Osservatorio

Agenzia delle Entrate: chiarimenti sul trattamento fiscale del rimborso al lavoratore agile per la connessione internet

28 Giugno 2021

L’Agenzia delle Entrate è stata nuovamente chiamata in causa su un quesito avente ad oggetto i rimborsi spese riconosciuti ai dipendenti che svolgono la propria attività in modalità agile (c.d. “smart working”). In particolare, con la risposta ad interpello n. 371 del 24 maggio 2021 sono stati forniti chiarimenti circa il trattamento fiscale da riservare alle somme corrisposte dal datore di lavoro ai propri dipendenti a titolo di rimborso dei costi di connessione internet.

Il quesito del contribuente

Nel formulare l’interpello, il datore di lavoro istante ha, innanzitutto, comunicato all’Agenzia delle Entrate la propria intenzione di implementare un programma di smart working caratterizzato dal riconoscimento a ciascun dipendente del rimborso del costo della connessione con “chiavetta internet” o dell’abbonamento al servizio internet domestico.

Il datore di lavoro ha, poi, chiesto chiarimenti in merito alla rilevanza del suddetto rimborso spese per la determinazione del:

  • reddito di lavoro dipendente (IRPEF),
  • regime di deducibilità ai fini del reddito d’impresa (IRES).

Secondo la soluzione interpretativa del contribuente, fondata sulla risoluzione n. 357/E del 7 dicembre 2007 in materia di rimborsi spese in favore del dipendente in “telelavoro”, il rimborso del costo della connessione internet riconosciuto al dipendente – essendo strumentale allo svolgimento dell’attività lavorativa – non costituisce reddito per quest’ultimo ed è integralmente deducibile dal reddito d’impresa.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate

Nel formulare il parere sul primo quesito oggetto dell’interpello, relativo ai profili IRPEF, l’Agenzia delle Entrate rammenta che i redditi da lavoro dipendente sono disciplinati, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR n. 917/ 1986 (TUIR), dal c.d. principio di onnicomprensività.

In forza di tale principio costituiscono reddito di lavoro dipendente «tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».

In linea generale, salve le eccezioni previste nelle ipotesi di trasferte e trasferimenti (di cui ai commi 5 e seguenti del medesimo articolo 51), anche le somme corrisposte al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per lo stesso, reddito di lavoro dipendente e, pertanto, sono soggette ad imposizione fiscale e previdenziale.

Fermi restando i principi generali dell’ordinamento tributario sopra esposti, l’Agenzia delle Entrate richiama la circolare del 23 dicembre 1997, n. 326 secondo la quale taluni rimborsi possono essere esclusi da imposizione fiscale. In particolare, risultano esenti i rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro ma anticipate dal dipendente per snellezza operativa. Ad esempio, le spese sostenute per l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore (quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, etc..).

In relazione alla fattispecie prospettata dal contribuente, viene evidenziato che il rimborso erogato dal datore di lavoro non è relativo al solo costo riferibile all’esclusivo interesse del datore di lavoro. L’istante rimborserebbe tutte le spese sostenute dal dipendente per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet, consentendogli un accesso pieno e illimitato a tutte le funzionalità oggi fruibili e offerte dalla tecnologia presente sul mercato.

Inoltre, la relazione tra l’utilizzo della connessione internet e l’interesse del datore di lavoro è dubbio in quanto il contratto relativo al traffico dati non è scelto e stipulato dal datore di lavoro che, limitandosi a rimborsarne i costi, rimane estraneo al rapporto negoziale instaurato con il gestore scelto dal dipendente.

L’Agenzia delle Entrate giunge, dunque, alla conclusione che il rimborso dei costi internet sostenuti dal dipendente in smart working, non essendo supportato da elementi e parametri oggettivi e documentati, non può essere escluso dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente e, conseguentemente, rileverà fiscalmente nei confronti del dipendente ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del TUIR.

Con riferimento ai profili IRES, l’articolo 95 del TUIR dispone che «Le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, salvo il disposto dell’articolo 100, comma 1».

Nel caso di specie, il rimborso riconosciuto al dipendente per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione internet risulta sostenuto per soddisfare un’esigenza del dipendente stesso, legata alle modalità di prestazione dell’attività lavorativa in smart working, che concorre ad assicurare la rispondenza della retribuzione alle esigenze del lavoratore.

In sostanza, solamente nella misura in cui l’attivazione della connessione internet rappresenta un obbligo implicito della prestazione pattuita, tramite l’accordo individuale ex Legge 81/2017, sottoscritto tra datore di lavoro e dipendente, i relativi rimborsi potranno essere deducibili ai fini IRES, ai sensi dell’articolo 95, comma 1, del TUIR, in quanto assimilabili alle “Spese per prestazioni di lavoro.

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