Osservatorio

Agenzia delle Entrate: regime speciale per i lavoratori impatriati e versamento per l’accesso alla proroga

23 Marzo 2023

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 223/2023, ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’applicabilità dell’istituto della remissione in bonis – ex articolo 2, comma 1, del D.L. n. 16/2012 – in caso di omesso versamento ex articolo 5, comma 2-bis, del D.L. n. 34/2019, per la proroga del regime speciale per i lavoratori impatriati.

Normativa di riferimento

Il D.L. n. 147/2015, all’articolo 16, ha previsto che i redditi di lavoro dipendente e i redditi da lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% del loro ammontare per cinque periodi di imposta al ricorrere delle seguenti condizioni:

  • il lavoratore non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento;
  • si impegni a risiedere in Italia per almeno due anni;
  • l’attività lavorativa venga prestata prevalentemente nel territorio italiano.

Inoltre, per effetto dell’articolo 5 del D.L. n. 34/2019, successivamente convertito in legge, con modifiche, dalla L. n. 58/2019, che ha introdotto il comma 3-bis all’articolo 16 del D.L. n. 147/2015, il regime fiscale speciale può trovare applicazione per ulteriori cinque periodi d’imposta quando sia accertata la sussistenza dei requisiti soggettivi previsti dalla norma, ovverosia:

  • il lavoratore abbia almeno un figlio minorenne a carico, anche in affido preadottivo;
  • il lavoratore diventi proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia successivamente al trasferimento in Italia – e comunque entro il quinto periodo d’imposta dal trasferimento della residenza fiscale in Italia – o nei dodici mesi precedenti al trasferimento. L’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.

In entrambe le ipotesi, nel periodo di estensione dell’ambito temporale d’applicazione del regime fiscale di favore, i redditi prodotti concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare.

Caso presentato dall’istante

Nel quesito posto all’AdE, l’istante fa presente che, dal mese di settembre 2016 è rientrato in Italia insieme a tutto il suo nucleo familiare e di ha beneficiato, a partire dal periodo 2017, delle disposizioni dettate dall’articolo 16 del D. Lgs. n. 147/2015, nella versione del testo vigente pro tempore, il quale prevedeva la possibilità di far concorrere il reddito di lavoro dipendente alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del suo ammontare.

Successivamente al rimpatrio dell’istante, la normativa è stata soggetta a modifiche sostanziali e l’articolo 5, comma 1, del D.L. n. 34/2019 – convertito in L. n. 58/2019, c.d. Decreto Crescita – ha previsto la modifica di alcuni requisiti soggettivi ed oggetti del regime impatriati, incrementato le percentuali di riduzione dell’imponibile fiscale dei redditi agevolabili e previsto, al verificarsi di determinate condizioni, la possibilità di estensione per un ulteriore quinquennio del periodo agevolabile.

Inizialmente, tale possibilità di proroga risultava originariamente applicabile ai soli soggetti che avessero trasferito la residenza fiscale nel territorio dello Stato a decorrere dal 30 aprile 2019. In seguito, però, la Legge di Bilancio 2021 – L. 178/2020 – ha consentito l’applicazione dell’estensione agli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero e ai cittadini di Stati membri dell’Unione europea che avevano trasferito la residenza prima dell’anno 2020 e che alla data del 3 dicembre 2019 risultavano beneficiati del regime previsto.

L’opzione della proroga richiede il versamento di un importo pari al 10%, ovvero del 5% in presenza di determinate condizioni, dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti in Italia, relativi al periodo di imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione.

L’istante, pur essendo in possesso dei requisiti per esercitare l’opzione per la proroga del regime impatriati per un ulteriore quinquennio, ”a causa di un mero errore materiale (dimenticanza) […] non ha provveduto al versamento entro il 30 giugno 2022 dell’importo”.

A fronte di tale svista, l’istante ha richiesto all’Agenzia delle Entrate di poter far ricorso all’istituto della remissione in bonis – disciplinato dall’articolo 2, comma 1 del D.L. n. 16/2012 – per sanare il mancato versamento del citato importo, propedeutico alla proroga del regime fiscale agevolato.

Parere dell’Agenzia delle Entrate

A fronte della richiesta avanzata dall’istante, l’AdE ha ricordato che a seguito dell’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2021, che i contribuenti aderenti alla manovra possono beneficiare dell’estensione del regime speciale per i lavoratori “impatriati” per ulteriori cinque periodi d’imposta previo versamento di un importo pari al 10% ovvero al 5% dei redditi di lavoro dipendenti e di lavoro autonomo agevolabili in Italia, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione.

Con provvedimento direttoriale pubblicato dall’Agenzia delle Entrate protocollo n. 60353/2021, l’istituto ha definito le modalità di esercizio dell’opzione, dal quale si evince che la stessa deve essere esercitata mediante il versamento in un’unica soluzione di:

  • un importo pari al 10% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia oggetti di agevolazione se il soggetto al momento dell’esercizio dell’opzione ha almeno un figlio minorenne, anche in affido preadottivo, o è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia. L’unità immobiliare può essere acquisita direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà;
  • un importo pari al 5% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia oggetti di agevolazione se il soggetto, al momento dell’esercizio dell’opzione:
    • ha almeno tre figli minorenni, anche in affido preadottivo e
    • diventa o è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, ovvero ne diviene proprietario entro diciotto mesi dalla data di effettuazione del versamento a pena di nullità.

L’importo deve essere versato mediante modello F24 entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo periodo di fruizione dell’agevolazione e senza a possibilità di avvalersi di compensazione.

L’Agenzia delle Entrate, nella risposta all’interpello in esame, richiama una precedente risposta pubblicata nel luglio del 2022 – numero 383 – nella quale precisava che “l’estensione per un ulteriore quinquennio del regime speciale […] è subordinato all’esercizio dell’opzione previo versamento degli importi dovuti entro il termine indicato”. Pertanto, l’istituto ritiene che, “laddove il versamento degli importi dovuti sia omesso o carente, il mancato adempimento preclude l’applicazione del beneficio in commento”.

Alla luce di quanto sopra, l’AdE ricorda che non è consentito il ricorso all’istituto del ravvedimento operoso né tantomeno, come ipotizzato dall’istante, all’istituto della remissione in bonisprevisto dall’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 16/2012.

Detto articolo, infatti, dispone che “la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero da adempimento di natura formale tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche […] delle quali l’autore dell’adempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente:

  • abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
  • effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
  • versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del D. Lgs. n. 471/1997”.

Secondo l’AdE, l’omesso versamento delle somme dovute entro il termine del 30 giugno 2022 non è evidentemente riconducibile ad un adempimento “formale” e pertanto il contribuente non potrà regolarizzare tale adempimento mediante l’istituto della remissione in bonis.

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