Il 12 maggio 2025, l’INPS ha pubblicato le circolari n. 90/2025 e 91/2025, che forniscono le indicazioni operative per la gestione degli sgravi contributivi previsti dal Decreto-legge n. 60/2024 (Decreto Coesione), finalizzati a incentivare l’occupazione stabile di giovani e donne.
La circolare n. 90/2025 fornisce le indicazioni operative per l’esonero dal pagamento del 100% dei contributi previdenziali per i datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato giovani sotto i 35 anni, che non abbiano mai avuto un contratto a tempo indeterminato. L’esonero, che si applica sia alle nuove assunzioni che alle trasformazioni da tempo determinato a indeterminato, ha una durata di 24 mesi e un limite di 500 euro mensili (650 euro nelle regioni della ZES unica per il Mezzogiorno). È valido per le assunzioni e le trasformazioni effettuate dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025, e dal 31 gennaio 2025 al 31 dicembre 2025 per quelle effettuate nelle regioni della ZES.
La circolare n. 91/2025 fornisce le indicazioni operative relative all’esonero contributivo del 100%, fino a 650 euro mensili, per l’assunzione di donne che si trovino in determinate situazioni. In particolare, l’esonero è previsto per l’assunzione di donne prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, oppure da almeno sei mesi se residenti nelle regioni della ZES unica per il Mezzogiorno, o se l’assunzione avviene in settori caratterizzati da un’elevata disparità di genere. L’agevolazione ha una durata di 12 o 24 mesi ed è riconosciuta per le assunzioni effettuate tra il 1° settembre 2024 e il 31 dicembre 2025, o tra il 31 gennaio 2025 e il 31 dicembre 2025, a seconda della situazione.
Inoltre, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha reso disponibili sul proprio sito delle slide esplicative relative a entrambi i bonus. Offrendo alle imprese le istruzioni utili per una corretta gestione delle richieste di esonero contributivo, favorendo così l’implementazione di tali misure.
Il congedo di maternità flessibile è una misura che consente alle lavoratrici di adattare il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro alle proprie esigenze, posticipando una parte o l’intero congedo dopo il parto.
Il Testo Unico sulla maternità e paternità (D.lgs. 151/2001) prevede che, di norma, il congedo obbligatorio di maternità inizi due mesi prima della data presunta parto e cessi tre mesi dopo la stessa.
L’articolo 20 del Testo Unico, ad ogni modo, prevede che, ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità di cinque mesi, le lavoratrici possano scegliere di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e fino al quarto mese successivo al parto. Tale opzione è possibile solo se il medico specialista del Servizio sanitario nazionale (o convenzionato) e il medico del lavoro attestano che il posticipo dell’inizio del congedo non comporta rischi per la salute della gestante e del nascituro.
Come ulteriore alternativa alla modalità ordinaria di fruizione del congedo di maternità e alla possibilità di flessibilità, il Testo Unico, all’articolo 16, consente alla lavoratrice di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto, usufruendo dell’intero congedo obbligatorio nei cinque mesi successivi all’evento.
Per richiedere il congedo di maternità flessibile (ovverosia fruito per un mese prima del parto e quattro mesi successivamente allo stesso, oppure per tutti e cinque i mesi successivamente al parto), la lavoratrice deve seguire questi passaggi:
Data la complessità degli adempimenti sopra descritti e i frequenti cambiamenti normativi che caratterizzano la tutela della maternità, si raccomanda di rivolgersi sempre ad un esperto per porre in essere correttamente tutte le azioni necessarie a beneficiare del congedo.
Sì, il Testo Unico sulla maternità e paternità (D.lgs. 151/2001) prevede che, di norma, il congedo obbligatorio di maternità per le lavoratrici dipendenti inizi due mesi prima della data presunta parto e cessi tre mesi dopo la stessa.
L’articolo 20 del Testo Unico, ad ogni modo, prevede che, ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità di cinque mesi, le lavoratrici dipendenti possano scegliere di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e fino al quarto mese successivo al parto. Tale opzione è possibile solo se il medico specialista del Servizio sanitario nazionale (o convenzionato) e il medico del lavoro attestano che il posticipo dell’inizio del congedo non comporta rischi per la salute della gestante e del nascituro.
Sì, come ulteriore alternativa alla modalità ordinaria di fruizione del congedo di maternità e alla possibilità di flessibilità, il Testo Unico, all’articolo 16, consente alla lavoratrice di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto, usufruendo dell’intero congedo obbligatorio nei cinque mesi successivi all’evento.
Per richiedere il congedo di maternità flessibile (ovverosia fruito per un mese prima del parto e quattro mesi successivamente allo stesso, oppure per tutti e cinque i mesi successivamente al parto), la lavoratrice deve seguire questi passaggi:
Data la complessità degli adempimenti sopra descritti e i frequenti cambiamenti normativi che caratterizzano la tutela della maternità, si raccomanda di rivolgersi sempre ad un esperto per porre in essere correttamente tutte le azioni necessarie a beneficiare del congedo.
Se il parto avviene prima della data presunta, i giorni non goduti del congedo di maternità ante partum si sommano a quelli post partum. Per esempio:
Sì, è possibile interrompere la flessibilità su richiesta specifica della lavoratrice o nel caso in cui sorgano problemi di salute. Nello specifico, qualora vi sia un certificato medico che attesti uno stato di malattia, la flessibilità si interrompe automaticamente a partire dal giorno di inizio della malattia. Dalla medesima data decorre il congedo obbligatorio di maternità.
No, la flessibilità non incide sull’importo dell’indennità. L’indennità erogata dall’INPS è pari all’80% della retribuzione media giornaliera, indipendentemente dal fatto che si scelga il regime ordinario o quello flessibile, oltre all’integrazione a carico azienda eventualmente prevista dal CCNL applicato al rapporto di lavoro.
In un contesto normativo in costante evoluzione, le politiche di welfare, compensation & benefit si affermano come strumenti imprescindibili per le organizzazioni che intendono migliorare l’efficienza operativa e la competitività sul mercato.
Oggi le aspettative dei lavoratori si estendono, infatti, oltre la componente retributiva in senso stretto, abbracciando aspetti quali la flessibilità, i servizi di welfare e i benefit personalizzati. Questi strumenti diventano cruciali per attrarre, motivare e trattenere i talenti.
HR Capital si propone come partner qualificato nella predisposizione di piani di welfare aziendale, offrendo consulenza su misura per ogni realtà e nella piena compliance normativa, garantendo l’accesso ai benefici fiscali e contributivi previsti dalla normativa vigente.
A completamento di queste iniziative, i fringe benefit rappresentano un’ulteriore strategia per premiare specifici lavoratori. Il nostro supporto nella selezione e gestione di benefit non monetari può contribuire a ottimizzare l’efficienza economica, assicurando il rispetto delle soglie di esenzione previste.
L’integrazione tra piani welfare e fringe benefit, infatti, consente di costruire modelli retributivi flessibili, in grado di rispondere in maniera puntuale alle esigenze di diverse categorie di dipendenti.
Le imprese che promuovono una cultura orientata al benessere del lavoratore, valorizzando il proprio capitale umano attraverso strumenti innovativi e soluzioni personalizzate come le politiche di welfare, compensation & benefit, sono quelle che riescono ad affrontare con successo le sfide del mercato.
Tuttavia, l’efficacia di tali politiche dipende anche dalla capacità dell’impresa di adattarsi a una normativa complessa e in costante evoluzione, sia in ambito fiscale che previdenziale. È quindi fondamentale che le soluzioni adottate siano pienamente conformi alle disposizioni vigenti, per evitare potenziali implicazioni negative.
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Il prossimo 21 e 22 maggio saremo tra i relatori della 9ª edizione del Global Summit Human Resources.
I nostri Consulenti del Lavoro e collaboratori Roberta De Felice e Andrea Di Nino approfondiranno il tema del gender gap.
Il gender gap è una ferita aperta nel mondo del lavoro: a parità di ruolo, le donne guadagnano meno, faticano a ottenere promozioni e subiscono discriminazioni velate. Ma il cambiamento è in atto. La certificazione di genere rappresenta un passo concreto verso l’equità: le aziende che adottano politiche inclusive e misurabili potranno ottenere un riconoscimento ufficiale, con incentivi economici e reputazionali.
Con la Direttiva (UE) 970/2023, la trasparenza salariale diventerà obbligatoria e le imprese dovranno rendere noti i criteri retributivi, eliminando disparità ingiustificate.
Il futuro è chiaro: il gender gap non sarà più tollerato e l’equità di genere non sarà più un’opzione, ma una necessità.
A decorrere dal 1° maggio 2025 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:
Per il mese di maggio 2025 è prevista l’erogazione delle “Una tantum” dei seguenti CCNL:
Dal 12 gennaio 2025, in attuazione dell’articolo 30 della Legge n. 203/2024, è riconosciuta al lavoratore la possibilità di chiedere all’INPS la costituzione di una rendita vitalizia a proprio carico anche oltre i termini di prescrizione, per colmare periodi di contribuzione obbligatoria omessa. La Circolare n. 48 del 24 febbraio 2025 chiarisce condizioni, ambito di applicazione e istruzioni operative per l’accesso a questo nuovo istituto.
Il nuovo comma 7 dell’art. 13 della Legge n. 1338/1962, come modificato, stabilisce che:
“Il lavoratore può chiedere all’Istituto nazionale della previdenza sociale la costituzione della rendita vitalizia con onere interamente a proprio carico, calcolato ai sensi del sesto comma.”
L’INPS evidenzia che il lavoratore ha il diritto a regolarizzare periodi scoperti, purché ne dimostri l’effettiva esistenza attraverso documentazione probante.
Uno degli elementi di maggiore rilievo introdotti dalla norma è il superamento dei limiti ordinari di prescrizione. La rendita vitalizia può infatti essere costituita anche per periodi di contribuzione ormai prescritti, cioè oltre i cinque anni canonici previsti per la regolarizzazione contributiva da parte del datore di lavoro e oltre ulteriori 10 anni entro cui il dipendente può richiedere la rendita vitalizia secondo le modalità ex comma 1 o alternativamente ex comma 5. La facoltà di richiedere la rendita vitalizia prevista dal nuovo comma 7 è prevista solo considerando un periodo di prescrizione di 15 anni.
Secondo quanto chiarito dalla circolare, la prescrizione non incide sul diritto del lavoratore a regolarizzare la propria posizione previdenziale: il venir meno dell’azione accertativa o recuperatoria nei confronti del datore di lavoro non pregiudica la possibilità di costituire la rendita. Questo significa che anche in assenza di contenzioso o intervento ispettivo, il lavoratore può agire in via autonoma, assumendosi l’onere integrale.
L’INPS, in fase istruttoria, non attiverà accertamenti d’ufficio ma valuterà esclusivamente la documentazione prodotta dall’interessato. È quindi fondamentale fornire elementi oggettivi e coerenti, come buste paga, lettere di assunzione, CU o altra documentazione fiscale/lavorativa riferita al periodo da recuperare.
Il diritto può essere esercitato nei confronti delle gestioni assicurative obbligatorie gestite dall’INPS, come:
La norma precisa che la rendita può essere richiesta anche da superstiti del lavoratore, a condizione che la contribuzione serva per il diritto o la misura della prestazione.
Per poter accedere alla costituzione della rendita, il lavoratore deve:
L’onere sarà determinato in base alla retribuzione percepita nel periodo interessato, parametrata agli indici contributivi vigenti. La liquidazione avverrà solo dopo il versamento integrale della somma dovuta.
La rendita vitalizia così costituita produce gli stessi effetti dei contributi effettivamente versati:
In caso di accoglimento, l’INPS rilascia comunicazione scritta al lavoratore con indicazione del periodo riconosciuto, dell’importo e delle modalità di pagamento.
Con risposta ad interpello n. 77/E del 20 marzo 2025, l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito alla possibile applicazione del regime di tassazione fiscale agevolato alle quote di retribuzione variabile erogate a titolo di “MBO” (Management by Objectives), e sull’ esenzione fiscale e contributiva delle stesse qualora venissero convertite in welfare.
Il quesito posto dalla Società Istante verte sulla possibilità di escludere da imposizione fiscale la quota di retribuzione variabile di MBO convertita dai dipendenti in prestazioni di welfare, ai sensi dell’art. 51, comma 2 e comma 3 ultima parte, del TUIR (DPR 917/1986). L’istante, rappresenta come destinatari degli MBO con accesso al piano welfare, una platea di lavoratori costituita in maggioranza da Quadri e un numero ristretto di Impiegati, individuati ai fini dell’erogazione del premio, in base alla mansione ricoperta in termini di complessità, responsabilità e ambito di riferimento, alla collocazione organizzativa e alla valutazione manageriale del responsabile della struttura di appartenenza.
La Società, inoltre, specifica che gli MBO in esame costituiscono piani di incentivazione corrisposti a fronte del raggiungimento di obiettivi o criteri di performance sia collettivi, quali, ad esempio, la redditività del gruppo e/o della società di appartenenza, che individuali, specifici della mansione o dei progetti seguiti dal singolo dipendente. A tal riguardo, la parte di retribuzione variabile legata alla performance del singolo lavoratore, all’atto dell’erogazione, rimarrebbe soggetta a tassazione ordinaria, e solo la restante parte di MBO corrisposta a fronte del raggiungimento di obiettivi aziendali/collettivi, sarebbe detassata, ossia soggetta a tassazione fiscale agevolata del 10%, 5% sino al 2027, e convertibile in welfare.
L’Agenzia delle Entrate, nel fornire il proprio parere, ricorda in primo luogo quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del TUIR, ossia che costituiscono reddito da lavoro dipendente tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Pertanto, sia gli emolumenti in denaro che i valori corrispondenti a beni e/o servizi rientrano, in linea generale, nel reddito imponibile (c.d. principio di onnicomprensività).
Rispetto a quanto sancito, al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 del medesimo art. 51, vengono individuate specifiche deroghe, attraverso l’elencazione di opere, servizi, prestazioni e rimborsi spesa che non concorrono alla formazione del reddito imponibile o vi concorrono solo in parte, sempreché tali erogazioni in natura non si traducano in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito da lavoro dipendente.
In altri termini, l’esclusione di beni e/o servizi dal reddito da lavoro dipendente è strettamente correlato al principio di onnicomprensività, secondo cui tutto ciò che un dipendente riceve in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa entra a far parte del reddito imponibile dello stesso. Le deroghe, espressamente previste dalla norma, sono riconosciute in via residuale, tenendo conto che i benefit menzionati non sempre assumono una connotazione strettamente reddituale.
Dunque, afferma l’Agenzia, come già indicato nella risoluzione 55/E/2020, qualora i benefit abbiano uno scopo retributivo, ad esempio per incentivare la performance del lavoratore o di alcuni gruppi di lavoratori, non può trovare applicazione il regime di esenzione fiscale totale o parziale degli stessi (c.d. principio di infungibilità tra la retribuzione monetaria e i fringe benefit).
L’Agenzia delle Entrate prosegue nel proprio parere, richiamando quanto già affermato con la circolare n. 28/E del 2016, paragrafo 3, in tema di conversione dei premi erogati ai lavoratori in beni e servizi.
A tal riguardo ricorda che, a prevedere il “meccanismo” di conversione in welfare, è l’art. 1, comma 184, della Legge n. 208/2015 (Legge di Stabilità 2016), con riferimento al premio di risultato (PDR) detassato, escludendo dal reddito i beni e servizi fruiti dal lavoratore in sostituzione dello stesso.
Il documento di prassi richiamato (la circolare n. 28/E/2016) con riferimento a tale disposizione, chiarisce che la portata del citato comma 184, è limitata ai soli premi di risultato e agli utili assoggettabili ad imposta sostitutiva del 10% (ovvero del 5% fino al 2027), e non ad altre tipologie di premi o di retribuzione fissa o variabile corrisposta dal datore di lavoro.
Quanto detto risulterebbe confermato dal fatto che né all’interno della relazione tecnica alla Legge di Stabilità né del Decreto interministeriale del 25 marzo 2016 si ravvisano elementi che possano far emergere una diversa volontà del legislatore.
Stante ciò, chiarisce l’Amministrazione Finanziaria, la conversione in welfare “esente” è ammessa esclusivamente con riferimento a premi di risultato o utili, fermo restando la presenza congiunta delle seguenti condizioni:
Alla luce dei principi richiamati nel proprio parere, per l’Agenzia delle Entrate appare evidente, nei casi di conversione in welfare degli MBO, l’impossibilità di poter beneficiare dell’esenzione fiscale ai sensi dell’art 51, commi 2 e 3, del TUIR. Gli MBO rappresentano, per definizione, forme di retribuzione premiale, non riconducibili all’unica eccezione di conversione in welfare “fiscalmente esente” prevista dalla norma, contenuta nell’ art. 1, comma 184, della Legge n. 208/2015.
In conclusione, ponendo la questione in secondo piano, l’Agenzia delle Entrate, tiene a precisare che, con riferimento ai destinatari del piano di welfare dell’Istante, non ravvisa la caratteristica della “generalità dei dipendenti” o di “categorie di essi”, condizione necessaria ai fini dell’esenzione del welfare aziendale, dal momento che gli stessi destinatari sono soggetti ben individuati dalla società per valutarne la performance.
Il 27 marzo 2025 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato la circolare n. 6/2025, con la quale vengono fornite le prime indicazioni operative relative agli interventi attuati dalla legge 13 dicembre 2024, n. 203, nota come “Collegato Lavoro”. La circolare illustra alcune disposizioni introdotte dalla legge, fornendo chiarimenti su diverse implicazioni della normativa.
Tra le disposizioni illustrate, la circolare fornisce alcuni chiarimenti in materia di somministrazione di lavoro, precisando che i periodi di somministrazione antecedenti al 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore del Collegato Lavoro, non sono computati ai fini del calcolo dei 24 mesi oltre i quali scatterebbe la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra l’utilizzatore e il lavoratore somministrato.
Ulteriori precisazioni vengono fornite su quanto stabilito dalla legge riguardo al periodo di prova nell’ambito dei contratti a termine. La circolare specifica che la durata del periodo di prova deve corrispondere a un giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario. Circa i limiti minimi e massimi di durata del periodo di prova, fissati rispettivamente a 2 giorni e a 15 giorni per contratti fino a 6 mesi e a 30 giorni per contratti di durata superiore a 6 mesi e inferiore a 12 mesi, viene chiarito dalla circolare che i limiti massimi non sono derogabili dalla contrattazione collettiva. Il contratto collettivo può ridurre ma non elevare tale durata, in quanto vengono considerate come disposizioni contrattuali più favorevoli al lavoratore quelle che prevedono una durata minore del periodo di prova.
Inoltre, il Ministero ha fornito chiarimenti anche in merito alle dimissioni “per fatti concludenti” disciplinate dal Collegato Lavoro. La circolare precisa che i 15 giorni di assenza ingiustificata richiesti per la validità delle dimissioni rappresentano un termine minimo inderogabile. La contrattazione collettiva può esclusivamente estendere questo termine, senza possibilità di ridurlo.
Grazie per questa intervista e per la partecipazione al #GHRSummit25. Cosa vi aspettate da questo evento? Con quale spirito vi apprestate a prendervi parte?
Partecipiamo al #GHRSummit25 con grande entusiasmo, consapevoli dell’importanza di questo evento per il settore delle risorse umane. Ci aspettiamo di incontrare aziende e professionisti con cui condividere idee innovative, esplorare nuove opportunità e confrontarci sulle sfide del futuro. Per noi, il Summit rappresenta un’occasione unica per presentare il nostro approccio integrato alla gestione delle risorse umane e comprendere meglio le esigenze delle imprese. Inoltre, avremo l’opportunità di approfondire un tema cruciale come il gender gap nel mondo del lavoro, attraverso il nostro speech dedicato alla certificazione di genere e alla trasparenza salariale alla luce della Direttiva (UE) 970/2023.
Quali sono secondo voi i principali trend HR dei prossimi 5 anni?
Nei prossimi anni, l’HR sarà sempre più guidato da digitalizzazione, intelligenza artificiale e personalizzazione dell’esperienza del dipendente. L’uso di strumenti avanzati per l’analisi dei dati permetterà alle aziende di migliorare la talent attraction e retention. Allo stesso tempo, continuerà a crescere l’attenzione verso il benessere dei lavoratori, con modelli di lavoro sempre più flessibili e strategie mirate a bilanciare performance e work-life balance. In HR Capital investiamo costantemente in soluzioni innovative per supportare le aziende in questi cambiamenti, offrendo consulenza mirata e strumenti tecnologici all’avanguardia. Al tempo stesso, grazie al supporto di De Luca & Partners, accompagniamo le imprese anche sotto il profilo legale, garantendo la conformità a normative in continua evoluzione, soprattutto in tema di contrattualistica, relazioni industriali e organizzazione del lavoro. Crediamo che la tecnologia sia un potente alleato, ma che l’elemento umano e il presidio giuridico rimangano imprescindibili per una gestione davvero efficace delle risorse umane.
HR e automazione: quali sono le principali opportunità offerte dal mercato e perché le aziende non dovrebbero lasciarsele sfuggire?
L’automazione in ambito HR rappresenta un’opportunità per semplificare e ottimizzare i processi. Strumenti come software di gestione delle paghe, piattaforme di valutazione delle performance e sistemi digitali per l’amministrazione del personale consentono di ridurre gli errori, migliorare l’efficienza e dedicare più tempo a strategie di sviluppo del personale. L’intelligenza artificiale, in particolare, sta trasformando la gestione delle buste paga, garantendo maggiore precisione e trasparenza nei processi retributivi. Come evidenziato da recenti studi, l’adozione di queste tecnologie non solo riduce i costi operativi, ma permette anche di affrontare con maggiore efficacia il tema dell’equità salariale. In HR Capital abbiamo investito molto in soluzioni altamente tecnologiche che integrano AI e automazione nei processi di payroll e gestione HR, offrendo ai nostri clienti strumenti evoluti per una gestione più efficiente e trasparente. Tuttavia, riteniamo che la consulenza personalizzata rimanga un valore imprescindibile: per questo, affianchiamo alle nostre soluzioni digitali un supporto consulenziale dedicato, garantendo ai nostri clienti l’assistenza di esperti e non semplici chatbot.
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Negli ultimi anni, l’attività degli influencer ha conosciuto una crescente diffusione e rilevanza, favorita dall’ascesa e dalla sempre maggiore popolarità dei social network. Questo fenomeno ha trasformato profondamente le dinamiche della comunicazione digitale, influenzando il marketing, le strategie aziendali e le abitudini dei consumatori ma, da un punto di vista normativo, il legislatore non è mai intervenuto per regolamentarne l’attività. In tale contesto di crescente sviluppo della professione, è parallelamente cresciuto l’interesse degli enti – in particolare quelli previdenziali -, evidentemente intenzionati a inserire gli influencer nella propria base contributiva.
Allo stesso tempo, la confusione normativa-regolamentare connessa alla figura è testimoniata, negli ultimi anni, dalla difficoltà dei giudici di inquadrare in maniera puntuale, da un punto di vista giuridico, l’influencer all’interno delle fattispecie tipizzate dal legislatore.
Tale incertezza ha generato interpretazioni divergenti e un’applicazione non uniforme delle norme, rendendo ancora più complessa la definizione di un quadro giuridico chiaro e coerente per la professione.
In tale contesto, il rapporto instaurato con un influencer è stato ad esempio considerato alla stregua di un generico “rapporto di lavoro autonomo” (Corte di Giustizia Tributaria – Regione Piemonte, n. 219/23); come “contratto di sponsorizzazione” (Trib. Pavia, 16/1/23); fino ad essere ricondotto al tipico “rapporto di agenzia” ad opera del Tribunale di Roma, con sentenza n. 2615/24.
In quest’ultima ipotesi, il giudice capitolino ha accolto le pretese di “Enasarco”, che aveva sostenuto la natura di agenti di alcuni influencer, sulla base, tra gli altri, di alcuni elementi tipici del rapporto di agenzia, quali quelli relativi alla promozione stabile e continuativa dei prodotti di un’azienda.
Questo orientamento giurisprudenziale evidenzia la tendenza a ricondurre l’attività degli influencer a schemi contrattuali preesistenti, pur in assenza di una disciplina specifica, sollevando interrogativi circa l’adeguatezza del quadro normativo attuale nel regolamentare in modo efficace questa nuova realtà professionale.
Ebbene, quest’ultima pronuncia – nota ai più per aver considerato alcuni “sportivi”, soggetti legati al mondo dello sport, “personal trainer” e “body builder” alla stregua di agenti di commercio – ha aperto il dibattito tra gli addetti ai lavori circa la portata di tale decisione, anche in considerazione degli importanti risvolti economici che dalla stessa possono derivare.
Infatti, la riqualificazione degli influencer in “agenti” comporta l’applicazione, al relativo rapporto, di una serie di oneri e diritti – tanto in capo all’influencer quanto al soggetto/impresa che si avvale dei suoi servizi – previsti dal Codice Civile, così come dagli accordi economici collettivi (c.d. “AEC”) applicabili. Da un’altra prospettiva, l’eventuale riconduzione al rapporto di agenzia comporta l’obbligo, per i c.d. “preponenti” (i.e., le imprese che instaurano un rapporto con un agente), di iscriversi a “Enasarco” con la conseguente obbligazione di versare i contributi all’ente, in misura differente tra “preponenti” e agenti, sulla base delle provvigioni erogate a questi ultimi, della natura del rapporto instaurato (i.e., in monomandato o plurimandato), nonché del tipo di soggetto (i.e., persona fisica o giuridica) con cui il rapporto è instaurato.
Tra le altre cose, poi, l’eventuale riqualificazione in rapporto di agenzia comporta che il “preponente” debba accantonare, di anno in anno, la c.d. “indennità di fine rapporto” che, al ricorrere di determinati presupposti, andrà corrisposta all’agente alla cessazione del rapporto.
Questa impostazione evidenzia come l’inquadramento giuridico degli influencer possa avere rilevanti implicazioni previdenziali per le aziende coinvolte, ponendo ulteriori interrogativi sulla necessità di un quadro normativo più chiaro e adeguato alla specificità della professione.
Per detto motivo e ferma l’inesistenza, come visto, di una norma o di un consolidato orientamento giurisprudenziale che possa permettere di inquadrare oggi, con assoluta certezza, gli influencer, è stato recentemente introdotto un nuovo codice Ateco (il numero 73.11.03) relativo alle attività di “influencer marketing” e “content creator”, operativo dal 1° gennaio 2025.
Facendo seguito a tale novità, l’INPS, con la circolare n. 44/2025 del 19/02/25, è intervenuto in merito, fornendo alcuni chiarimenti e tracciando una linea definita sul giusto inquadramento previdenziale per la figura dell’influencer in assenza di disposizioni normative chiare.
Nello specifico, dopo aver ripercorso i tratti peculiari dei c.d. “content creator” – macrocategoria che ricomprende la figura dell’influencer – l’INPS, analizzando le figure in esame, spiega che “in assenza di specifiche disposizioni normative che le definiscano, si pone la questione dell’inquadramento e della qualificazione giuridica da ricondurre all’interno di un sistema di regole giuridiche costituito da principi e criteri lavoristici, fiscali e previdenziali, che attualmente non le contempla, ma che, tuttavia, allo stato attuale, rappresenta il parametro di riferimento per individuare, di volta in volta, la disciplina previdenziale applicabile (…)”.
Sebbene possa apparire diversamente, la posizione dell’INPS non è in contrasto con quella di “Enasarco”. Quest’ultimo, infatti, per chiedere la riqualificazione degli influencer in agenti aveva analizzato i contratti di riferimento e le concrete modalità di svolgimento di quei rapporti, ritenendoli caratterizzati dagli elementi tipici del rapporto di agenzia.
Allo stesso modo, l’INPS, stressando l’importanza di ricorrere a “variabili chiave, quali le concrete modalità in cui si estrinseca l’attività, il contenuto della prestazione medesima, il modello organizzativo adottato e le modalità di erogazione/percezione dei corrispettivi”, in sintesi spiega che (i) qualora si eserciti una attività di impresa in cui prevalgano i mezzi di produzione rispetto agli elementi personali o si conducano campagne di marketing e altri servizi pubblicitari in forma di impresa, ci si dovrà iscrivere e versare alla Gestione speciale autonoma degli esercenti attività commerciali (c.d. Gestione Commercianti); (ii) se la prestazione viene resa (anche in forma occasionale) attraverso una attività qualificabile come prestazione libero-professionale, con prevalenza di attività personale e intellettuale, e al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa, l’obbligo contributivo si configurerà a favore della Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335; e (iii) infine, qualora l’attività svolta dai soggetti in trattazione presenti caratteristiche riconducibili a prestazioni artistiche, culturali e di intrattenimento, al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge applicabile sorgerà l’obbligo assicurativo verso il Fondo Pensioni per i Lavoratori dello Spettacolo – (c.d. FPLS).
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1. CCNL Abbigliamento (Industria) – Copertura assicurativa
A partire dal 1° aprile 2025, il contributo aziendale per l’assicurazione premorienza e invalidità permanente gestita dal Fondo Previmoda sarà elevato dallo 0,20% allo 0,24% dell’E.R.N. Questo contributo, che viene versato insieme ai contributi ordinari, finanzia la copertura assicurativa prevista dall’Accordo 31 marzo 2024.
2. CCNL Calzaturieri – Fondo di previdenza
A partire dal 1° aprile 2025, le aziende dovranno versare un contributo aggiuntivo pari allo 0,24% dell’E.R.N. per ogni lavoratore iscritto al Fondo di previdenza complementare che versi il proprio contributo, oltre a quanto già destinato alla previdenza complementare.
3. CCNL Centri elaborazione dati – Elemento di garanzia retributiva
A partire da aprile 2025, le aziende prive di contrattazione aziendale e che non erogano altri trattamenti economici, riconosceranno ai lavoratori un “Elemento Economico di Garanzia”. L’ importo sarà erogato ai lavoratori a tempo indeterminato, apprendisti e contratti di sostegno all’occupazione in forza al 31 marzo 2025, proporzionato all’effettiva prestazione lavorativa dal 1° aprile 2022 al 31 marzo 2025. L’importo varia in base al livello. Le aziende in difficoltà economica possono sospendere, ridurre o differire l’erogazione.
4. CCNL Commercio – Confcommercio – Assistenza sanitaria integrativa
A partire dal 1° aprile 2025, il contributo obbligatorio a carico del datore di lavoro al Fondo EST sarà aumentato di 3,00 euro mensili.
5. CCNL Commercio – Confesercenti – Assistenza sanitaria integrativa
Dal 1° aprile 2025, il contributo obbligatorio versato dal datore di lavoro al Fondo ASTER sarà aumentato di 3,00 euro al mese.
6. CCNL Dirigenti Enti Zootecnici – Indennità di vacanza contrattuale
A partire dal 1° aprile 2025, in caso di mancato rinnovo del CCNL in oggetto 2021-2024, Dirigenti e Direttori con qualifica di Quadro riceveranno un “elemento provvisorio di retribuzione”. Tale importo sarà pari al 30% del tasso di inflazione programmato, che salirà al 50% dal settimo mese di vacanza contrattuale.
7. CCNL Distribuzione moderna organizzata – Assistenza sanitaria integrativa
A partire dal 1° aprile 2025, in seguito all’Accordo del 27 novembre 2019 sul settore della Distribuzione Moderna Organizzata, il contributo obbligatorio a favore del Fondo EST per l’assistenza sanitaria integrativa subirà un incremento di 3,00 euro mensili, a carico del datore di lavoro.
8. CCNL Enti Culturali, Turistici e Sportivi (Federculture) – Elemento di garanzia retributiva
L’Elemento Economico di Garanzia (E.G.R.) sarà erogato in un’unica soluzione con le competenze del mese di aprile 2025. L’importo sarà calcolato pro quota, tenendo conto dei mesi di servizio prestati nell’anno precedente, considerando come mese intero ogni frazione di mese superiore a 15 giorni. Ciò significa che i lavoratori riceveranno un importo proporzionale ai mesi effettivamente lavorati. Gli importi variano in base alla fascia di appartenenza e all’area professionale.
9. CCNL Grafici, Editoriali (Industria) – Elemento di garanzia retributiva
Con la retribuzione di aprile, i lavoratori a tempo indeterminato che siano in forza dal 1° gennaio e operano in aziende prive di contrattazione di II livello, che nei tre anni precedenti non abbiano ricevuto trattamenti economici aggiuntivi rispetto a quanto previsto dal .CCNL, riceveranno un importo annuo di 250,00 euro lordi. Qualora l’azienda abbia già erogato un trattamento economico aggiuntivo, l’importo sarà ridotto in proporzione.
10. CCNL Metalmeccanici (Artigianato) – Contributi contrattuali
Nel mese di aprile 2025, le aziende effettueranno una ritenuta di 30,00 euro sulla retribuzione dei lavoratori a titolo di partecipazione alle spese per il rinnovo contrattuale. Tuttavia, per i lavoratori iscritti alle organizzazioni sindacali Fim – Cisl, Fiom – Cgil e Uilm – Uil, ai quali la quota associativa viene già trattenuta sulla retribuzione, questa ritenuta non sarà applicata, in quanto l’importo è già ricompreso nella stessa
11. CCNL Odontotecnici – Contributi contrattuali
Con la retribuzione di aprile 2025, le aziende applicheranno una ritenuta di 30,00 euro sulla retribuzione dei lavoratori per contribuire alle spese legate al rinnovo contrattuale. Qualora i lavoratori risultino iscritti ai sindacati Fim – Cisl, Fiom – Cgil e Uilm – Uil, che già hanno la quota associativa trattenuta direttamente sulla retribuzione, questa ritenuta non verrà effettuata, poiché l’importo è già incluso nella quota mensile. La quota associativa continuerà a essere trattenuta e versata secondo le consuete modalità.
12. CCNL Sacristi– Retribuzione
Con la retribuzione di aprile verrà erogato un premio lordo di 100,00 euro in occasione della Santa Pasqua. In caso di assunzione da meno di un anno verrà corrisposta la quota spettante in dodicesimi. La gratifica pasquale è inclusa nella retribuzione utile TFR.
13. CCNL Telecomunicazioni – Elemento di garanzia retributiva
Ai dipendenti a tempo indeterminato delle aziende senza contrattazione di secondo livello e che non hanno ricevuto altri trattamenti economici oltre a quanto previsto dal CCNL, viene riconosciuto un importo annuo di 260,00 euro lordi. Questo importo, che verrà erogato in unica soluzione con la retribuzione di aprile, sarà corrisposto pro-quota in base ai mesi di servizio prestati nell’anno precedente. Se presente un trattamento economico aggiuntivo, l’importo sarà ridotto di conseguenza.
14. CCNL Tessili (Industria) – Copertura assicurativa
A partire dal 1° aprile 2025, il contributo a carico delle aziende per l’assicurazione di premorienza e invalidità permanente, gestita dal Fondo Previmoda, subirà un incremento, passando dallo 0,20% allo 0,24% dell’E.R.N. Il contributo, che finanzia tale copertura assicurativa, verrà versato insieme ai contributi ordinari.
15. CCNL Videofonografici – Elemento di garanzia retributiva
Previsto, con la retribuzione di aprile, il riconoscimento di un importo di 220,00 euro lordi come elemento di garanzia retributiva per i lavoratori dipendenti da aziende prive di contrattazione di II livello e che negli ultimi quattro anni non hanno ricevuto trattamenti economici individuali o collettivi aggiuntivi rispetto a quanto previsto dal contratto. L’ importo verrà erogato a tutti i lavoratori in forza dal 1° gennaio dell’anno in corso. L’importo dell’elemento di garanzia è da considerarsi omnicomprensivo, inclusivo di qualsiasi incidenza su istituti legali e contrattuali, compreso il TFR.
16. CCNL ICT (Information and Communication Technologies) Cifa Confsal – Premio annuale
Le aziende, nel rispetto delle proprie strategie aziendali, possono prevedere l’erogazione di un Premio di Team da annettere al Premio di Performance, incentivando la creazione di gruppi di lavoro che operano in base a criteri di rotazione e volontarietà, con l’obiettivo di raggiungere traguardi specifici. Il Premio di Performance va erogato entro il 30 aprile, in base agli obiettivi raggiunti nell’anno precedente. Qualora l’azienda non avesse previsto meccanismi premianti attraverso la contrattazione di II livello, è obbligata a corrispondere un importo di 280,00 euro a ciascun lavoratore, unitamente alla retribuzione di febbraio. Tale importo è considerato parte della retribuzione di fatto e rientra nella base di calcolo per il TFR, senza modifiche in caso di part-time.
Aumento dei minimi retributivi dal 1° aprile 2025
A decorrere dal 1° aprile 2025 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:
Una tantum di aprile 2025
Per il mese di aprile 2025 è prevista l’erogazione delle “Una tantum” dei seguenti CCNL:
Scadenze CCNL aprile 2025
Sono in scadenza nel mese di aprile 2025 i seguenti CCNL:
L’INPS, con la circolare n. 44 del 19 febbraio 2025, ha fornito chiarimenti in merito al trattamento previdenziale applicabile ai content creator, ossia coloro che producono contenuti digitali per piattaforme online. L’obiettivo del documento è delineare le modalità di iscrizione e contribuzione in base alla tipologia di attività svolta.
L’attività di content creation comprende la produzione e la condivisione di contenuti multimediali, come video, immagini, testi e podcast, attraverso piattaforme digitali. I creator possono monetizzare il proprio lavoro attraverso diverse modalità, tra cui:
L’attività può essere svolta in modo sporadico o continuativo, con diversi livelli di professionalizzazione. Proprio questa variabilità incide sulla determinazione dell’obbligo contributivo e sull’inquadramento previdenziale.
La Circolare n. 44 distingue i content creation in base alla natura dell’attività:
A seconda della frequenza, organizzazione e finalità di lucro, il content creation può essere assimilato a un lavoratore autonomo, a un imprenditore digitale o a una figura dello spettacolo, con conseguenze dirette sull’inquadramento previdenziale.
La disciplina previdenziale applicabile
L’INPS specifica che il content creation può rientrare in diversi regimi previdenziali, a seconda della modalità di esercizio dell’attività.
Se il content creation svolge l’attività in forma autonoma e continuativa, senza rientrare nel settore dello spettacolo, è soggetto all’iscrizione alla Gestione Separata INPS (art. 2, comma 26, L. 335/1995). Questo regime è applicabile ai professionisti che operano senza un rapporto di subordinazione e senza iscrizione ad altri albi previdenziali.
In alternativa, se l’attività è svolta con abitualità e organizzazione d’impresa (ad esempio, con partita IVA e gestione di team di lavoro), il creator può essere inquadrato come imprenditore digitale e quindi obbligato all’iscrizione alla Gestione Commercianti INPS.
La circolare chiarisce che alcuni content creation possono rientrare nel Fondo Pensioni dei Lavoratori dello Spettacolo (FPLS), in particolare quando l’attività è assimilabile a quella di artisti, registi o tecnici dello spettacolo.
Nel caso in cui il content creation si occupi principalmente di digital marketing, la sua attività può essere assimilata a quella di uno spettacolo dal vivo o registrato, specialmente se prevede la realizzazione di video, performance artistiche o intrattenimento. In questi casi, l’INPS prevede l’iscrizione al FPLS, applicando le relative aliquote contributive.
La circolare INPS n. 44/2025 rappresenta un importante riferimento normativo per l’inquadramento previdenziale dei content creation. La distinzione tra lavoratori autonomi, commercianti e lavoratori dello spettacolo, infatti, determina specifici obblighi contributivi. È fondamentale che i professionisti del settore si informino correttamente per rispettare la normativa ed evitare sanzioni o perdite di diritti previdenziali.
Da inizio anno sono stati diversi gli interventi dell’Agenzia delle Entrate volti a chiarire alcuni aspetti legati ai requisiti d’ accesso al nuovo regime agevolativo impatriati, introdotto dal D.lgs. 209/2023.
Nello specifico l’amministrazione finanziaria ha fornito delucidazioni in merito ai requisiti di alta qualificazione e specializzazione, nelle risposte ad interpello n. 55, 66, 71 e 74 del 2025, sulla possibilità di fruire dell’agevolazione per i soggetti esteri che trasferiscono per la prima volta la residenza in Italia, nella risposta ad interpello n. 70 del 2025 e sul prolungamento del periodo di permanenza all’estero precedente al trasferimento in Italia nella risposta n. 72 del 2025.
Come noto, dal 2024 è in vigore la nuova agevolazione impatriati, applicabile ai lavoratori, dipendenti e autonomi, che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo di imposta 2024. Per tali soggetti è prevista la possibilità di fruire, entro il limite annuo di 600.000 euro di reddito, di un’esenzione del reddito imponibile complessivo nella misura del 50%, per una durata di 5 periodi di imposta decorrenti dalla data del trasferimento fiscale, purché ricorrano congiuntamente le condizioni previste dall’art. 5 del D.lgs. 209/2023, ossia:
Rispetto a quanto sopra, nei casi in cui il datore di lavoro in Italia sia lo stesso per cui il lavoratore lavorava all’estero, o appartenente allo stesso gruppo, i periodi di permanenza all’estero necessari per il riconoscimento dell’agevolazione sono inalzati a 6, 7 qualora prima del trasferimento all’estero il lavoratore era impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente allo stesso gruppo.
La norma inoltre prevede un’agevolazione maggiorata, consistente nell’innalzamento della quota di reddito esente al 60%, nei casi in cui: (i) il lavoratore si trasferisca in Italia con un figlio minore, (ii) in caso di nascita di un figlio, ovvero di adozione di un minore di età, durante il periodo di fruizione del regime agevolativo.
In più occasioni l’Agenzia delle Entrate è stata chiamata a fornire chiarimenti in merito ai requisiti di elevata qualificazione e specializzazione necessari affinché i contribuenti potessero beneficiare del nuovo regime impatriati.
Recentemente, nella risposta ad interpello n. 55 del 28 febbraio 2025, l’amministrazione finanziaria ha espresso il proprio parere a fronte di un quesito posto da un contribuente riguardante l’idoneità del titolo di studio e della qualifica in suo possesso rispetto ai requisiti richiesti per accedere al beneficio fiscale.
Il contribuente, nella formulazione dell’interpello, dichiarava di aver conseguito il diploma e ottenuto la licenza “per Comandante su navi di stazza lorda pari o superiore a 3000”, oltre alla certificazione per lo svolgimento dell’attività di Company Security Officer, mansione per cui è stato assunto il Italia nel 2024 con qualifica di Quadro Super.
Il quesito dell’istante verteva sulla conferma del riconoscimento del requisito di elevata qualificazione e specializzazione, necessario ai fini della fruizione del regime fiscale agevolativo, tenuto conto che la licenza posseduta non è riconosciuta in Italia come titolo equivalente alla laurea.
In aggiunta viene richiesto se, in considerazione della condizione sopra descritta, il requisito del possesso del titolo di istruzione superiore che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica, richieste dalla normativa, debbano intendersi come condizioni congiuntive e di conseguenza da rispettare entrambe o se il solo svolgimento di una mansione con qualifica superiore come rientrante nei livelli 1, 2 e 3 della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011 sia condizione sufficiente per la fruizione del beneficio in oggetto.
L’Agenzia delle Entrate pur specificando nella risposta ad interpello che tale quesito tecnico non rientra nella competenza dell’ente, sottolinea come la norma all’ art. 5 del D.lgs. 209/2023, i fini dell’individuazione dei requisiti necessari per l’ accesso al regime agevolativo, rinvii alle disposizioni contenute nell’ art. 27 – quater del T.U.I., introdotto dal D.lgs. 108/2012, chiarendo che l’istante potrà fruire del nuovo regime, fermo restando il rispetto di ogni altra condizione necessaria, purché risulti in possesso di uno dei requisiti indicati nel citato art. 27 – quater, la cui valutazione non potrà essere effettuata dall’Agenzia delle Entrate in sede di interpello.
Lo scorso 19 febbraio l’INPS, tramite il messaggio n. 639/2025, ha comunicato che la risoluzione del rapporto di lavoro causata dalle c.d. “dimissioni per fatti concludenti” non consente al lavoratore di accedere alla prestazione di disoccupazione NASPI. A detta dell’Istituto, difatti, tale situazione non rientra tra i casi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro richiesti dall’articolo 3 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22.
Di conseguenza, i datori di lavoro coinvolti in questa fattispecie non dovranno versare il contributo previsto dall’articolo 2, comma 31, della legge n. 92/2012 (c.d. “Ticket NASPI”), poiché tale cessazione non dà diritto al lavoratore di accedere all’assegno di disoccupazione.
Mercoledì 19 marzo 2025 HR Capital ha organizzato un nuovo HR Breakfast.
I relatori Andrea Di Nino e Giorgia Tosoni, Consulenti del lavoro di HR Capital, faranno il punto sulle recenti novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 e su come queste interesseranno fringe benefit e regolamenti welfare in uso in azienda.
Richiedi le slide a: events@hrcapital.it
Con il mese di marzo 2025 scatta la terza rata dell’aumento retributivo previsto dall’accordo sottoscritto il 22 marzo 2024 dalle parti firmatarie del CCNL Commercio-Confcommercio, che interessa circa 3 milioni di lavoratori in tutta Italia.
L’aumento in oggetto, fissato nella misura di 30 euro lordi mensili per il IV livello e da riparametrare su tutti gli altri livelli, riguarda la parte fissa della retribuzione e sarà seguito da tre ulteriori rate a novembre 2025, novembre 2026 e febbraio 2027.
L’aumento sarà soggetto al principio dell’assorbibilità, secondo il quale tali incrementi potrebbero essere parzialmente o totalmente compensati da elementi di paga già in godimento da parte dei lavoratori, come il cosiddetto “superminimo assorbibile”.
Di conseguenza, in alcuni casi, l’incremento salariale netto per i lavoratori potrebbe risultare inferiore rispetto a quanto stabilito dal CCNL.
Difatti, per ritenersi assorbibili dagli aumenti contrattuali, i superminimi dovranno essere soggetti alla duplice condizione di essere stati specificamente riconosciuti a titolo di acconto e/o anticipazione su futuri aumenti contrattuali ed erogati dal 1° gennaio 2022.
Le imprese che investono nel welfare sanitario non solo migliorano il benessere dei dipendenti, ma ottengono anche un vantaggio competitivo. Dalle casse sanitarie alle polizze, fino ai fringe benefit, ecco come il welfare aziendale può fare la differenza.
Negli ultimi anni, il welfare aziendale ha conosciuto una crescente diffusione, sia tra le grandi aziende strutturate sia nelle piccole e medie imprese (PMI), affermandosi come un’opportunità preziosa non solo per i dipendenti, ma anche per le aziende stesse. Questo fenomeno è stato favorito da una serie di incentivi fiscali introdotti dalla normativa vigente, come previsto, da ultimo, dalla Legge di Bilancio 2025.
Tra i principali strumenti di welfare in ambito sanitario, un ruolo sempre più rilevante è rivestito dalle casse di assistenza sanitaria integrativa e dalle polizze sanitarie. Questi strumenti, oltre a garantire benefici diretti per i dipendenti, grazie ai loro vantaggi fiscali, risultano ancor più vantaggiose sul piano economico, sia per i dipendenti che per le imprese. Le casse sanitarie integrative, ad esempio, offrono un supporto sanitario aggiuntivo, spesso integrativo rispetto al Servizio Sanitario Nazionale, e in molti casi sono costituite direttamente dalle parti sociali: per le aziende, in sostanza, è sufficiente applicare un contratto collettivo nazionale di lavoro (“CCNL”) e versare la contribuzione dovuta alla cassa di adesione – sia a proprio carico, che a carico dei lavoratori beneficiari – per permettere a questi ultimi di beneficiare delle prestazioni.
In questo senso, è importante sottolineare il crescente ricorso alle casse di assistenza sanitaria nella contrattazione collettiva. Molti CCNL prevedono ormai l’adesione automatica a fondi sanitari integrativi, come il Fondo Metasalute per i metalmeccanici o il Fondo Est per i lavoratori del settore commercio. Questa tendenza riflette l’importanza crescente attribuita al benessere dei lavoratori e alla necessità di integrare le prestazioni del SSN.
Non solo le grandi aziende, ma anche le PMI hanno cominciato a riconoscere l’importanza di garantire ai propri dipendenti un accesso agevolato alle cure mediche. Questa scelta è legata sia al benessere delle persone che al ritorno positivo in termini di produttività, in quanto il miglioramento delle condizioni sanitarie dei lavoratori può tradursi in minori assenze per malattia e in un ambiente di lavoro più sano e motivato.
Accanto alle casse sanitarie, anche le polizze sanitarie offerte come fringe benefit stanno guadagnando crescente popolarità. Queste polizze sono diventate una componente fondamentale nelle strategie di attrazione dei talenti in un mercato del lavoro sempre più competitivo, soprattutto quando la copertura viene estesa anche alle famiglie dei dipendenti.
L’introduzione di questi strumenti nel panorama aziendale, tuttavia, non è priva di difficoltà, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle implicazioni fiscali. Sebbene il welfare aziendale goda di una serie di vantaggi fiscali e di crescente popolarità tra gli addetti ai lavori, difatti, la normativa che regola questi strumenti risulta spesso complessa e non sempre di facile implementazione, soprattutto per aziende poco strutturate come le PMI.
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1. CCNL Agenzie di somministrazione di lavoro – Assunzioni
A decorrere dal 1° marzo 2025, entrerà in vigore la nuova procedura di ricollocazione prevista dall’art. 23 dell’Ipotesi di Accordo di rinnovo del CCNL del 3 febbraio 2025. Analoga decorrenza è prevista per la nuova procedura di ricollocazione plurima ai sensi dell’art. 25 dell’Ipotesi di Accordo.
2. CCNL Agenzie di somministrazione di lavoro – Enti bilaterali
Previsto per il mese di marzo 2025 l’intervento della Commissione Prestazioni volto a definire le misure erogabili dall’Ente bilaterale Ebitemp ai sensi dell’art. 6 bis dell’Ipotesi di Accordo di Rinnovo del CCNL del 3 febbraio 2025.
3. CCNL Agenzie di somministrazione di lavoro – Fondo di solidarietà
Con decorrenza 1° marzo 2025 varia l’aliquota complessiva di contribuzione ordinaria del Fondo di Solidarietà Bilaterale per la somministrazione di Lavoro (Fsbs), fissata allo 0,60% e suddivisa in (i) 0,45% a carico del datore di lavoro (ii) e 0,15% a carico del lavoratore.
4. CCNL Agenzie di somministrazione di lavoro – Formazione e addestramento professionale
L’adeguamento dell’indennità di frequenza, previsto dall’art. 11 dell’Ipotesi di Accordo, decorre dal 1° marzo 2025. A partire dalla stessa data, sarà applicata anche la disciplina relativa al diritto a percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale, come stabilito dall’art. 12 dell’Ipotesi di Accordo.
5. CCNL Agenzie di somministrazione di lavoro – Indennità varie
Decorrere dal 1° marzo 2025, la nuova disciplina sull’indennità di disponibilità prevista dall’Ipotesi di Accordo di rinnovo del 3 febbraio 2025, rivolta ai lavoratori non in missione e applicabile fino al termine del periodo di disponibilità o all’attivazione della procedura di ricollocazione. L’aumento dell’indennità previsto all’articolo 33 dell’Ipotesi di Accordo si estenderà anche ai lavoratori in disponibilità dal 3 febbraio 2025.
6. CCNL Calzaturieri (Industria) – Elemento di garanzia retributiva
Con la retribuzione del mese di marzo viene erogato un importo di 300 euro lordi a titolo di Elemento di garanzia retributiva (E.G.R.) ai lavoratori in forza dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno precedente. Le aziende in situazione di crisi rilevata nel suddetto anno possono concordare con R.S.U. e/o OO.SS. di categoria la sospensione, la riduzione o il differimento della corresponsione dell’E.G.R.
7. CCNL Nettezza urbana – Elemento di garanzia retributiva
Ai dipendenti delle aziende che risultano prive di contrattazione aziendale relativamente al premio di risultato è riconosciuto, con la retribuzione di marzo, l’importo annuo pro capite di 150 euro a titolo di Compenso Retributivo Aziendale (C.R.A.) in proporzione ai mesi in forza in azienda nell’anno solare precedente. Tale somma è corrisposta salvo che i dipendenti non percepiscano oltre quanto spettante per il presente C.C.N.L., altri trattamenti economici collettivi o individuali, assimilabili al presente istituto quanto a caratteristiche di corresponsione.
8. CCNL Pompe funebri (AZIENDE MUNICIPALIZZATE) – Elemento di garanzia retributiva
Prevista con la mensilità di marzo l’erogazione dell’elemento di garanzia retributiva pari a 150 euro, da riproporzionare secondo i mesi di presenza effettiva in servizio nell’anno precedente. Beneficiari della prestazione i lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato in forza nelle aziende prive di contrattazione di secondo livello, fermo restando la possibilità per i datori di lavoro di riconoscere a livello aziendale l’elemento di garanzia retributiva anche ai lavoratori a tempo determinato con durata superiore a nove mesi e ad altre tipologie contrattuali impiegate in azienda.
9. CCNL Alimentari (Industria) – Orario di lavoro
A partire dal 1° gennaio 2024, il personale impiegatizio è tenuto ad usufruire delle Rol maturate entro l’anno di riferimento. Qualora tali permessi non vengano utilizzati entro scadenza, sarà possibile fruirne fino al 31 marzo dell’anno successivo. Salvo diverse disposizioni collettive o accordi specifici già in essere, eventuali permessi residui dovranno essere liquidati con la mensilità di aprile.
10. CCNL Lapidei (Industria) – Decorrenza e durata
L’Accordo di Rinnovo del 24 novembre 2022 è valido a partire dal 1° aprile 2022 e resterà in vigore fino al 31 marzo 2025.
11. CCNL Miniere, Metallurgia – Decorrenza e durata
L’Accordo di Rinnovo del 13 luglio 2022 resterà in vigore fino al 31 marzo 2025.
Aumento dei minimi retributivi dal 1° marzo 2025
A decorrere dal 1° marzo 2025 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:
Una tantum di marzo 2025
Per il mese di marzo 2025 è prevista l’erogazione delle “Una tantum” dei seguenti CCNL:
L’INPS, con la circolare n. 22 del 23 gennaio 2025, ha fornito chiarimenti sulla valorizzazione dei periodi di lavoro svolti all’estero prima del 1° gennaio 1996 per gli iscritti alla Gestione Separata.
I periodi di contribuzione maturati all’estero prima del 1° gennaio 1996 sono considerati validi per il conseguimento della pensione in regime internazionale. Tuttavia, la valorizzazione avviene esclusivamente sulla base dei contributi versati nella Gestione Separata, applicando i requisiti previsti per i lavoratori con anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e le disposizioni del sistema contributivo.
Questi periodi assicurativi possono essere riconosciuti se maturati in Paesi:
È importante sottolineare che la totalizzazione è possibile solo se, in Italia, l’iscritto ha maturato nella Gestione Separata il minimo contributivo richiesto, ossia 52 settimane secondo la normativa UE o quanto previsto dalle singole Convenzioni bilaterali.
Per i lavoratori con anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia:
Questi requisiti sono soggetti agli adeguamenti legati all’aspettativa di vita.
Se i periodi di lavoro all’estero sono interamente successivi al 1° gennaio 1996, la pensione in Gestione Separata in regime internazionale viene calcolata secondo i requisiti del sistema contributivo.
Nel caso in cui l’assicurato sia iscritto anche ad altre forme di assicurazione obbligatoria in Italia, i periodi esteri antecedenti al 1996 possono essere utilizzati per ottenere un trattamento pensionistico in regime internazionale, avvalendosi degli strumenti di cumulo previsti dalla normativa italiana.
Con comunicato del 31 gennaio 2025 pubblicato sulla propria pagina istituzionale, il Ministero del Lavoro rende nota la ricezione da parte della Commissione Europea dell’autorizzazione alle due misure con cui l’Italia sostiene l’occupazione di donne e giovani, aprendo così la strada per l’approvazione dei decreti attuativi dei Bonus Giovani e Donne, previsti dal Decreto Coesione (artt. 22 e 23 del Dl n. 60/2024) e attualmente in stand-by in attesa del via libera europeo.
Entrambe le agevolazioni oggetto del nulla osta rientrano tra gli incentivi alle assunzioni in vigore dal 1° settembre 2024 previsti dal Dl n. 60/2024, la cui applicazione tuttavia – per espressa previsione normativa – era subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea.
La misura in oggetto, introdotta con lo scopo di favorire l’incremento dell’occupazione stabile giovanile, ai sensi dell’art. 22 del Dl n. 60/2024, consiste in uno sgravio (o esonero) di natura contributiva rivolto ai datori di lavoro privati che effettuano, nel periodo tra il 1° settembre 2024 e il 31 dicembre 2025, assunzioni a tempo indeterminato di giovani under 35 al loro primo impiego stabile, ossia privi di rapporti di lavoro a tempo indeterminato in precedenza. Inclusi nella platea dei beneficiari dello sgravio anche i datori di lavoro che trasformano i rapporti di lavoro a termine in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, fermo restando i requisiti di età e di impiego alla data della trasformazione (under 35 con assenza di rapporti di lavoro a tempo indeterminato in precedenza). Restano escluse dal campo di applicazione dell’esonero le assunzioni di categorie dirigenziali, di lavoratori domestici e di apprendisti.
Lo sgravio in esame, di durata biennale, è fruibile per massimo 24 mesi dal giorno di assunzione ed è pari al 100% dei contributi a carico del datore di lavoro fino ad un massimo di 500 euro mensili. Tale importo, ai sensi del comma 3 dell’art. 22, è elevato a 650 euro mensili qualora le assunzioni o le trasformazioni a tempo indeterminato di under 35 al loro primo impiego stabile risultino effettuate in sedi o unità produttive ubicate in una delle regioni ricomprese nella c.d. ZES unica (Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno), ossia Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.
Previsto il riconoscimento in via residuale anche per le assunzioni di lavoratori che alla data di inizio rapporto di lavoro risultino essere stati occupati a tempo indeterminato alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, beneficiario parzialmente dello sgravio contributivo.
La misura contributiva, chiarisce la disposizione normativa, non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento attualmente in vigore, fermo restando la compatibilità, senza alcuna riduzione, con la maggiorazione del costo ammesso in deduzione prevista per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, introdotta per l’anno 2024 dal D.lgs. 216/2023 ed estesa dalla Legge di Bilancio 2025 per un ulteriore triennio (c.d. “Super deduzione”).
L’utilizzo dello sgravio, ricorda il comma 5 dell’art. 22 del Decreto Coesione, è subordinato al rispetto delle norme generali per la fruizione degli incentivi di cui al D.lgs. n. 150/2015, incluso le disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e dei Contratti collettivi applicati, oltre al possesso del Durc attestante la regolarità contributiva da parte dei datori di lavoro. In aggiunta ai principi generali richiamati, la norma vincola la fruizione dello sgravio contributivo all’ assenza nei sei mesi precedenti l’assunzione di licenziamenti collettivi o individuali per giustificato motivo oggettivo, effettuati nella medesima unità produttiva dove ha inizio il rapporto di lavoro con il giovane lavoratore. Parallelamente, la stessa disposizione dispone la revoca e la restituzione dello sgravio al verificarsi di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo di lavoratori assunti con l‘ esonero biennale o di dipendenti aventi la stessa qualifica, avvenuti nei sei mesi successivi l’assunzione, nella medesima unità produttiva.
Nonostante la recente approvazione da parte della Commissione Europea, il Bonus Giovani non è ancora pienamente operativo, sarà necessario infatti attendere il decreto attuativo e le successive istruzioni dell’INPS relative alle modalità di fruizione dello sgravio e al recupero degli arretrati a credito dei mesi antecedenti l’autorizzazione della Commissione.
La misura in esame denominata Bonus Donne, rientra tra i provvedimenti introdotti dal Decreto Coesione di stabilizzazione delle assunzioni, ed è volta nello specifico a favorire le pari opportunità nel mercato del lavoro per le lavoratrici svantaggiate, anche nell’ambito della Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica.
L’esonero, anch’esso di natura contributiva, previsto dall’ art. 23 del Dl n. 60/2024, si rivolge ai datori di lavoro privati che dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025 assumono a tempo indeterminato: (i) donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti nelle regioni della ZES unica per il Mezzogiorno o operanti nelle professioni e nei settori di cui all’articolo 2, punto 4), lettera f) del Regolamento UE 651/2014 e (ii) donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti.
In merito alla portata della misura, la stessa ha durata biennale, di massimo 24 mesi, e consente la fruizione di uno sgravio contributivo pari al 100% dei contributi a carico dei datori id lavoro, nel limite massimo di 650 euro mensili per ciascuna lavoratrice stabilizzata, fatta eccezione per i rapporti instaurati in apprendistato e di lavoro domestico.
La disposizione normativa all’art. 23, commi 3 e 5, chiarisce che i benefici contributivi derivanti dall’applicazione Bonus Donne sono vincolati al verificarsi dell’incremento occupazionale netto, calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori occupati rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori mediamente occupati nei dodici mesi precedenti, oltre a prevedere, come per il Bonus Giovani, l’incumulabilità dello stesso con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento attualmente in vigore, fermo restando la compatibilità, senza alcuna riduzione, con la misura agevolativa della “Super – deduzione”.
Analogamente a quanto anticipato per il Bonus Giovani, ai fini dell’applicabilità dell’esonero contributivo in esame, sarà necessario attendere il decreto ministeriale attuativo e le successive istruzioni INPS relative alle modalità di fruizione e di recupero degli eventuali arretrati contributivi.