Osservatorio

Omissione contributiva e responsabilità dell’INPS

26 Marzo 2021

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2164 depositata il 1° febbraio 2021, ha affrontato il tema del diritto del lavoratore al risarcimento del “danno pensionistico” causato dall’omissione contributiva da parte del datore di lavoro e della eventuale responsabilità dell’INPS chiamata in giudizio a rispondere del danno.

I fatti di causa

Nel caso di specie la Corte d’Appello di Genova aveva accolto l’impugnazione proposta da una lavoratrice nei confronti dell’INPS e del proprio datore di lavoro (chiamato in causa dall’INPS) avverso la sentenza di primo grado. Sentenza con cui era stata rigettata la domanda proposta dalla stessa al fine di ottenere direttamente dall’istituto previdenziale la regolarizzazione della propria posizione assicurativa, con accredito dei contributi omessi dal datore di lavoro relativamente al periodo dal 1° gennaio 2007 al 14 ottobre 2010.

La Corte d’Appello, ritenuta provata la sussistenza del rapporto di lavoro nel periodo contestato, (i) aveva applicato il disposto dell’art. 2116 cod. civ., accertando il diritto della lavoratrice ad ottenere dall’INPS la regolarizzazione della propria posizione assicurativa con accredito dei contributi omessi dal datore di lavoro – e ormai prescritti – e (ii) aveva dichiarato inammissibile la domanda proposta dall’istituto di recuperare i contributi dal datore di lavoro.

Avverso la sentenza di secondo grado l’INPS ricorreva in cassazione affidandosi a due motivi di ricorso.

La decisione della Corte di Cassazione

Innanzitutto, la Suprema Corte rammenta che l’obbligazione contributiva ha come soggetto attivo l’ente assicuratore, ovverosia l’INPS, e come soggetto passivo il datore di lavoro, debitore dei contributi anche per la parte a carico  del  prestatore  di  lavoro,  salvo  il diritto di rivalsa (articolo 2115 cod. civ.) oppure per l’intero in ipotesi di pagamento tardivo o parziale (articolo 23, Legge 218/1952).

In virtù di quanto precede, secondo la Corte, il lavoratore non può chiedere all’INPS di sostituirsi al datore di lavoro nel pagamento dei contributi che rimane il diretto responsabile.

Quale rimedio all’omissione contributiva del datore di lavoro, ormai prescritta nel caso di specie, il lavoratore può:

  • avviare l’azione di risarcimento nei confronti del datore di lavoro per il danno da mancata, parziale o irregolare contribuzione ai sensi dell’articolo 2116 cod. civ. e
  • richiedere all’INPS la costituzione di una rendita vitalizia, ai sensi dell’articolo 13 della Legge 1138/1962.

Analoga facoltà è prevista per il datore di lavoro che abbia omesso di versare contributi per l’assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti e non possa più versarli per sopravvenuta prescrizione. Il datore di lavoro, a parere della Corte di Cassazione, può richiedere una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell’assicurazione obbligatoria che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi, mediante il versamento della corrispondente riserva matematica.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ribadisce che, in caso di prescrizione del credito contributivo per il decorso del termine di 5 anni (come nel caso di specie), l’azione risarcitoria del lavoratore è giustificata una volta che si siano realizzati i requisiti per l’accesso alla prestazione previdenziale. Ciò in quanto “tale situazione determina l’attualizzarsi per il lavoratore del danno patrimoniale risarcibile, consistente nella perdita totale del trattamento pensionistico ovvero nella percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti spettante”.

Solo in quel caso, infatti, si configura un danno patrimoniale risarcibile che si esplica nella perdita totale del trattamento pensionistico o nella percezione in misura inferiore. E l’INPS è responsabile per il mancato pagamento del datore di lavoro solo quando, nonostante la tempestiva comunicazione, non provveda a riscuotere quanto dovuto. Sul punto, la Corte di Cassazione statuisce infatti che “ove l’Istituto previdenziale non abbia provveduto a conseguire dal datore di lavoro i contributi omessi, nonostante sia venuto tempestivamente a conoscenza dell’omissione, lo stesso è tenuto a provvedere alla regolarizzazione della posizione assicurativa del lavoratore, che ne abbia fatto richiesta”.

Pertanto, in caso di omissione contributiva per la quale sia già decorso il termine prescrizionale di legge, il lavoratore non può agire direttamente nei confronti dell’istituto richiedendogli di sostituirsi al datore di lavoro nel pagamento dei contributi. L’obbligazione contributiva vede quale soggetto passivo il datore di lavoro, residuando in favore del lavoratore soltanto l’azione di risarcimento del danno ex art. 2116 cod. civ. e la facoltà di chiedere all’ente la costituzione della rendita ai sensi dell’art. 13 della Legge 1338/1962.

Contattaci