Osservatorio

Omissioni contributive: la Corte Costituzionale conferma la legittimità della sanzione amministrativa

12 Agosto 2025

Con la sentenza n. 103 dell’8 luglio 2025, la Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Brescia in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, riguardante l’articolo 2, comma 1-bis, del Decreto-Legge n. 463/1983, come modificato dall’articolo 23, comma 1, del Decreto-Legge n. 48/2023 (cosiddetto “Decreto Lavoro”). La norma sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale prevede che, in caso di omissione del versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti — per importi non superiori a 10.000 euro annui — il datore di lavoro sia punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso.

La questione sollevata dal Tribunale di Brescia

La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata nell’agosto 2024 dal Tribunale di Brescia, chiamato a pronunciarsi — in qualità di giudice del lavoro — su un caso di omissioni contributive relative al periodo 2013 – 2015, per un importo pari a 7.153 euro. Inizialmente, il datore di lavoro si era visto irrogare dall’INPS una sanzione amministrativa di 73.000 euro. Successivamente, in seguito all’entrata in vigore del Decreto-Legge n. 48/2023, la Consulta aveva disposto la restituzione degli atti, e l’INPS ha proceduto al ricalcolo della sanzione, rideterminandola in 13.714 euro. L’articolo 23 del Decreto prevede infatti una sanzione: “da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso”, determinata in funzione delle ritenute non versate, con l’obiettivo di assicurare un’applicazione proporzionale e sostenibile per i soggetti inadempienti.

Persistenza della questione di legittimità costituzionale

Tuttavia, nonostante l’intervento normativo, il giudice rimettente ha ritenuto ancora sussistenti i dubbi di legittimità costituzionale, sottolineando nuovamente il carattere sproporzionato del minimo edittale previsto dalla nuova disciplina rispetto all’effettiva gravità dell’inadempimento. È stato altresì evidenziato il rischio di effetti irragionevoli, tra cui l’applicazione di un regime sanzionatorio potenzialmente più severo nei confronti di chi ometta versamenti inferiori alla soglia di 10.000 euro, rispetto alla sanzione penale prevista – nel caso di conversione della sanzione detentiva in pena pecuniaria – per il datore di lavoro responsabile di omissioni superiori a tale soglia. Inoltre, secondo quanto sostenuto dai giudici di Brescia, la disciplina non riuscirebbe a graduare la sanzione in risposta ad eventuali inadempimenti causati da circostanze esterne, non tenendo in considerazione le condizioni soggettive del trasgressore e violando, quindi, il principio di eguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione. 

La posizione della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 103/2025, ha confermato la legittimità della norma. Infatti, dichiarando la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale, la Corte ha innanzitutto ricordato che il legislatore gode di ampia discrezionalità nella determinazione delle pene applicabili in caso di reati e di conseguenza anche in caso di sanzioni amministrative. Inoltre, sempre secondo la Corte, la misura della sanzione non è irragionevole né arbitraria, in quanto la condotta a cui l’ordinamento reagisce si realizza mediante l’appropriazione di somme che sarebbero di pertinenza del lavoratore e che sono destinate al sistema previdenziale, quindi, al pagamento di prestazioni essenziali. Pertanto, la misura della sanzione è ritenuta dalla Corte proporzionata alla gravità della condotta e al grado di protezione accordato ai lavoratori, in quanto parte debole del rapporto di lavoro.

Inoltre, la Corte Costituzionale, nel valutare la comparazione tra responsabilità penale e responsabilità amministrativa, evidenzia come tale raffronto debba essere considerato una mera operazione aritmetica, priva di un reale significato giuridico se condotta in maniera isolata. Infatti, a parere della Corte, l’operazione di comparazione — che evidenzia come, in caso di superamento della soglia dei 10.000 euro, si possa comminare per il reato una pena pecuniaria aritmeticamente inferiore rispetto alla sanzione amministrativa prevista sotto tale soglia — non terrebbe in considerazione il carattere maggiormente afflittivo del trattamento penale. Quest’ultimo comporta infatti conseguenze indirette ben più onerose, come la determinazione delle pene accessorie o l’obbligo risarcitorio connesso, che incidono in maniera significativa sull’effettiva severità della sanzione.

Alla luce di tali considerazioni, la Consulta ha escluso profili di illegittimità costituzionale nella disciplina sanzionatoria relativa alle omissioni contributive, riconoscendo l’adeguatezza della sanzione prevista nel contrasto a condotte lesive della regolarità degli obblighi previdenziali.

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