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Bonus maturati all’estero e percepiti da residenti: chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 199/2025 (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, settembre 2025)
7 Ottobre 2025Negli ultimi anni, la crescente mobilità internazionale dei lavoratori e la diffusione dei piani di incentivazione a lungo termine hanno reso sempre più attuale la questione del corretto trattamento impositivo dei compensi maturati in un Paese estero e percepiti successivamente in Italia. Si tratta di fattispecie che sollevano questioni di non poco rilievo, poiché collocate al crocevia tra le disposizioni del diritto interno, le norme pattizie contenute nelle convenzioni contro le doppie imposizioni e gli orientamenti interpretativi, spesso mutevoli, dell’Amministrazione finanziaria. In questo intreccio, la qualificazione del reddito e la ripartizione della potestà impositiva tra i diversi Stati assumono un ruolo centrale per la corretta applicazione delle regole fiscali e per la prevenzione dei fenomeni di doppia imposizione.
La Risposta n. 199 del 4 agosto 2025 dell’Agenzia delle Entrate si inserisce in questo contesto, rappresentando quello che sembrerebbe un “dietrofront” rispetto all’orientamento espresso appena pochi mesi prima dalla medesima Amministrazione con la Risposta n. 81 del 25 marzo.
Nello specifico, l’istanza oggetto della più recente Risposta è stata presentata da una società di diritto tedesco, parte di un gruppo multinazionale, operante in Italia tramite stabile organizzazione. La questione sottoposta all’Agenzia riguardava il trattamento impositivo applicabile ad un bonus riconosciuto a un dipendente nell’ambito di un piano di incentivazione a lungo termine (“long term cash bonus plan”), strutturato su periodi di maturazione triennale (“vesting period”).

Nel dettaglio, il lavoratore aveva prestato la propria attività lavorativa nel Regno Unito fino a dicembre 2023, trasferendosi poi in Italia per intraprendere un nuovo rapporto di lavoro dipendente presso la stabile organizzazione dell’istante e acquisendo la residenza fiscale nel territorio dello Stato a decorrere dal 2024. I bonus percepiti dal lavoratore in Italia, che in luce del regolamento dell’istante venivano erogati su base triennale, risultavano riferibili a periodi di maturazione che si collocavano interamente oppure parzialmente nel Regno Unito.
Muovendo da tale premessa, la società istante ha chiesto chiarimenti in merito alla corretta ripartizione della potestà impositiva tra i due Stati rispetto ai bonus percepiti dal soggetto divenuto fiscalmente residente, nonché sulle modalità di tassazione delle medesime somme in Italia, tenuto conto delle imposte già assolte all’estero.
Come già accennato, l’Agenzia delle Entrate era intervenuta su un tema simile nella precedente Risposta n. 81/2025. In quell’occasione, infatti, era stato sostenuto che la tassazione dei bonus dovesse seguire il criterio della maturazione, con conseguente ripartizione della potestà impositiva tra i diversi Stati in base alla residenza fiscale e al luogo di svolgimento dell’attività lavorativa nei singoli anni. Tuttavia, con la Risposta n. 199/2025 l’Agenzia sembra aver rivisto tale posizione, riaffermando il principio secondo cui, per i redditi di lavoro dipendente – inclusi i compensi variabili – rilevano esclusivamente l’anno di percezione e la residenza fiscale del lavoratore in tale anno. In altri termini, se il lavoratore è residente in Italia al momento della percezione, l’intero importo risulterà imponibile in Italia, a prescindere dal luogo e dal periodo di maturazione delle somme.
Il fondamento di questo mutato orientamento, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, si rinviene tanto nell’ordinamento interno quanto nelle disposizioni convenzionali. Con riguardo alla normativa nazionale, l’articolo 3 del TUIR stabilisce anzitutto che i soggetti fiscalmente residenti sono assoggettati a imposizione in Italia per i redditi ovunque prodotti. L’articolo 51 del TUIR, a sua volta, qualifica come reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori percepiti in relazione al rapporto di lavoro, a qualunque titolo, nel periodo d’imposta (principio di onnicomprensività), precisando che tali redditi si tassano con riferimento all’anno della loro effettiva percezione (principio di cassa). Sotto il profilo internazionale, l’Agenzia richiama l’articolo 15 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito, che attribuisce in via generale allo Stato di residenza la potestà impositiva sui redditi di lavoro dipendente, pur riconoscendo allo Stato della fonte la possibilità di tassare la quota di remunerazione riferibile all’attività ivi svolta.
Applicando tali principi al caso concreto, l’Agenzia delle Entrate è giunta alla conclusione che la stabile organizzazione italiana sia tenuta ad operare la ritenuta fiscale a titolo d’acconto non solo sui bonus erogati direttamente, ma anche su quelli corrisposti da altre società estere del gruppo, qualora siano percepiti in anni in cui il lavoratore risulti fiscalmente residente in Italia. Da ciò sembra conseguire che l’obbligo di sostituzione si estenda a tutte le somme riconducibili al rapporto di lavoro, indipendentemente dal soggetto erogatore e dal luogo di maturazione.
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