lavoro”.
Da ultimo, con riferimento alla richiesta di chiarimenti interpretativi del CNO rispetto alle conseguenze nei casi in cui (i) il datore di lavoro non proceda al ripristino del rapporto di lavoro non condividendo il risultato della verifica dell’Ispettorato o ritenendo insufficienti le prove del lavoratore (ii) o il lavoratore presenti le dimissioni per giusta causa successivamente all’avvio della procedura in esame, il Ministero ha ritenuto necessaria una distinzione tra le diverse ipotesi prospettate: