Licenziamento per giustificato motivo oggettivo, perdita dell’appalto: nullità e tutele reintegratorie (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, dicembre 2022)

Con la sentenza n. 30167 del 13 ottobre 2022, la Corte Suprema di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da un datore di lavoro a seguito del riconoscimento dell’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo inflitto ad un lavoratore.

La Corte distrettuale, inoltre, aveva rilevato che al lavoratore fosse stata assegnata una mansione riconducibile ad un livello di inquadramento inferiore rispetto alla propria qualifica, in violazione dell’art. 2103 del Codice civile. 

In particolare, i fatti di causa hanno visto un lavoratore che, da capoturno di pattuglie di guardie giurate, veniva licenziato a seguito della perdita di un appalto.

I motivi su cui si è basata la decisione della Suprema Corte si trovano nella “manifesta insussistenza” del fatto che ha originato il licenziamento, il quale – a seguito dell’istruttoria svolta nei diversi gradi di giudizio – non è risultato legato da un nesso causale alla soppressione del posto di lavoro cui il lavoratore è stato assegnato in forza di un atto nullo. A fronte di ciò, ha trovato applicazione la tutela reintegratoria, come previsto dal comma 7 dell’art. 18 della legge n. 300/1970 e l’azienda è stata condannata, inoltre, al pagamento delle spese della lite.

Il datore di lavoro ha presentato ricorso articolato per sei motivazioni, le quali hanno riguardato principalmente la “manifesta insussistenza” del fatto e l’eccessiva onerosità della reintegrazione, prevista dal menzionato articolo 18.

In particolare, l’azienda ha denunciato la violazione, da parte della Corte distrettuale, del principio di diritto espresso dalla Cassazione in sede di annullamento con riguardo alla ricostruzione ermeneutica del concetto di “manifesta insussistenza” del fatto posto a base del licenziamento (ai sensi dell’art. 18, comma 7 della legge n. 300 del 1970), la quale sarebbe stata effettuata “senza l’indagine sia sulla “evidente e facilmente verificabile” carenza del nesso di causalità tra assegnazione (nulla) alla postazione e successiva soppressione del posto sia sulla eccessiva onerosità della reintegrazione”.

La ricorrente, inoltre, ha dedotto omesso esame di un fatto decisivo discusso tra le parti, avendo la Corte distrettuale trascurato – ai fini della valutazione della “eccessiva onerosità della reintegrazione” – che presso la centrale operativa cui il lavoratore era addetto non vi erano posizioni di capoturno disponibili e che in base alla declaratoria del 3° livello di cui al CCNL Vigilanza non potevano essere più assegnate mansioni di capoturno.

Tanto rappresentato dall’azienda ricorrente, la Suprema Corte ha comunque ritenuto infondati i diversi motivi di ricorso. In particolare, questa ha illustrato come l’art. 18, comma 7, della legge n. 300/1970 – che regola l’apparato sanzionatorio da applicare in caso di accertamento della illegittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo – sia stato “inciso da due recenti sentenze della Corte costituzionale, successive alla pronuncia rescindente, proprio con riguardo ai requisiti per l’applicazione della tutela reintegratoria”.

In particolare, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 59 del 1° aprile 2019, ha dichiarato l’illegittimità del comma 7 dell’art. 18 della legge n. 300/1970, nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, «può altresì applicare» – invece che «applica altresì» – la disciplina di cui al medesimo art. 18, quarto comma; la sentenza n. 125 del 2022, altresì, ha dichiarato l’illegittimità del medesimo comma ove si prevede l’insussistenza del fatto posto a base del licenziamento, limitatamente al termine “manifesta”.

In virtù di quanto espresso dalla Corte costituzionale, la Cassazione ha evidenziato che laddove il giudice accerti l’insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, debba essere sentenziato l’annullamento del licenziamento e ordinata la reintegrazione del lavoratore, “senza alcuna facoltà di scelta tra tutela ripristinatoria e tutela economica”. Pertanto, l’apprezzamento della sussistenza dei vizi denunciati con il ricorso dev’essere fatto con riferimento alla situazione normativa determinata dalla pronuncia di incostituzionalità.

Sul punto, la Suprema Corte ha evidenziato che la valutazione della fondatezza o meno del ricorso per cassazione deve farsi con riferimento “alla situazione normativa determinata dalla pronuncia di incostituzionalità, essendo irrilevante che la decisione impugnata o la stessa proposizione del ricorso siano anteriori alla pronuncia del giudice delle leggi, atteso che gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità di una norma retroagiscono alla data di introduzione nell’ordinamento del testo di legge dichiarato costituzionalmente illegittimo”.

Posto che i primi cinque motivi di ricorso vertono tutti sulla ricorrenza di due requisiti attinenti al regime sanzionatorio del licenziamento per giustificato motivo oggettivo non sono più vigenti, i suddetti motivi sono stati rigettati.

La Corte distrettuale ha, inoltre, rilevato che l’accertamento circa la illiceità del fatto posto a fondamento con il recesso era da ritenersi definitivo, in quanto deve ritenersi totalmente insussistente il fatto materiale che ha determinato il licenziamento dipendente, posto come non vi sia stata una lecita adibizione dello stesso all’appalto, non potendo perciò un fatto illecito essere posto a fondamento, in un vincolo di causalità, con il recesso per giustificato motivo oggettivo.

In altre parole, il fatto “perdita dell’appalto” – a dire della Suprema Corte – non può giustificare il licenziamento del lavoratore che non poteva esservi assegnato. Da questo è conseguita la piena integrazione dell’unico requisito richiesto dall’art. 18, comma 7, della legge n. 300/1970 (nel testo a seguito dei due interventi della Corte costituzionale) per l’applicazione della tutela reintegratoria.

Il datore di lavoro è stato dunque condannato a pagare a favore del lavoratore indennità e contributi dovuti per il periodo intercorso tra la risoluzione del rapporto e la reintegrazione effettiva, fino a un massimo di dodici mensilità.

Ministero del Lavoro: certificazione parità di genere, esonero contributivo per le aziende

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero per le Pari Opportunità e la Famiglia e con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha emanato il Decreto 20 ottobre 2022, riguardante l’esonero contributivo per le aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere e ulteriori interventi per la promozione della parità salariale di genere e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, in attuazione della Legge n. 162/2021, articolo 5, comma 2, e dell’art. 1, comma 138,Legge n. 234/2021.

Oggetto del decreto

Al fine di attuare le disposizioni contenute negli articoli precedentemente richiamati, il decreto in esame ha definito:

  • i criteri e le modalità di concessione, con decorrenza dall’anno 2022, dell’esonero contributivo introdotto in favore delle aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere, di cui all’articolo 46-bis del D. Lgs. n. 198/2006 e successive modificazioni, usufruibile per il periodo di validità della medesima certificazione;
  • gli interventi finalizzati alla promozione della parità salariale di genere e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro da realizzare, a decorrere dal 2022, mediante il “Fondo per il sostegno della parità salariale di genere” del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Esonero contributivo in favore delle aziende private

Il decreto, all’articolo 2, prevede che le aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere, a partire dal 2022, possano beneficiare di un esonero contributivo così come disciplinato dagli articoli 3 e 4 del testo in esame. L’esonero potrà essere applicato per tutta la durata del periodo di validità della predetta certificazione.

Il beneficio, per i datori di lavoro, consiste nella possibilità di fruire di una riduzione nella misura dell’1% dei complessivi contributi previdenziali a proprio carico, fermo restando il limite massimo di Euro 50.000,00 su base annua. Qualora, in relazione ad un copioso numero di domande presentate, le risorse stanziate dovessero risultare insufficienti, il beneficio riconosciuto alle aziende sarebbe proporzionalmente ridotto.

Lo sgravio contributivo, secondo le disposizioni contenute nel decreto, sarà riparametrato su base mensile e fruito dai datori di lavoro in riduzione dei contributi previdenziali a loro carico, sulle mensilità relative al periodo di validità della certificazione della parità di genere. La validità della certificazione ha durata triennale ed è soggetta a monitoraggio annuale da parte di INPS. È bene precisare che le rappresentanze sindacali aziendali e i consiglieri e le consigliere di parità potranno, in base al D.M. del 29 aprile 2022, segnalare all’organismo di certificazione eventuali criticità riscontrate nell’azienda certificata.

Domanda di accesso all’esonero contributivo

Secondo quanto previsto dall’articolo 3, ai fini dell’ammissione all’esonero le aziende del settore privato, per il tramite del rappresentante legale o di un intermediario delegato, dovranno presentare domanda telematica all’INPS secondo le modalità operative che verranno poi indicate dall’Ente mediante specifiche istruzioni.

Le domande dovranno contenere le informazioni riguardanti:

  • i dati identificativi dell’azienda;
  • la retribuzione media mensile stimata relativa al periodo di validità della certificazione di parità di genere;
  • l’aliquota datoriale media stimata relativa al periodo di validità della certificazione;
  • le informazioni riguardanti la forza aziendale;
  • la dichiarazione sostitutiva, rilasciata ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, di essere in possesso della certificazione di parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e che l’azienda non sia incorsa in provvedimenti di sospensione dei benefici contributivi adottati dall’Ispettorato nazionale del lavoro ai sensi dell’articolo 46, comma 4, del medesimo decreto legislativo;
  • il periodo di validità della certificazione di parità di genere.

È bene precisare che, nel caso in cui sia disposta la revoca della certificazione, le imprese interessate saranno tenute a darne tempestiva comunicazione all’INPS e al Dipartimento per le pari opportunità.

Qualora un’impresa dovesse beneficiare indebitamente dell’esonero contributivo, questa sarà tenuta al versamento dei contributi non dovuti a fronte della riduzione contributiva, nonché al pagamento delle sanzioni previste dalle disposizioni di legge in materia. Resta salva l’eventuale responsabilità penale ove il fatto costituisca reato.

Gennaio 2023: NOVITA’ E RINNOVI CCNL

  • CCNL Abbigliamento (Industria) – Elemento di garanzia retributiva

L’Elemento di Garanzia Retributiva, pari a Euro 300,00 lordi uguale per tutti i lavoratori, va erogato con la retribuzione dei mesi di gennaio di ogni anno ai lavoratori in forza il 1° gennaio di ogni anno ed aventi titolo in base alla situazione retributiva individuale rilevata nell’anno precedente, con assorbimento fino a concorrenza del valore dell’E.G.R. di quanto individualmente erogato.

  • CCNL Agricoltura (Operai) – Copertura assicurativa

Le Parti si impegnano ad istituire una Cassa rischio vita in favore degli Operai Agricoli a Tempo Indeterminato attraverso apposito accordo da definirsi entro il 31 dicembre 2022.

La prestazione – che verrà riconosciuta per gli eventi verificatisi a decorrere dal 1° gennaio2023 – avrà natura sperimentale. L’accordo dovrà definire i requisiti e le condizioni per l’accesso alle prestazioni, la misura dell’indennità, la copertura assicurativa e il coordinamento con le prestazioni già erogate dal Fisa.

  • CCNL Alimentari (Industria) – Elemento di garanzia retributiva

Le aziende che non realizzano la contrattazione del premio per obiettivi di cui all’art. 55 del C.C.N.L., erogano, a titolo di indennità per mancata contrattazione di secondo livello a favore dei lavoratori dipendenti, gli importi di cui alla tabella riportata nel testo del CCNL.

Tali importi, erogati a partire dal 1° gennaio 2023 per 12 mensilità, assorbono fino a concorrenza eventuali erogazioni svolgenti funzione analoga agli istituti di cui sopra.

  • CCNL Attività ferroviarie – Orario di lavoro

In sostituzione delle soppresse festività di cui alla L. 5.3.1977, n. 54 e del relativo trattamento, ai lavoratori spettano, nel corso di ciascun anno, quattro giorni di permesso individuale retribuito non frazionabile, salvo quanto previsto al successivo paragrafo. A far data dal 1° gennaio 2023, nell’ottica di agevolare la conciliazione dei tempi di vita con i tempi di lavoro, anche come strumento di maggiore attrattività verso il personale neoassunto, ai soli lavoratori con anzianità di servizio fino a 8 anni è consentita la frazionabilità in ore, per periodi comunque non inferiori ad un’ora, di uno dei suddetti quattro giorni di permesso individuale retribuito.

  • CCNL Autoferrotranvieri – Mobilità – Assistenza sanitaria integrativa

Allo scopo di sviluppare il sistema di Welfare contrattuale, con decorrenza dal 1° gennaio 2023, il contributo annuo a carico azienda per il finanziamento del Fondo T.P.L. Salute è pari a Euro 144,00 (Euro 12,00/mese, comprensive del contributo annuo stabilito dall’art. 38 lett. b) dell’A.N. 28 novembre 2015) per ogni lavoratore in forza a tempo indeterminato, ivi compresi gli apprendisti.

  • CCNL Cartai (Industria) – Formazione professionale

Le Parti, riconoscono l’Ente Nazionale per l’Istruzione Professionale Grafica (Enipg) quale organismo atto a provvedere allo studio, alla promozione e al coordinamento delle iniziative dirette a favorire lo sviluppo tecnico e professionale del settore. A decorrere da gennaio 2022 viene istituto un contributo di assistenza contrattuale. Le aziende del settore cartotecnico sono tenute all’iscrizione a decorrere da gennaio 2022.

Al contributo non sono tenute le aziende cartarie e del converting del tissue.

  • CCNL Cartai (Industria) – Previdenza complementare

A decorrere dal 1° gennaio 2023, in favore dei lavoratori dipendenti iscritti al Fondo Byblos, è riconosciuto un contributo aggiuntivo a carico del datore di lavoro pari allo 0,3% della normale retribuzione annua.

  •  CCNL Cemento, calce (Industria) – Retribuzione

Con decorrenza dal 1° gennaio 2023, verranno applicate le nuove percentuali in caso di lavoro straordinario notturno.

  • CCNL Ceramica (Industria) – Previdenza complementare

Con riferimento agli addetti all’industria delle imprese produttrici di ceramica sanitaria, di porcellane e ceramiche per uso domestico e ornamentale, di ceramica tecnica, di tubi in gres con rapporti di lavoro disciplinati sino al 13 marzo 2008 dal contratto collettivo per gli addetti all’industria chimica (si veda Capitolo VII – Parte IX -”Welfare di settore” – “Previdenza Complementare”) – le Parti concordano che l’ammontare dell’aliquota di contributo a Foncer per la sola parte a carico del datore di lavoro – come disciplinata nel CCNL 16 novembre 2016 cui si rinvia – sia incrementato dello 0,1% a decorrere dal 1° gennaio 2022 e di un ulteriore 0,1% dal 1° gennaio 2023, da calcolarsi sulla retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR.

  • CCNL Concerie (Industria) – Elemento di garanzia retributiva

L’Elemento di garanzia retributiva sarà pari a Euro 8,00 (otto/00) mensili a decorrere dal 1° gennaio 2023.

  • CCNL Dirigenti agricoltura – Copertura assicurativa

A decorrere dal 1° gennaio 2023 al dirigente viene riconosciuta, attraverso apposita polizza assicurativa, con premio a carico del datore di lavoro e con un limite massimo di Euro 70,00 annui, la copertura delle spese legali sostenute in caso di procedimenti penali relativi a fatti direttamente connessi con l’esercizio delle funzioni attribuite, non dipendenti da colpa grave o dolo.

  • CCNL Dirigenti imprese pubbliche – Assistenza sanitaria integrativa

Il contributo annuo a carico dell’impresa che aderisce a forme alternative per l’assistenza dei dirigenti in servizio (contributo ex art. G) è elevato a Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) a decorrere dal 2023.

  • CCNL Elettrici – Copertura assicurativa

A partire dal 1° gennaio 2023 viene estesa a tutti i lavoratori l’assicurazione contro il rischio di responsabilità civile verso terzi nello svolgimento delle proprie mansioni contrattuali. Da tale copertura assicurativa sono esclusi i casi di dolo o colpa grave del dipendente.

  • CCNL Elettrici – Ferie

Il lavoratore ha diritto, per ogni anno di servizio, ad un periodo di riposo proporzionale ai mesi di servizio prestati nell’anno. A partire dal 1° gennaio 2023, al dipendente spetteranno (i) 20 giorni lavorativi, se con anzianità fino a 6 anni compiuti e (ii) 1 giorno lavorativo per ogni anno di anzianità oltre i 6 anni fino ad un massimo di 24 giorni lavorativi.

  • CCNL Elettrici – Preavviso

A partire da gennaio 2023, il preavviso nei confronti dei lavoratori in possesso dei requisiti previsti dalla legge per il pensionamento di vecchiaia è pari ad 8 giorni di calendario.

  • CCNL Elettrici – Previdenza complementare

A decorrere dal 1° gennaio 2023, le Aziende versano ai Fondi di previdenza complementare di competenza operanti nel settore, ad incremento della misura della contribuzione a carico Azienda, un importo aggiuntivo in misura fissa pari a Euro 3,00 per ogni mensilità.

  • CCNL Federcasa – Arretrati

Con decorrenza dalla data del 1° gennaio 2021, anche a integrale copertura del periodo trascorso a titolo di carenza contrattuale 2019-2021, in favore del personale in forza nelle aziende associate nel mese di dicembre 2021, la retribuzione tabellare lorda riferita al parametro B1 è incrementata dell’importo di euro 65,00 lordi mensili, da riparametrare sulla base della scala applicata e a cui detrarre l’I.V.C. già corrisposta dalle aziende. Le Parti convengono che gli arretrati derivanti dall’incremento retributivo sopra richiamato, saranno erogati dalle aziende associate in favore dei lavoratori con le seguenti modalità temporali: (i) 1/3 degli arretrati a gennaio 2023; (ii) 1/3 degli arretrati con lo stipendio di marzo 2023; (iii) 1/3 degli arretrati con lo stipendio di maggio 2023.

  • CCNL Ferrovie dello Stato – Assistenza sanitaria integrativa

Le Società del Gruppo FS Italiane assicureranno tutto il personale dipendente alla forma di assistenza sanitaria integrativa, ivi compresa la tutela del reddito per i lavoratori riconosciuti inidonei in via definitiva dalla struttura competente di R.F.I. (Direzione Sanità) alle mansioni per cui erano stati assunti od a cui erano stati successivamente adibiti, per infortunio sul lavoro o malattia professionale o a causa di gravi patologie, che sarà individuata entro il 31 dicembre 2022, tra i soggetti su scala nazionale che garantiranno la migliore offerta di prestazioni a fronte di un contributo aziendale per ciascun lavoratore stabilito in euro 300,00 per anno, a decorrere dal 1° gennaio 2023.

  • CCNL Ferrovie dello Stato – Previdenza complementare

Il Fondo Eurofer è il fondo di previdenza complementare per i lavoratori delle Società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane. A far data dal 1° gennaio 2023, il contributo a carico del datore di lavoro e del lavoratore associato è dovuto nella misura di: (i) 1% a carico del lavoratore e (ii) 2% a carico del datore di lavoro.

In attuazione del comma 2 dell’art. 37 (Welfare) del C.C.N.L. Mobilità/Area AF, le Società del Gruppo FS Italiane destinano la somma annua di Euro 100,00 di costo aziendale al Fondo Eurofer, per ogni lavoratore occupato a tempo indeterminato, compresi i lavoratori con contratto di apprendistato professionalizzante.

  • CCNL Gas e acqua – Apprendistato

A decorrere dal 1° gennaio 2023 sono previste modifiche alla disciplina contrattuale da applicare ai contratti di lavoro in apprendistato stipulati a partire dal 1° gennaio 2023.

  • CCNL Gas e acqua – Reperibilità

Dal 1° gennaio 2023 l’impegno di reperibilità è limitato a 10 giorni/mese di servizio pro-capite. I compensi sono maggiorati del 15% per le giornate eccedenti il decimo giorno/mese. Semestralmente viene attivata una verifica con la R.S.U. sulle eccedenze medie. Nei confronti del personale reperibile che di norma svolge la propria attività da remoto utilizzando gli strumenti aziendali, senza doversi recare sul luogo dell’intervento, viene riconosciuto un importo aggiuntivo per ciascuna giornata di reperibilità pari a Euro 5,00 che si eleva a Euro 6,00 dal 1° gennaio 2023.

  • CCNL Giocattoli, modellismo (Industria) – Elemento di garanzia retributiva

L’Elemento di Garanzia Retributiva è pari a Euro 230,00 lordi annui per gli anni 2021 e 2022 e di Euro 250,00 lordi annui per l’anno 2023, uguale per tutti i lavoratori. Va erogato, al più tardi, con la retribuzione del mese di gennaio 2022, gennaio 2023 e gennaio 2024 ai lavoratori in forza al 1° gennaio di ogni anno ed aventi titolo in base alla situazione retributiva individuale rilevata nell’anno precedente, con assorbimento fino a concorrenza del valore dell’E.G.R. di quanto individualmente erogato.

  • CCNL Giornalisti (emittenza locale) – Scadenza contrattuale

Fino al 31 dicembre 2022 trova applicazione il Contratto sottoscritto tra le Parti in data 8 marzo 2017. Il Contratto 16/11/2022 ha validità dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2026. Alla sua scadenza le Parti procederanno alla rinnovazione del contratto quadriennale.

  • CCNL Grafici editoria (Industria) – Previdenza contrattuale

Per il fondo Byblos l’aumento della contribuzione a carico aziende per i lavoratori aderenti che non hanno l’ERC è previsto nella misura dello 0,5 a decorrere da gennaio 2023.

  • CCNL Imprese portuali – Fondo di solidarietà

Dal 1° gennaio 2023 è fissato in Euro 65,00 ovvero euro 5,00 mensili per 13 mensilità, il contributo annuo a carico di ogni dipendente al Fondo di accompagno all’esodo.

  • CCNL Lapidei (Industria) – Elemento di garanzia retributiva

A decorrere dal 1° gennaio 2023 l’importo dell’elemento di garanzia retributiva è di Euro 210,00 lordi annui.

  • CCNL Nettezza urbana (aziende municipalizzate) – Fondo di previdenza

A decorrere dal 1° gennaio 2023, le aziende verseranno al Fondo Previambiente una quota contributiva ulteriore in cifra fissa di Euro 5,00 per 12 mensilità, destinata esclusivamente alla copertura assicurativa dei casi di premorienza ed invalidità permanente certificata dagli enti competenti che comporti cessazione del rapporto di lavoro, che il Fondo è impegnato a realizzare in favore di tutti i lavoratori aderenti cui si applica il presente CCNL.

  • CCNL Nettezza urbana (aziende private) – Fondo di previdenza

1° gennaio 2023, le aziende verseranno al Fondo Previambiente una quota contributiva ulteriore in cifra fissa di Euro 5,00 per 12 mensilità, destinata esclusivamente alla copertura assicurativa dei casi di premorienza ed invalidità permanente certificata dagli enti competenti che comporti cessazione del rapporto di lavoro, che il Fondo è impegnato a realizzare in favore di tutti i lavoratori aderenti cui si applica il presente CCNL.

  • CCNL Noleggio autobus con conducente – Assistenza sanitaria integrativa

Allo scopo di sviluppare il sistema di Welfare contrattuale, con decorrenza dal 1° gennaio 2023, il contributo annuo a carico dell’azienda per il finanziamento del Fondo T.P.L. Salute è pari a Euro 144,00 (12,00/mese, comprensive del contributo annuo stabilito dall’art. 67 del C.C.N.L. 26 luglio – 14 settembre 2018), per ogni lavoratore in forza a tempo indeterminato non in prova, ivi compresi gli apprendisti.

  • CCNL Oleari e margarinieri (Industria) – Elemento di garanzia contrattuale

A partire dal 1° gennaio 2023, l’articolo 51 bis del CCNL prevede la sostituzione della tabella del contratto Alimentare relativa al trattamento economico per mancata contrattazione di secondo livello.

  • CCNL Palestre e impianti sportivi (Conflavoro) – Welfare

Le aziende a decorrere dal 1° gennaio 2023, sono tenute, al primo gennaio di ogni anno, a mettere a disposizione dei lavoratori, che abbiano superato il periodo di prova, strumenti di welfare per un importo annuo pari ad Euro 100,00 da utilizzare entro il 30 novembre dell’anno successivo. Tale importo va proporzionalmente ridotto in caso di contratto part-time ed in base ai mesi di anzianità di ogni lavoratore nel periodo intercorrente dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno precedente. I lavoratori avranno la possibilità di destinare l’importo suddetto al Fondo di Previdenza Complementare Intersettoriale.

  • CCNL Pompe funebri – Trasferte

Al lavoratore chiamato a prestare la propria opera in trasferta sia impossibilitato a consumare il pasto nelle ore comprese tra le 12 e le 15 e/o le 19 e le 22, in sostituzione del piè di lista, è riconosciuto un concorso spese di complessive di Euro 13,00 per ogni pasto. Tale indennità è pari ad Euro 15,00 dal 1° gennaio 2023.

  • CCNL Servizi (Anpit – Cisal) – Welfare

Anche a favore dei Dirigenti compresi nella sfera d’applicazione del presente Contratto, è operante il Welfare Contrattuale, come previsto dal presente CCNL, con costo minimo dal 2023 di Euro 720,00/anno.

  • CCNL Tessili (Industria) – Elemento di garanzia retributiva

L’Elemento di Garanzia Retributiva, pari a Euro 300 lordi uguale per tutti i lavoratori, va erogato con la retribuzione dei mesi di gennaio di ogni anno ai lavoratori in forza il 1° gennaio di ogni anno ed aventi titolo in base alla situazione retributiva individuale rilevata nell’anno precedente, con assorbimento fino a concorrenza del valore dell’E.G.R. di quanto individualmente erogato.

  • CCNL Turismo (Anpit – Cisal) – Welfare

A partire dal 2023, il datore di lavoro erogherà al lavoratore, entro il 31 dicembre di ogni anno, il Welfare Contrattuale pari ai valori riportati nel testo del CCNL di riferimento.

  • Aumento dei minimi retributivi dal 1° gennaio 2023

A decorrere dal 1° gennaio 2023 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:

  • CCNL Abbigliamento (Industria);
  • CCNL Agricoltura (Impiegati);
  • CCNL Agricoltura (Operai);
  • CCNL Alimentari (Cooperative);
  • CCNL Alimentari (Industria);
  • CCNL Cartai (Industria);
  • CCNL Ceramica (Industria);
  • CCNL Consorzi ed enti di sviluppo industriale;
  • CCNL Dirigenti imprese pubbliche;
  • CCNL Dirigenti Industria;
  • CCNL Dirigenti Piccola Industria;
  • CCNL Edili (Piccola Industria);
  • CCNL Esattorie e tesorerie;
  • CCNL Guardie ai fuochi;
  • CCNL Lapidei (Industria);
  • CCNL Miniere, metallurgia;
  • CCNL Oleari e margarinieri;
  • CCNL Pesca marittima – Personale imbarcato (Cooperative);
  • CCNL Pompe funebri – Asnaf;
  • CCNL Servizi (Anpit – Cisal);
  • CCNL Studi dei revisori legali e tributaristi;
  • CCNL Tabacco (Lavorazione);
  • CCNL Tessili (Industria);
  • CCNL Turismo (Anpit – Cisal).
  • “Una tantum”

Nel mese di gennaio 2023 è prevista l’erogazione di importi a titolo di “una tantum” per i dipendenti i cui rapporti di lavoro sono disciplinati dai seguenti CCNL:

  • CCNL Commercio (Confcommercio);
  • CCNL Farmacie municipalizzate;
  • CCNL Imprese portuali.

Ispettorato Nazionale del Lavoro: chiarimenti su regime sanzionatorio per mancata concessione dei congedi familiari

L’emanazione del Decreto legislativo n. 105/2022 (c.d. “Decreto Equilibrio”), in attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, ha previsto novità in tema di congedi familiari. In particolare, sul punto, la nota n. 2414 del 6 dicembre 2022 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha adeguato il regime sanzionatorio ai nuovi obblighi imposti ai datori di lavoro in tema di fruizione di congedi familiari da parte dei dipendenti.

Le previsioni del decreto

Tra le varie misure, l’articolo 27 del decreto in argomento riconosce ai neo-padri un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro pari a 10 giorni lavorativi (raddoppiati in caso di parto gemellare), con retribuzione al 100% a carico di INPS. Tale periodo deve esser richiesto al datore di lavoro per iscritto e con un preavviso non inferiore a cinque giorni, salvo condizioni di miglior favore previste dal CCNL applicato al rapporto di lavoro.

Sono inoltre state previste ulteriori misure relative all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza, allo scopo di ottimizzare la conciliazione tra i due detti ambiti e di conseguire una più equa condivisione delle responsabilità e dei compiti di cura tra uomini e donne, promuovendo una effettiva parità di genere sia in ambito lavorativo che familiare e favorendo il superamento degli stereotipi.

Le disposizioni contenute nel decreto sopra menzionato, nelle intenzioni del legislatore, costituiscono dunque una riforma organica delle tutele e dei diritti preesistenti in materia di cura dei familiari e di conciliazione dei tempi di vita e lavoro, attuata mediante l’aggiornamento, il riordino e l’innovazione dell’assetto normativo sul tema.

L’impianto sanzionatorio

L’INL, nella sua nota, ha illustrato che, in caso di ostacolo o rifiuto da parte del datore di lavoro nel far usufruire dei congedi ai lavoratori, trovi applicazione una sanzione ammnistrativa da 516,00 Euro a 2.582,00 Euro. Inoltre, la violazione potrebbe costituire per il datore di lavoro un impedimento per l’ottenimento della certificazione di parità di genere.

In caso di ostacolo o rifiuto da parte del datore di lavoro di far usufruire al padre del congedo alternativo per le gravi situazioni (es. morte della madre), è punito con la sanzione penale dell’arresto fino a sei mesi e con il mancato conseguimento della certificazione di parità di genere.

Per la violazione del divieto di licenziamento da parte del datore di lavoro del neo-padre fino al complimento dell’anno del bambino, oltre che la nullità del licenziamento e tutto ciò che comporta, si applica la sanzione amministrativa da 1.032,00 Euro a 2.582,00 Euro. Si applica la medesima sanzione ammnistrativa nel caso in cui sia violato il diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Scatta, infine, la sanzione amministrativa da 516,00 Euro a 2.582,00 Euro nei casi di inosservanza dei riposi giornalieri per madre e padre, nonché per i figli portatori di handicap.

Viene precisato dall’INL che, nel regime transitorio per le nascite avvenute prima del 13 agosto 2022 (data di entrata in vigore del decreto in esame), valgono le tutele previste dal decreto per il diritto all’erogazione dell’indennità di mancato preavviso in caso di dimissioni entro l’anno del bambino e il divieto di licenziamento.

Vengono estesi, inoltre, i diritti di assistenza previsti per il coniuge e gli affini anche ai conviventi di fatto e alle unioni civili, previsti dalla Legge 104/1992.

La nota chiarisce, infine, che la richiesta dei congedi previsti di diritto da parte dei lavoratori, deve essere compatibile con il funzionamento ordinario dell’impresa, coordinandosi altresì con le esigenze della parte datoriale.

Ministero del Lavoro: certificazione parità di genere, esonero contributivo per le aziende

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero per le Pari Opportunità e la Famiglia e con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha emanato il Decreto 20 ottobre 2022, riguardante l’esonero contributivo per le aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere e ulteriori interventi per la promozione della parità salariale di genere e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, in attuazione della Legge n. 162/2021, articolo 5, comma 2, e dell’art. 1, comma 138,Legge n. 234/2021.

Oggetto del decreto

Al fine di attuare le disposizioni contenute negli articoli precedentemente richiamati, il decreto in esame ha definito:

  • i criteri e le modalità di concessione, con decorrenza dall’anno 2022, dell’esonero contributivo introdotto in favore delle aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere, di cui all’articolo 46-bis del D. Lgs. n. 198/2006 e successive modificazioni, usufruibile per il periodo di validità della medesima certificazione;
  • gli interventi finalizzati alla promozione della parità salariale di genere e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro da realizzare, a decorrere dal 2022, mediante il “Fondo per il sostegno della parità salariale di genere” del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Esonero contributivo in favore delle aziende private

Il decreto, all’articolo 2, prevede che le aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere, a partire dal 2022, possano beneficiare di un esonero contributivo così come disciplinato dagli articoli 3 e 4 del testo in esame. L’esonero potrà essere applicato per tutta la durata del periodo di validità della predetta certificazione.

Il beneficio, per i datori di lavoro, consiste nella possibilità di fruire di una riduzione nella misura dell’1% dei complessivi contributi previdenziali a proprio carico, fermo restando il limite massimo di Euro 50.000,00 su base annua. Qualora, in relazione ad un copioso numero di domande presentate, le risorse stanziate dovessero risultare insufficienti, il beneficio riconosciuto alle aziende sarebbe proporzionalmente ridotto.

Lo sgravio contributivo, secondo le disposizioni contenute nel decreto, sarà riparametrato su base mensile e fruito dai datori di lavoro in riduzione dei contributi previdenziali a loro carico, sulle mensilità relative al periodo di validità della certificazione della parità di genere. La validità della certificazione ha durata triennale ed è soggetta a monitoraggio annuale da parte di INPS. È bene precisare che le rappresentanze sindacali aziendali e i consiglieri e le consigliere di parità potranno, in base al D.M. del 29 aprile 2022, segnalare all’organismo di certificazione eventuali criticità riscontrate nell’azienda certificata.

Domanda di accesso all’esonero contributivo

Secondo quanto previsto dall’articolo 3, ai fini dell’ammissione all’esonero le aziende del settore privato, per il tramite del rappresentante legale o di un intermediario delegato, dovranno presentare domanda telematica all’INPS secondo le modalità operative che verranno poi indicate dall’Ente mediante specifiche istruzioni.

Le domande dovranno contenere le informazioni riguardanti:

  • i dati identificativi dell’azienda;
  • la retribuzione media mensile stimata relativa al periodo di validità della certificazione di parità di genere;
  • l’aliquota datoriale media stimata relativa al periodo di validità della certificazione;
  • le informazioni riguardanti la forza aziendale;
  • la dichiarazione sostitutiva, rilasciata ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, di essere in possesso della certificazione di parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e che l’azienda non sia incorsa in provvedimenti di sospensione dei benefici contributivi adottati dall’Ispettorato nazionale del lavoro ai sensi dell’articolo 46, comma 4, del medesimo decreto legislativo;
  • il periodo di validità della certificazione di parità di genere.

È bene precisare che, nel caso in cui sia disposta la revoca della certificazione, le imprese interessate saranno tenute a darne tempestiva comunicazione all’INPS e al Dipartimento per le pari opportunità.

Qualora un’impresa dovesse beneficiare indebitamente dell’esonero contributivo, questa sarà tenuta al versamento dei contributi non dovuti a fronte della riduzione contributiva, nonché al pagamento delle sanzioni previste dalle disposizioni di legge in materia. Resta salva l’eventuale responsabilità penale ove il fatto costituisca reato.

Illegittimo il licenziamento in caso di mancata affissione del regolamento aziendale (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, novembre 2022)

Con l’ordinanza n. 24722 dell’11 agosto 2022, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma, che ha dichiarato inefficace il licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore senza la previa affissione del codice disciplinare.

I fatti contestati riguardano il licenziamento di un lavoratore, il quale aveva lavorato alle dipendenze di un datore di lavoro sin dal 1993. Dal 2010, il dipendente era stato addetto in via esclusiva all’infilaggio di tubi di rame all’interno dei diaframmi di plastica costituenti una struttura portante denominata “castelletto”. 

Negli anni dal 2011 al 2013, il lavoratore aveva ricevuto varie contestazioni disciplinari per scarso rendimento e provvedimenti disciplinari di sospensione dal servizio e dalla retribuzione. In data 7 novembre 2013, lo stesso era stato licenziato con preavviso a seguito di una contestazione disciplinare con cui gli si addebitava “una voluta lentezza nello svolgere la mansione affidata”, unitamente alla recidiva specifica.

Il tribunale, sia in fase sommaria che nella successiva fase di opposizione, aveva rigettato la domanda, avendo accertato rendimenti del lavoratore (invalido civile al 50% ma giudicato idoneo alla mansione assegnatagli) pari o inferiori al 50% rispetto alla media produttiva del reparto dove questi era assegnato.

I giudici di appello, pertanto, hanno rilevato come “la contestazione disciplinare avesse ad oggetto la violazione, non di doveri fondamentali del lavoratore o del c.d. minimo etico”, che devono presumersi conosciuti da tutti, “bensì di una specifica regola tecnica di produttività”, legata ad un determinato standard medio fissato dall’azienda in base alla propria organizzazione produttiva e alla media raggiunta dagli altri dipendenti con identiche mansioni. In ragione di tali caratteristiche, dunque, il datore di lavoro avrebbe dovuto preliminarmente informare i lavoratori della rilevanza disciplinare della violazione della citata regola di produttività, mediante affissione del codice disciplinare in luogo accessibile a tutti.

La società, in sua difesa, avendo ricevuto nei precedenti gradi di giudizio tale contestazione ai sensi dell’art. 7, comma 1, della Legge 300/1970, ovverosia di non aver affisso il regolamento aziendale, ha richiesto l’ammissione della prova testimoniale, a integrazione del contradittorio, ma in entrambi i giudizi non è stata accolta l’eccezione della parte convenuta.

I giudici di ultima istanza, con l’ordinanza, hanno ritenuto legittimo il giudizio del giudice precedente e condannato la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Fringe Benefit, le novità di fine anno

I fringe benefit sono una forma di retribuzione in natura che il datore di lavoro può concedere al dipendente in aggiunta alla norma retribuzione mensile. Tipici esempi di fringe benefit sono l’auto aziendale, il buono carburante e il voucher spendibile presso centri commerciali o portali web.

Per questi tipi di erogazione, l’art. 51 comma 3 del TUIR prevede una specifica soglia di esenzione.

Le novità per il solo anno 2022, in particolare, riguardano i seguenti punti:

  • anzitutto, il limite di esenzione entro il quale il valore dei fringe benefit non verrà assoggettato a contributi e imposte è stato innalzato sino all’importo di 3.000 Euro, rispetto ai 258,23 Euro previsti dalla normativa ordinaria;
  • inoltre, sarà possibile includere tra i fringe benefit anche i rimborsi erogati dal datore di lavoro per le spese relative alle utenze domestiche dei dipendenti, come acqua, luce e gas.

Ricordiamo che, sempre per il solo anno 2022, è prevista una ulteriore soglia di esenzione fiscale per i buoni carburante, che non concorreranno a formare il redditto entro il valore di 200 Euro, da considerarsi in aggiunta rispetto ai 3.000 Euro dei fringe benefit.

Ministero del Lavoro: chiarimenti sugli obblighi formativi in costanza di integrazione salariale

È stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale del 28 ottobre 2022, il Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 2 agosto 2022, avente il seguente titolo: “Criteri e modalità per l’accertamento sanzionatorio di mancata attuazione dell’obbligo formativo da parte del lavoratore in costanza delle integrazioni salariali straordinarie”.

Le sanzioni applicabili in caso di omissione

Tale decreto ha dato attuazione al Decreto-legge n. 4/2022 come convertito in Legge n. 25/2022, il quale enuncia che i lavoratori beneficiari di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa debbano obbligatoriamente partecipare a corsi di formazione o riformazione professionale, come previsto dal D. Lgs. n. 148/2015. Il mancato assolvimento di tale obbligo comporta all’irrogazione di sanzioni ai lavoratori inadempienti. In particolare, questa è prevista nel caso in cui essi, senza giustificato motivo, non adempiano all’obbligo formativo.

La mancata partecipazione dei lavoratori beneficiari nella misura compresa tra il 25% e il 50% delle ore previste per ognuno dei corsi proposti senza valida giustificazione, prevede, in particolare, la decurtazione corrispondente a un terzo delle mensilità ricevute dal lavoratore del trattamento erogato, ferma restando comunque la sanzione minima di decurtazione di una mensilità.

Per quanto riguarda, invece, la mancata partecipazione ai corsi previsti in una misura del 50% e del 80%, questa comporta la decurtazione della metà delle mensilità di trattamento straordinario erogate al lavoratore, sempre ferma restando la sanzione minima detta in precedenza.

Per ciò che concerne, inoltre, la mancata partecipazione ai corsi previsti nella misura dell’80% e oltre da parte del lavoratore, la stessa comporta la decadenza dal trattamento di integrazione salariale.

I giustificati motivi dettagliati dal Decreto

Il decreto riconosce, altresì, dei giustificati motivi che fanno venire meno l’obbligo formativo. Questi sono, ad esempio, lo stato di malattia o infortunio, maternità, gravi motivi familiari documentati e per ultime le situazioni riguardanti gli obblighi giudiziari.

Il recupero dell’indennità, inoltre, non fa venir meno i periodi di contribuzione figurativa, né prevede la restituzione degli importi degli assegni al nucleo famigliare.

Ai fini ispettivi, per ciò che riguarda gli accertamenti di fine del trattamento di cassa integrazione, il decreto ha previsto che gli ispettori siano tenuti a controllare il concreto svolgimento della formazione secondo il programma aziendale presentato.

Qualora risultino assenze ingiustificate senza valido motivo dei lavoratori nei registri dell’ente responsabile della formazione, queste verranno segnalate alla sede INPS territorialmente competente al fine di procedere alla procedura sanzionatoria.

Le modalità di recupero dei trattamenti indebiti sono previste dalle procedure di INPS o degli altri fondi di solidarietà bilaterali alternativi previsti dall’art. 27 del D. Lgs. 148/2015.

Dicembre 2022: NOVITA’ E RINNOVI CCNL

  • CCNL Autostrade e trafori (Concessionari): elemento differenziato dalla retribuzione

Nel CCNL Autostrade e trafori (Concessionari), a decorrere dal 1° dicembre 2022, verrà istituito un importo Differenziato dalla Retribuzione (I.D.R. 2021) che dovrà essere erogato esclusivamente per 14 mensilità.

  • CCNL Commercio (Anpit – Cisal): welfare contrattuale

Per il mese di dicembre 2022 è previsto l’aumento dell’importo destinato a Welfare contrattuale che spetta a tutti i Lavoratori in forza, che abbiano superato il Patto di prova. Il Welfare Contrattuale deve considerarsi distinto e non assorbibile rispetto alle prestazioni di Welfare Aziendale, fruito in sostituzione del Premio di Risultato, in aggiunta agli eventuali benefici di analoga natura che già fossero presenti in Azienda.

  • CCNL Istituzioni socio-assistenziali – Misericordie: quota di produttività

Si prevede la sospensione dell’erogazione della quota di produttività ex art. 48 riferita all’anno 2021, al fine di verificarne quantità e modalità di erogazione a seguito del processo di unificazione contrattuale con Anpas. In caso di mancata sottoscrizione del nuovo contratto unificato entro il 30 settembre 2022 le quote saranno corrisposte secondo le modalità previste nell’articolato contrattuale 2010/2012 sullo stipendio di dicembre 2022.

  • CCNL Lavanderie e tintorie: elemento di garanzia retributiva

L’elemento di perequazione erogata con la retribuzione del mese di dicembre è pari a 200 euro lordi per l’anno 2021 e verrà aumentato a 230 euro nell’anno 2022, ed a 260 euro a decorrere dall’anno 2023.

  • CCNL Metalmeccanici (Industria): retribuzione

Ai lavoratori in forza al 31 dicembre 2008 a cui si applicava la Disciplina Speciale, Parte Prima, a partire dall’anno 2009 con la retribuzione del mese di dicembre va riconosciuta un’erogazione annua ragguagliata a 11 ore e 10 minuti quale Elemento individuale annuo di mensilizzazione non assorbibile ex C.C.N.L. 20 gennaio 2008.

In caso di risoluzione del rapporto di lavoro al lavoratore spetterà il pagamento dell’Elemento sopra definito in proporzione dei dodicesimi maturati. La frazione di mese superiore ai 15 giorni sarà considerata, a questi effetti, come mese intero.

  • CCNL Occhiali (Industria): elemento di garanzia retributiva

In assenza di contrattazione collettiva aziendale, o nel caso in cui la contrattazione si chiudesse senza un formale accordo entro il mese di novembre di ciascun anno, verrà erogata con la retribuzione del mese di dicembre una somma lorda annua a titolo perequativo, onnicomprensiva e non incidente sul TFR.

Tale importo lordo, con decorrenza dall’anno 2020, sarà pari a euro 330,00 annui e sarà erogato con la retribuzione di dicembre di ciascun anno.

  • CCNL Penne, matite e spazzole (Industria): elemento di garanzia retributiva

In assenza di contrattazione collettiva aziendale, o nel caso in cui la contrattazione si chiudesse senza un formale accordo entro il mese di novembre di ciascun anno, verrà erogata con la retribuzione del mese di dicembre una somma lorda annua a titolo perequativo, onnicomprensiva e non incidente sul TFR.

Tali importi lordi saranno pari a euro 275,00 per il 2020 ed euro 300,00 per gli anni successivi. Tali importi saranno erogati con la retribuzione di dicembre di ciascun anno.

  • CCNL Studi Professionali – Amministratori di condominio: welfare contrattuale

Il Datore di lavoro mette a disposizione un Welfare Contrattuale pari al valore minimo annuo di euro 1.200 per il personale Quadro e di euro 600 per la restante parte del personale.

Tale Welfare sarà a disposizione di tutti i lavoratori in forza che abbiano superato il Patto di prova all’atto dell’accredito, nella misura del 50% nel mese di luglio e, per il restante 50%, nel mese di dicembre (1° versamento: luglio 2022; 2° versamento: dicembre 2022).

  • CCNL Telecomunicazioni: fondo di previdenza

La contribuzione al Fondo a carico delle Aziende viene elevata all’1,4% della retribuzione assunta a base della determinazione del Trattamento di Fine Rapporto, a decorrere dal 1° dicembre 2022.

  • CCNL Scuole materne – Fism: welfare contrattuale

Per gli anni 2022 e 2023, entro e non oltre il 20 dicembre di ciascun anno, gli Enti mettono a disposizione di ciascun lavoratore strumenti di welfare del valore di 200,00 euro da utilizzare entro il 19 dicembre dell’anno successivo.

  • CCNL Ferrovie dello Stato: welfare aziendale

Qualora, alla data del 31 dicembre 2022, il lavoratore non abbia destinato o utilizzato tutto o parte dell’Una Tantum Welfare o sia cessato nel periodo intercorrente tra la sottoscrizione dell’accordo del 22 marzo 2022 e l’utilizzabilità di tali somme, al lavoratore non verrà riconosciuta alcuna liquidazione monetaria e la somma non fruita sarà destinate al Fondo Pensione Complementare Eurofer. In caso di trasferimento della posizione del lavoratore ad un’altra forma pensionistica complementare, l’azienda non disporrà alcun versamento della somma.

  • CCNL Petrolio (Industria Privata): previdenza complementare

Le Parti, riconoscendo il valore sociale della previdenza complementare, concordano di incontrarsi a livello nazionale entro il 31 dicembre 2022 per individuare e definire le modalità più opportune al fine di destinare al fondo di previdenza di categoria la somma di 6 euro riparametrati per livello, temporaneamente allocata ai fini del presente rinnovo sull’EDR.

  • Aumento dei minimi retributivi dal 1° dicembre 2022

A decorrere dal 1° dicembre 2022 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:

  • CCNL Ceramica (Artigianato);
  • CCNL Ceramica, chimica (Piccola Industria – fino a 49 dipendenti);
  • CCNL Chimici, gomma, plastica, vetro (Artigianato);
  • CCNL Credito;
  • CCNL Grafici, editoriali (Artigianato);
  • CCNL Istituzioni socio-assistenziali – Agidae;
  • CCNL Lavanderie e tintorie (Artigianato);
  • CCNL Lavanderie e tintorie (Assosistema);
  • CCNL Metalmeccanici (Artigianato);
  • CCNL Metalmeccanici (Artigianato) Conflavoro;
  • CCNL Occhiali (Artigianato);
  • CCNL Odontotecnici;
  • CCNL Orafi e argentieri (Artigianato);
  • CCNL Ortofrutticoli ed agrumari;
  • CCNL Tessili (Artigianato);
  • CCNL Tessili (Piccola industria).
  • “Una tantum”

Nel mese di dicembre 2022 è prevista l’erogazione di importi a titolo di “una tantum” per i dipendenti i cui rapporti di lavoro sono disciplinati dai seguenti CCNL:

  • CCNL Barbieri, parrucchieri ed acconciatori;
  • CCNL Federcasa;
  • CCNL Panificatori – Confesercenti;
  • CCNL Panificatori – Federpanificatori.

Agenzia delle Entrate: redditi di lavoro dipendente e tassazione separata

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 468 del 22 settembre 2022, ha fornito alcuni chiarimenti in merito agli emolumenti corrisposti nell’anno successivo a quello di maturazione, in virtù di contratti collettivi integrativi, ed il relativo regime di tassazione, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera b), del TUIR. La richiesta dell’instante è stata volta a comprendere quale tipo di tassazione potesse essere applicabile a singole casistiche di corresponsione tardiva scaturenti dal rinnovo di un contratto collettivo nazionale integrativo.

Riferimenti normativi

La normativa di riferimento utile al caso in specie al fine di determinare la tipologia di tassazione da applicare è rinvenibile negli articoli 17 e 51 del TUIR, i quali sanciscono rispettivamente quali redditi siano soggetti a tassazione separa e il c.d. principio di cassa.

L’articolo 51, comma 1, del TUIR prevede, in particolare, che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro» determinati, ai fini dell’imputabilità fiscale, secondo il principio di cassa.

Data la progressività delle aliquote IRPEF e al fine di attenuare gli effetti negativi derivanti dalla rigida applicazione del predetto principio, l’articolo 17, comma 1, lettera b), del TUIR prevede che siano soggetti a tassazione separatagli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti, o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti”.

Applicazione tassazione separata – prassi

Ai fini una corretta applicazione della tassazione separata, negli anni, l’autorità fiscale si è espressa allo scopo di chiarire quali situazioni di diritto potessero essere conformi ai requisiti richiesti dall’articolo 17. Con le circolari n. 55/E/2001 e n. 43/E/2004, l’Agenzia delle Entrate ha delineato che le situazioni che possono in concreto assumere rilevanza ai fini della tassazione separata sono di due tipi:

  • quelle di “carattere giuridico”: che consistono nel sopraggiungere di norme legislative, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi, ai quali è sicuramente estranea l’ipotesi di un accordo tra le parti in ordine ad un “rinvio” o “rectius” (ritardo) del tutto strumentale ai fini del pagamento delle somme spettanti;
  • quelle consistenti in “oggettive situazioni di fatto”, che impediscono il pagamento delle somme riconosciute entro i limiti di tempo ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti d’imposta, causandone il “ritardo”.

L’Agenzia, nella sua risposta, prosegue precisando che l’applicazione del regime di tassazione separata deve intendersi escluso ogni qualvolta che il pagamento degli emolumenti in un periodo successivo a quello di maturazione derivi dal rispetto dei tempi tecnici e che, pertanto, il ritardo abbia naturafisiologica”. In questa casistica, come chiarito dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 379/E/2002, rientrano gli emolumenti variabili pagati in relazione al raggiungimento di determinati obiettivi su base annua corrisposti nell’anno successivo a quello in cui gli obiettivi fanno riferimento. In questo caso, è la stessa natura degli emolumenti che comporta l’erogazione nell’anno successivo. Pertanto, l’applicazione della tassazione separata non è ammissibile in quanto l’erogazione differita è “fisiologica” in considerazione della natura della corresponsione e inoltre non deriva da una causa giuridica.

Al contrario, nel caso in cui ricorra una delle “cause giuridiche” previste nell’articolo 17, comma 1, lettera b), non si rende necessario effettuare alcuna valutazione in merito alle cause del ritardo al fine di individuare se questo rectius possa essere di tipo fisiologico. Il legislatore ha previsto che, indipendentemente dalla natura degli emolumenti, è sufficiente che l’erogazione avvenga in un periodo d’imposta successivo rispetto a quello di competenza per effetto della stipula del contratto collettivo, anche decentrato, per realizzare le condizioni necessarie all’applicazione della tassazione separata. Al contrario, l’indagine in ordine al “ritardo” deve essere sempre effettuata quando questo sia scaturito da “circostanze di fatto”.

Tipologie di erogazione e relativa tassazione

L’istante rappresenta che è stato stipulato, in data 25 ottobre 2021, il contratto collettivo nazionale integrativo relativo agli anni 2020 e 2021 il quale definisce (i) i criteri di assegnazione, (ii) le somme e le indennità da lavoro dipendente e (iii) i compensi incentivanti. Per effetto della stipula la società potrà corrispondere i compensi relativi alle differenze stipendiali solo a decorrere dal 2022. L’Agenzia delle Entrate assume, in linea con quanto sopra illustrato, che l’erogazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello di riferimento in presenza e in attuazione di un contratto collettivo e che dunque possa essere applicata la tassazione separata.

L’istante rappresenta altresì che, per effetto del medesmo CCNL integrativo, sono state previste somme a titolo di “retribuzione accessoria” costituita da differenti componenti, tra cui incentivazione ordinaria e variabile.

La corresponsione di questa retribuzione accessoria è collegata al raggiungimento di obiettivi di performance organizzativa per gli anni 2020 e 2021 per il quale pagamento verrà effettuata una verifica trimestrale al fine di disporre un pagamento pro quota in acconto nel limite del 15% nei mesi di maggio, agosto, novembre e marzo dell’anno successivo. L’erogazione dei saldi per l’incentivazione ordinaria e speciale sarà commisurata ai risultati di performance definiti sull’intero anno di riferimento e corrisposta successivamente.

L’Agenzia delle Entrate stabilisce che le somme relative alle retribuzioni accessorie relative all’anno 2020, essendo il contratto stato sottoscritto in ottobre 2021, saranno soggette all’applicazione della tassazione separata mentre, con riferimento alle componenti accessorie del 2021, la sottoscrizione del contratto nel medesimo anno di riferimento non costituisce una causa giuridica sopravvenuta che possa giustificare la tassazione separata pertanto le somme saranno soggette ad ordinaria imposizione IRPEF.

L’erogazione del quarto acconto nel mese di marzo dell’anno successivo a quello di riferimento viene erogato anche in mancanza della sottoscrizione del CCNI dell’anno di riferimento, in quanto si considera “ultrattiva” la norma del più recente accordo sottoscritto. Pertanto, essendo previsto contrattualmente e pagato anche in mancanza della relativa sottoscrizione, l’Agenzia delle Entrate non ritiene che tale acconto rientri tra i redditi ai quali possa essere applicata la tassazione separata in quanto il ritardo è scaturente dalla fisiologia dell’emolumento.

Licenziamento per giusta causa, niente tutela indennitaria “forte” se il fatto causante è punito con sanzione conservativa dal CCNL (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, ottobre 2022)

Con la sentenza n. 24438 dell’8 agosto 2022, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla legittimità del licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore dipendente per l’inosservanza del regolamento aziendale.

In particolare, il lavoratore era impiegato da una struttura alberghiera con la mansione di fattorino. Lo stesso, stando alla ricostruzione dei fatti, si era recato presso la struttura alberghiera al di fuori dell’orario di lavoro e ivi aveva stazionato in attesa di ospiti da accompagnare, come da precedenti accordi. Di fatto, però, il lavoratore decideva di accompagnare repentinamente, con il proprio mezzo, altri ospiti in attesa del taxi, nonostante i colleghi di servizio avessero cercato di dissuaderlo, con conseguente danno all’immagine dell’hotel.

Sul punto, la Corte di appello di Catania, accogliendo il reclamo principale presentato dal datore di lavoro avverso la pronuncia del tribunale locale, dichiarava risolto il rapporto di lavoro fra le parti dalla data del licenziamento e condannava la società al pagamento, in favore del lavoratore, di una indennità risarcitoria onnicomprensiva pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

La Corte territoriale, a fondamento di tale decisione, considerava che per le conseguenze sanzionatorie, non potendosi opinare il fatto grave per la unicità dell’episodio e per gli effetti da esso determinati, la sanzione espulsiva appariva sproporzionata e, pertanto, escludeva la tutela ex art. 18, co. 4, Legge n. 300/1970, applicando la tutela indennitaria cd. “forte” ex art. 18, co. 5.

Avverso detta sentenza, il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione, cui il datore di lavoro resisteva con controricorso. In particolare, il ricorso si basava su distinti motivi. In particolare, il lavoratore sosteneva che la Corte di merito, disattendendo i principi in materia, fosse entrata in palese contraddizione nella motivazione della sentenza affermando, da un lato, che il comportamento sanzionato non era meritevole dell’effetto espulsivo e, dall’altro, confermando il licenziamento intimato. Inoltre, veniva sottolineato che le circostanze rassegnate dal datore di lavoro erano perfettamente tipicizzate e disciplinate dal CCNL, che prevede l’applicazione di una misura conservativa, non potendo la ipotesi contestata rientrare nella misura più grave prevista dallo stesso CCNL.

Il motivo in esame veniva ritenuto fondato da parte della Corte di Cassazione. Nel dettaglio, la Suprema Corte ha illustrato come il CCNL applicato al rapporto di lavoro preveda, “in ipotesi di inosservanza di leggi, disposizioni, regolamenti ed obblighi di servizio che rechino pregiudizio agli interessi del datore”, la sospensione del lavoro fino a sette giorni. Il CCNL stesso, “qualora le sopra citate ipotesi rivestano particolare gravità e sempre che tale gravità non sia diversamente perseguibile”, dispone altresì la sospensione dal lavoro da otto a dieci giorni.

Viene precisato, sul punto, che per la configurabilità di un licenziamento per giusta causa occorre che “l’inosservanza di disposizioni, regolamenti ed obblighi di servizio, già di per sé grave, presenti un ulteriore “surplus” di gravità”; pertanto, è necessario essere in presenza di una gravità “massima ed estrema”, non era ravvisabile nella fattispecie in esame, avendo riguardo al carattere episodico ed isolato del fatto contestato. La Corte territoriale opinava, quindi, che la sanzione espulsiva risultava “eccessiva e sproporzionata”.

Tutto quanto sopra considerato, i giudici della Cassazione osservavano che, una volta esclusa, da parte della Corte territoriale, l’applicabilità dell’art. 204 CCNL, che consente in particolari ipotesi di gravità massima ed estrema la sanzione espulsiva, i giudici di seconde cure “avrebbero dovuto valutare la applicazione o della disposizione dell’art. 202 o di quella dell’art. 203 del CCNL che puniscono, con sanzioni conservative, la stessa condotta, ritenuta dimostrata, non connotata da quel tipo di gravità, senza procedere ad un giudizio di proporzionalità della sanzione applicata”.

In altri termini, se non era applicabile l’art. 204 CCNL – come pacificamente ammesso dalla Corte di appello – la fattispecie era automaticamente regolata o dall’art. 202 e dall’art. 203 CCNL, che disciplinano la medesima condotta senza, però, quel “surplus” di gravità richiesto dalla prima disposizione citata, non essendo, quindi, possibile ricorrere all’esame della sproporzionalità della sanzione qualora si sia in presenza, cioè, di una previsione della contrattazione collettiva che preveda, per quel comportamento, una sanzione conservativa.

Il motivo di ricorso da parte del lavoratore veniva quindi accolto, con rinvio alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione.

Novembre 2022: NOVITA’ E RINNOVI CCNL

  1. Aumento dei minimi retributivi dal 1° novembre 2022

A decorrere dal 1° novembre 2022 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:

  • CCNL Allevatori e consorzi zootecnici;
  • CCNL Attività ferroviarie;
  • CCNL Calzaturieri (Piccola Industria);
  • CCNL Ferrovie dello Stato;
  • CCNL Giocattoli, modellismo (Piccola Industria);
  • CCNL Occhiali (Piccola Industria);
  • CCNL Pelli e cuoio (Piccola Industria);
  • CCNL Penne, matite e spazzole (Piccola Industria);
  • CCNL Servizi ausiliari (Anpit – Cisal);
  • CCNL Terziario, servizi (Cifa/Confsal);
  • CCNL Tessili (Piccola Industria);
  1. “Una tantum”

Nel mese di novembre 2022 è prevista l’erogazione di importi a titolo di “una tantum” per i dipendenti i cui rapporti di lavoro sono disciplinati dai seguenti CCNL:

  • CCNL Agenzia di viaggio e turismo (Confcommercio);
  • CCNL Autoferrotranvieri – mobilità;
  • CCNL Ceramica, chimica (Piccola Industria – Fino a 49 dipendenti).

INPS: nuove regole per la fruizione del congedo di maternità flessibile

L’INPS, con la circolare n. 106 del 29 settembre 2022, ha fornito nuove istruzioni per le lavoratrici madri che intendano usufruire del congedo di maternità flessibile e per coloro che esercitino la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto. Le due disposizioni oggetto di chiarimenti da parte dell’INPS sono, rispettivamente, contenute nell’articolo 20 e nell’articolo 16 comma 1.1 del Testo Unico sulla maternità, Decreto Legislativo n. 151/2011.

Normativa e prassi vigenti ante circolare: opzione di flessibilità

Il decreto legislativo di riferimento, all’art. 16, prevede che sia fatto divieto di adibizione al lavoro delle donne durante i due mesi precedenti la data presunta del parto e durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto disposto dal successivo articolo 20.

Oltre a questa modalità di fruizione del congedo obbligatorio di maternità, la normativa ha previsto che la lavoratrice madre possa fruire del congedo in forma flessibile, cioè posticipando il periodo di astensione lavorativa a decorrere da un mese prima la data presunta del parto, usufruendo, di conseguenza, di quattro mesi di congedo successivamente alla data effettiva del parto. Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 43/2000, ha fornito indicazioni sulle modalità di esercizio della facoltà di fruizione del congedo in forma flessibile, prevedendo che “la lavoratrice che intende avvalersi dell’opzione in discorso deve presentare apposita domanda al datore di lavoro e all’ente erogatore dell’indennità di maternità, corredata della o delle certificazioni sanitarie […] acquisite nel corso del settimo mese di gravidanza”. Successivamente sul punto, l’INPS ha stabilito, con circolare n. 152/2000, che “la lavoratrice che intende usufruire della flessibilità dell’astensione obbligatoria dovrà presentare domanda […], corredata della certificazione dello specialista ginecologo del S.S.N. […] nonché della certificazione del competente medico di azienda” qualora la mansione svolta sia oggetto di sorveglianza sanitaria, verificando che la domanda presentata fosse conforme alle disposizioni e che fosse redatta nel corso del settimo mese di gravidanza.

Inoltre, l’istituto previdenziale ha previsto che, qualora le attestazioni sanitarie non fossero state redatte nel corso del settimo mese di gravidanza, le stesse non avrebbero consentito di continuare l’attività lavorativa nei giorni dell’ottavo mese, comportando la completa reiezione dell’opzione di flessibilità, con il conseguente calcolo del periodo di maternità secondo le modalità ordinarie.

A distanza di qualche anno, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10180/2013, ha disposto che, anche qualora la lavoratrice abbia continuato a svolgere attività lavorativa nel corso dell’ottavo mese e avesse presentato il certificato medico oltre il settimo mese, la stessa avrebbe comunque avuto il diritto di astenersi per congedo di maternità fino al quarto mese successivo alla nascita, percependo dall’INPS la relativa indennità. La Suprema Corte, in detta sentenza, ha altresì affermato che il periodo complessivo dei cinque mesi non è disponibile e che anche la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti non possa comportare la perdita della misura garantita per legge.

Flessibilità del congedo di maternità: le nuove istruzioni

Con la circolare in argomento, al fine di contrastare l’aumento dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali, l’INPS ha apportato delle modifiche alla procedura di richiesta di flessibilità del congedo di maternità al fine di garantire una maggiore elasticità procedurale e favorire una maggior tutela alle lavoratrici madri.

Nel dettaglio, l’INPS ha previsto che la documentazione sanitaria necessaria in fase di richiesta della flessibilità del congedo di maternità, ovverosia il certificato medico del ginecologo convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale e quello del medico del lavoro in caso di mansione soggetta a sorveglianza sanitaria, non dovranno più essere inviati all’Istituto, ma solamente al datore di lavoro o committente. Non è più richiesto, inoltre, che la lavoratrice alleghi la dichiarazione del datore di lavoro relativa alla non obbligatorietà del medico responsabile della sorveglianza sanitaria sul luogo di lavoro.

A fronte della circolare in commento, l’INPS ha comunicato che tutte le lavoratrici madri che abbiano fatto domanda di flessibilità e che si siano viste negare, da parte dell’istituto stesso, l’indennizzo del quinto mese di maternità a fronte di un ritardo nella produzione dei certificati, potranno agire al fine di vedersi riconosciuta l’indennità non percepita, al netto dell’eventuale prescrizione sopravvenuta.

Astensione dal lavoro esclusivamente dopo il parto

In alternativa alla modalità ordinaria di fruizione del congedo di maternità e alla possibilità di flessibilità, la normativa di riferimento, all’articolo 16 comma 1.1, prevede “la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso”.

Nella circolare n. 148/2019, l’INPS aveva fornito indicazioni operative da adottare al fine di poter proseguire l’attività lavorativa fino alla data presunta del parto o fino all’evento del parto, prevedendo quale fosse la documentazione medica necessaria che la lavoratrice fosse tenuta a produrre.

Anche in questo caso, con la circolare INPS n. 106/2022 in trattazione, l’istituto ha precisato che le attestazioni mediche che in precedenza dovevano essere allegate alla domanda telematica inoltrata all’istituto, a seguito della pubblicazione della circolare, non dovranno più essere prodotte all’INPS, ma solamente al proprio datore di lavoro prima dell’inizio dell’ottavo mese di gravidanza.

Resteranno, pertanto, valide le indicazioni contenute nel paragrafo 1.1. della circolare INPS n. 148/2019, il quale dispone che:

  • i medici competenti al rilascio delle attestazioni mediche previste per legge siano esclusivamente i medici specialisti del Servizio Sanitario Nazionale – o quelli con lo stesso convenzionati – e i medici del lavoro competenti ai fini della prevenzione e tutela della salute sui luoghi di lavoro, per le mansioni ove è previsto;
  • la documentazione medica debba essere prodotta nel corso del settimo mese di gravidanza; oppure, nel caso in cui la lavoratrice abbia preventivamente richiesto la flessibilità – e quindi abbia già prodotto i relativi certificati nel corso del settimo mese – l’acquisizione della certificazione medica per l’autorizzazione al lavoro fino alla data presunta del parto può essere prodotta anche entro la fine dell’ottavo mese di gestazione;
  • il termine fino a cui la lavoratrice potrà prestare attività lavorativa, ovverosia fino alla data presunta del parto o la data effettiva del parto, deve essere chiaramente individuato.

Infine, è bene precisare che resta vigente l’obbligo, per le gestanti, di effettuare la trasmissione all’INPS del certificato telematico di gravidanza attraverso il medico del SSN o con esso convenzionato attraverso il canale telematico previsto dalla circolare INPS n. 82/2017.

Ispettorato Nazionale del Lavoro: precisazioni in merito ai congedi e permessi per genitori e prestatori di assistenza

Con la nota n. 9550 del 6 settembre 2022, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito i primi chiarimenti sulle novità contenute nel Decreto Legislativo n. 105/2022 (cd. “Decreto conciliazioni vita-lavoro”, di seguito anche il “Decreto”), che ha previsto un ampliamento di tutele e diritti delle figure genitoriali e dei cd. “caregiver” familiari.

Congedo di paternità obbligatorio

Rispetto alla previgente disciplina, è stato introdotto dal Decreto l’articolo 27-bis del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (anche noto come “Testo unico della maternità e paternità”, di seguito anche “T.U.”), in merito al congedo di paternità obbligatorio. Tale integrazione stabilisce che il padre lavoratore, dai due mesi precedenti alla data presunta del parto ed entro i 5 mesi successivi, si astenga dal lavoro per un periodo di 10 giorni non frazionabile a ore, da utilizzare anche in maniera discontinua. Tale congedo si aggiunge al congedo di paternità alternativo, disciplinato dall’art. 28 T.U., spettante al padre in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, in alternativa al congedo di maternità.

Caratteri principali della misura

Per quanto riguarda le peculiarità, l’ITL precisa che:

  • spetta per un periodo di dieci giorni lavorativi;
  • è fruibile dai due mesi precedenti la data presunta del parto fino ai cinque mesi successivi alla nascita;
  • non è frazionabile ad ore ma può essere utilizzato anche in modo non continuativo;
  • è fruibile anche in caso di morte perinatale del figlio, entro lo stesso arco temporale;
  • si applica anche al padre adottivo o affidatario;
  • può essere fruito anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice;
  • è compatibile con la fruizione (non negli stessi giorni) del congedo di paternità alternativo nei casi previsti dall’articolo 28 del T.U.;
  • dà diritto a un’indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione, in particolare, il trattamento economico e normativo è determinato ai sensi dell’art. 22, cc. da 2 a 7, e dell’art. 23 (art. 29 T.U. nuova formulazione) e il trattamento previdenziale è quello previsto dall’art. 25 (art. 30 T.U. nuova formulazione);
  • è raddoppiato a 20 giorni, in caso di parto plurimo.

Rimangono vigenti al periodo protetto per quanto riguarda dimissioni, divieto di licenziamento e preavviso.

Congedo parentale per genitori lavoratori dipendenti

L’articolo 2, comma 1, lettera i), del Decreto Legislativo n. 105/2022 ha modificato il comma 1 dell’articolo 34 del T.U., disponendo che, alla madre e al padre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino spetta un periodo indennizzabile a titolo di congedo parentale di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore; entrambi i genitori hanno, altresì, diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (e non più 6 mesi).

Restano invariati i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori previsti dall’articolo 32 del T.U.

Le modifiche in materia di congedo parentale trovano applicazione anche in caso di adozione nazionale ed internazionale e di affidamento. Pertanto, la sopra citata indennità del 30 per cento è dovuta, per il periodo massimo complessivo previsto dei 9 mesi, entro i 12 anni dall’ingresso del minore in famiglia e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età (art. 36, c. 3, T.U.).

Si evidenzia che, secondo la previsione contenuta nel comma 5 dell’art. 34 T.U. nuova formulazione, i periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza in servizio, salvo eventuali discipline di maggior favore della contrattazione collettiva.

Congedo straordinario anche per le “unioni civili”

Secondo la nuova disciplina entrata in vigore il 13 agosto 2022, nell’ordine di priorità, al coniuge convivente sono stati equiparati la parte dell’unione civile convivente e il convivente di fatto di cui all’articolo 1, comma 36, della Legge n. 76/2016, della persona disabile in situazione di gravità.

È stato previsto, inoltre, che il congedo possa essere fruito entro 30 giorni (e non più 60) dalla richiesta, oltre alla possibilità di instaurare la convivenza anche successivamente alla presentazione della domanda, purché sia garantita per tutta la fruizione del congedo.

Permessi “alternati” di cui all’articolo 33 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104

Il nuovo art. 33, comma 3, della Legge n. 104/1992, come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera b), n. 2), del Decreto, nel riferirsi espressamente anche al lavoratore dipendente pubblico, individua tra i titolari del diritto ai permessi anche la parte di un’unione civile e il convivente di fatto. È stabilito, inoltre, che fermo restante il limite complessivo dei tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto ai permessi può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro, eliminando così il “referente unico dell’assistenza”.

Priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale

In conseguenza della modifica dell’art. 8, c. 4, del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ad opera dell’art. 5, c. 1, lett. a) del Decreto, viene riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, in caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti, oltre che il coniuge, la parte di un’unione civile del soggetto coinvolto.

HR BREAKFAST “Gender Gap: cosa c’è da sapere e da fare” (De Luca & Partners – HR Capital, 18 ottobre 2022)

Martedì 18 ottobre, De Luca & Partners e HR Capital hanno organizzato un nuovo HR Breakfast.

I relatori Stefania Raviele, Salary Partner di De Luca & Partners, Claudia Cerbone, Associate di De Luca & Partners e Roberta De Felice, Consulente del Lavoro di HR Capital S.r.l., hanno fatto il punto sul Gender Gap, con un focus tecnico e normativo sulla parità di genere, sul “nuovo” concetto di discriminazione e sul percorso di certificazione, illustrando i vantaggi per i datori di lavoro.

FOCUS

“Con il termine Gender Gap si indica il divario fra il genere maschile e femminile nel mondo. L’Italia nel luglio 2021, ispirandosi alla strategia europea, ha predisposto la Strategia Nazionale sulla Parità di Genere 2021-2025, di cui la prima espressione è stata la Legge n. 162/2021 sulla parità salariale.

La Legge n. 162/2021 recante modifiche al Codice delle Pari Opportunità è finalizzata a favorire l’occupazione femminile in condizioni di parità di salario e opportunità di crescita professionale con gli uomini.

La Legge n. 162/2021 introduce due importanti misure:

  • il nuovo sistema di «Certificazione della Parità di Genere», che ha stabilito nuovi standard di parità di genere da adottare nelle imprese tramite un meccanismo premiale che dovrebbe fungere da incentivo.
  • l’introduzione del «Rapporto Periodico sulla Situazione del Personale Maschile e Femminile», che ha rafforzato gli obblighi informativi delle imprese di medie e grandi dimensioni.

Quanto sopra, anche nell’ottica della c.d. “diversity and inclusion” e, dunque, quale grande opportunità per le aziende di porsi nei confronti dei competitor in una nuova ottica, sia in termini di reputazione che di produttività.

AGENDA:

  • Perché nasce l’esigenza di parlare del Gender Gap;
  • Che cosa di intende per “Gender Gap” e “Gender pay Gap”;
  • La normativa italiana sulla parità di genere;
  • La Legge n. 162/2021 sulla parità salariale;
  • La discriminazione sul lavoro diretta e indiretta;
  • La certificazione sulla parità di genere;
  • Il rapporto periodico sulla situazione del personale Maschile e Femminile;
  • “Brand reputation” e “diversity and inclusion”.

Info a: comunicazione@hrcapital.it

Lavoro durante il congedo straordinario: è legittimo il licenziamento (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, settembre 2022)

Con la sentenza n. 21773 dell’8 luglio 2022, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla legittimità del licenziamento per giusta causa intimato ad una dipendente sorpresa, durante il periodo di congedo straordinario concessole, a lavorare presso il negozio di cui era titolare il compagno, anch’egli dipendente della società.

In particolare, la Corte d’appello di Bologna aveva respinto, in secondo grado, il reclamo proposto dalla lavoratrice, confermando la sentenza di primo grado con cui la donna si era vista rigettare l’impugnativa del licenziamento per giusta causa intimato dal datore di lavoro. Detto licenziamento, avvenuto nell’agosto 2016, veniva comunicato alla dipendente per avere lavorato presso il negozio di cui era titolare il compagno durante il periodo di congedo straordinario concessole per assistere la figlia portatrice di handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’art. 42, comma 5, D.Lgs. 151/2001.

La dipendente era stata colta sul fatto da parte di un investigatore privato, incaricato dalla società datrice di lavoro di pedinare il compagno della stessa, anch’egli proprio dipendente. Quest’ultimo, in particolare, era stato sorpreso a lavorare presso il medesimo negozio – di cui era titolare – nel corso di un’assenza per malattia.

A seguito del licenziamento e avverso le pronunce dei primi due gradi di giudizio, dunque, la lavoratrice ricorreva in Cassazione con diversi motivi di doglianza.

Nel dettaglio, la dipendente riteneva che non fosse stato effettivamente individuato l’oggetto dell’onere probatorio in merito alla giusta causa di licenziamento, che la sentenza impugnata ha ritenuto essere stato assolto dal datore di lavoro. Inoltre, la lavoratrice lamentava lo scarso approccio critico della Corte d’appello ai vari elementi di prova raccolti dal datore di lavoro: a dire della donna, infatti, la Corte d’appello avrebbe recepito “senza il necessario apprezzamento critico le relazioni investigative, le foto e i filmati alle stesse allegati, nonché le dichiarazioni rese dagli investigatori escussi come testimoni, senza neppure rilevare le contraddizioni in cui questi ultimi sarebbero incorsi”.

Nell’ambito del terzo grado di giudizio, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibili i motivi avanzati dalla lavoratrice e ha rigettato il ricorso. Nel dettaglio, i giudici hanno ritenuto che, in secondo grado, i giudici di merito non abbiano considerato gli elementi suddetti come facenti piena prova, bensì abbiano valutato gli stessi “unitariamente agli altri dati probatori acquisiti”, ritenendo che fossero, nel complesso, adatti a dare dimostrazione della condotta contestata alla lavoratrice mediante il licenziamento.

Ottobre 2022: NOVITA’ E RINNOVI CCNL

  • CCNL Casse rurali ed artigiane: assistenza sanitaria integrativa e fondo pensione

La contribuzione al Fondo Pensione Nazionale per il personale delle Banche di Credito Cooperativo viene ulteriormente incrementata a decorrere dal mese di ottobre 2022. In particolare, l’aliquota contributiva a carico del lavoratore è aumentata dello 0,10%.

  • CCNL Cemento, calce (Industria): contributi contrattuali

Sulla retribuzione da corrispondere nel mese di ottobre 2022 ai lavoratori non iscritti a Feneal – Uil, Filca – Cisl e Fillea – Cgil, i quali non hanno manifestato espressamente la non accettazione, le aziende devono effettuare la trattenuta a titolo di contributo contrattuale.

  • CCNL Concerie (Industria): fondo di previdenza

A decorrere dal 1° ottobre 2022, il contributo a carico dell’azienda, sui minimi tabellari, è pari al 2,00%.

  • CCNL Edili (Industria): formazione e trasferta

A far data dal 1° ottobre 2022 è istituita un’apposita aliquota contributiva pari allo 0,20%, destinata specificatamente al “Fondo territoriale per la formazione e incremento delle competenze professionali dei lavoratori”, istituito presso ogni Cassa Edile/Edilcassa.

Sempre a decorrere dal 1° ottobre 2022, in carenza di una disciplina regionale sulla trasferta regionale, essa – anche nell’ipotesi di cantieri con durata superiore a tre mesi – comporterà che l’impresa effettuerà tutti gli adempimenti per i propri Lavoratori in trasferta presso la propria Cassa Edile di provenienza, per tutta la durata della trasferta stessa.

  •  CCNL Elettrici: reperibilità

A partire dalla mensilità di ottobre 2022 sono istituiti nuovi importi in tema di reperibilità:

  • giornaliera: Euro 15,26;
  • sesto giorno: Euro 32,99;
  • festivo: Euro 53,13.

Dal medesimo periodo, l’orario ai fini del calcolo del riposo fisiologico sarà considerato continuativo qualora l’intervallo tra due interventi notturni fosse pari o inferiore a 2 ore.

  • Aumento dei minimi retributivi dal 1° ottobre 2022

A decorrere dal 1° ottobre 2022 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti CCNL:

  • CCNL Abbigliamento Industria;
  • CCNL Agenzie immobiliari;
  • CCNL Agricoltura Cooperative;
  • CCNL Casse rurali ed artigiane;
  • CCNL Cemento, calce Industria;
  • CCNL Ceramica Artigianato;
  • CCNL Chimici farmaceutici Piccola Industria;
  • CCNL Chimici, gomma, plastica, vetro Artigianato;
  • CCNL Dirigenti Agricoltura;
  • CCNL Gomma, plastica Piccola Industria;
  • CCNL Grafici, editoriali Industria;
  • CCNL Lavanderie e tintorie Artigianato;
  • CCNL Magazzini Generali;
  • CCNL Occhiali Artigianato;
  • CCNL Ombrelli e ombrelloni Industria;
  • CCNL Palestre e impianti sportivi;
  • CCNL Pelli e cuoio Industria;
  • CCNL Restauro beni culturali;
  • CCNL Telecomunicazioni;
  • CCNL Tessili Industria;
  • CCNL Trasporto e spedizione merci Artigianato;
  • CCNL Trasporto e spedizione merci Confetra;
  • CCNL Trasporto e spedizione merci FAI;
  • CCNL Trasporto, facchinaggio Cooperative;
  • CCNL Vetro Piccola Industria.
  • “Una tantum”

Nel mese di ottobre 2022 è prevista l’erogazione di importi a titolo di “una tantum” per i dipendenti i cui rapporti di lavoro sono disciplinati dai seguenti CCNL:

  • CCNL Agenzia di viaggio e turismo (Confcommercio);
  • CCNL Elettrici;
  • CCNL Lapidei;
  • CCNL Legno e arredamento (Artigianato);
  • CCNL Panificatori (Confesercenti, Federpanificatori).

Il Contratto di espansione e le istruzioni operative fornite dall’INPS

In merito al contratto di espansione, così come modificato dalla Legge 234/2021 (c.d. “Legge di Bilancio 2022”), l’INPS con la circolare n. 88 del 25 luglio 2022, ha fornito alcune istruzioni operative.

Normativa di riferimento e destinatari

E’ stato prorogato sino a tutto il 2023 il regime sperimentale per la stipula di contratti di espansione imponendo un limite minimo non inferiore a 50 unità lavorative, anche calcolate complessivamente in caso di aggregazione stabile di imprese con un’unica finalità produttiva o di servizi.

Il contratto di espansione garantisce a tutti i lavoratori, a cui mancano meno di 5 anni alla pensione, di uscire anticipatamente dal mercato del lavoro ricevendo un’indennità mensile pari al trattamento pensionistico lordo maturato al momento della cessazione del rapporto. L’indennità può essere erogata a tutti i lavoratori iscritti al fondo dei lavoratori dipendenti o fondi assimilatati assunti a tempo indeterminato, purché vogliano risolvere il rapporto entro il 30 novembre 2023.  Rimangono esclusi i lavoratori che vogliano accedere alla pensione di vecchiaia con requisiti diversi da quelli ordinari (ad es. pensione anticipata “Opzione Donna”).

L’indennità viene corrisposta fino alla prima decorrenza dei requisiti per l’accesso alla pensione, sia essa di vecchiaia che anticipata, e fino al raggiungimento del relativo requisito contributivo.

Presentazione e compilazione del piano annuale di esodo

Nel contratto di espansione sottoscritto in sede governativa, può essere presentato un solo piano di esodo annuale per ciascuna annualità 2022 e 2023.

Il piano di esodo deve essere compilato, con l’indicazione del numero massimo di lavoratori interessati, la presunta data di risoluzione del rapporto di lavoro uguale per tutti i lavoratori coinvolti, nonché la data per l’esodo che non può essere successiva al 30 novembre, per ogni anno di riferimento. 

Il datore di lavoro, inoltre, deve ottenere una garanzia fideiussoria bancaria, per presentare domanda all’INPS, al fine di garantire l’assolvimento agli obblighi contributivi. L’importo complessivamente dovuto all’Istituto deve così essere maggiorato di una parte variabile pari almeno al 15%, in funzione delle successive determinazioni adottate dall’Istituto.

Al termine del piano di esodo, l’INPS effettuerà una verifica a consuntivo, procedendo all’erogazione di eventuali rimborsi o alla richiesta di eventuali ulteriori somme nei confronti del datore di lavoro.

Il datore di lavoro è tenuto a trasmettere, alla sede INPS territorialmente competente, la seguente documentazione:

1) copia del contratto di espansione sottoscritto presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;

2) la richiesta dell’accreditamento e variazione dell’indennità mensile in argomento (c.d. Modulo SC96);

3) la domanda di autorizzazione all’accesso al PRAT (portale delle prestazioni atipiche) per il personale o il delegato individuato dal datore di lavoro a operare sull’applicativo. Tale domanda deve essere presentata almeno 90 giorni prima della data di ingresso nella presentazione.

L’INPS rammenta, da ultimo, che non è ammessa la presentazione un numero di domande di certificazione del diritto superiore del 20% rispetto al numero dei lavoratori indicati nel contratto di espansione, in riferimento al piano di esodo annuale.

Agenzia delle Entrate: regime fiscale delle indennità per trasferte effettuate con mezzo proprio

L’Agenzia delle Entrate, con risposta n. 405 del 2 agosto 2022, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla tassazione da applicare all’indennità riconosciuta ai dipendenti autorizzati a servirsi del proprio mezzo per compiere le trasferte fuori dal comune dove ha sede l’azienda.

Riferimenti normativi

La normativa di riferimento è rinvenibile nell’art. 51, comma 1, del TUIR che considera reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro». Questo estratto normativo sancisce il c.d. principio di onnicomprensività che include nel reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro, ivi inclusi i rimborsi spesa, al netto delle deroghe previste dai commi successivi del medesimo articolo.

Per quel che ci interessa, il comma 5 dell’art. 51 del TUIR disciplina il regime fiscale delle indennità erogate al dipendente per le trasferte effettuate, delineando due diversi regimi di tassazione a seconda che le prestazioni lavorative siano o meno svolte nel territorio del Comune in cui è ubicata la sede di lavoro abituale.

In particolare, se le prestazioni vengono svolte:

  • nel territorio comunale, “le indennità o i rimborsi di spese […], tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito” e, pertanto, sono interamente soggette a tassazione;
  • fuori del territorio comunale, sono previsti, invece, tre distinti regimi di tassazione in ragione della tipologia di rimborso che il datore di lavoro intende applicare, ovverosia: (i) forfettario, (ii) misto e (iii) analitico. In queste ultime due ipotesi, i rimborsi delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennità chilometrica e di trasporto, non concorrono a formare il reddito a patto che siano effettuati sulla base di idonea documentazione comprovante le spese sostenute o il tragitto effettuato.

Al riguardo, il Ministero delle Finanze, con circolare n. 326/1997, ha precisato che – a differenza delle spese sostenute per i viaggi effettuati con mezzi pubblici (ad es. trasporto aereo o ferroviario) facilmente documentabili mediante l’esibizione dei relativi biglietti – la determinazione della spesa per i viaggi computati con mezzi propri deve essere quantificata dal datore di lavoro sulla base di elementi concordanti diretti e indiretti.

La stessa Agenzia delle Entrate, con la risoluzione del 30 ottobre 2015, n. 92/E, ha, altresì, chiarito che:

  • non è ipotizzabile istituire, accanto alle fattispecie individuate dal legislatore tributario nel comma 5 dell’articolo 51 del TUIR, nuovi sistemi di calcolo che determinino gli importi non concorrenti alla formazione del reddito e
  • le indennità corrisposte per le trasferte fuori dal Comune dove è ubicata la sede abituale di lavoro possono essere escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente purché il loro ammontare sia determinato in base alle tabelle ACI. Ciò, avendo riguardo della percorrenza, del tipo di veicolo utilizzato dal dipendente e del costo chilometrico assegnato secondo il tipo di vettura.

Il caso di specie

L’istante ha necessità di autorizzare, in presenza di particolari esigenze di servizio, i dipendenti ad utilizzare il proprio mezzo di trasporto per l’esecuzione delle trasferte, prevedendo il riconoscimento di un indennizzo a ristoro delle spese sostenute, solo qualora esse siano svolte al di fuori del territorio comunale. Tale indennizzo è quantificato in misura pari alle spese che il dipendente sosterrebbe qualora utilizzasse un mezzo di trasporto pubblico ed è corrisposto alla stregua della considerazione analitica della spesa effettivamente sostenuta. L’indennità erogata ha, pertanto, valore sostitutivo delle spese direttamente sostenute dal lavoratore con il mezzo proprio per il viaggio.

L’istante ha allegato alla richiesta di interpello la circolare interna recante le modalità di indennizzo, la quale prevede che “l’utilizzo del mezzo proprio può realizzarsi solo in presenza di particolari ed eccezionali esigenze di servizio ed alle seguenti condizioni:

  • impossibilità oggettiva di raggiungere il luogo di missione con mezzi pubblici, sia per effettiva mancanza degli stessi (ad esempio località non raggiunte da treni o bus) o per oggettive scarsità di mezzi che precludano l’arrivo del dipendente entro l’orario di inizio del servizio di trasferta;
  • impossibilità oggettiva di raggiugere diverse sedi di servizio in trasferta durante la stessa giornata lavorativa utilizzando i mezzi pubblici;
  • possibilità, solo usando il mezzo proprio, di evitare eventuali spese di pernottamento.”

Nella circolare si legge, altresì, che il dipendente otterrà dalla società la sola copertura assicurativa qualora dovesse decidere di utilizzare il proprio mezzo pur non ricorrendo una delle ipotesi sopra indicate. Il dipendente, tuttavia, non avrà diritto alla liquidazione dell’indennizzo.

Risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ritiene che l’indennizzo basato sulle tariffe del trasporto pubblico, se dovesse risultare di importo pari o inferiore rispetto a quello eventualmente determinato sulla base delle tabelle ACI, sarà da considerarsi non imponibile. Pertanto, detto indennizzo non andrà a concorrere alla base imponibile per il calcolo dei redditi da lavoro dipendente.

Qualora, invece, l’indennità di trasferta determinata sulla base delle tariffe del trasporto pubblico dovesse risultare maggiore rispetto a quella determinata sulla base delle tabelle ACI, la differenza dovrà essere considerata come reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51 del Tuir e, pertanto, imponibile ai fini della determinazione del reddito e il calcolo della relativa tassazione.

Esposizione all’amianto e risarcimento ai familiari, rileva anche il danno morale subito dal lavoratore (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, agosto 2022)

Con la sentenza n. 19623 del 17 giugno 2022, la Corte di Cassazione si è espressa in tema di risarcimento del danno biologico e morale dovuta alla prolungata esposizione di un lavoratore all’amianto. Gli eredi del lavoratore – deceduto a causa di una patologia collegata all’esposizione al materiale tossico – hanno lamentato la responsabilità ex. art. 2087 c.c. del datore di lavoro per non aver attuato le dovute misure di prevenzione e tutela sul luogo di lavoro.

Nel caso di specie, è stato rilevato che il lavoratore fosse soggetto a due agenti cancerogeni differenti: il tabagismo, in quanto fumatore abituale che per anni avrebbe fumato 15-20 sigarette al giorno, e l’esposizione all’amianto, in quanto lo stesso prestava attività lavorativa di saldatura.

Ai fini della determinazione del danno patrimoniale, la Cassazione ha corroborato l’interpretazione della Corte d’Appello che, in seconda istanza, ha evidenziato come esistesse un concorso di cause lesive che ha cagionato un evento unico e indivisibile. Alla luce della presenza di un duplice fattore scaturente, i giudici hanno ritenuto di dover applicare il principio dell’equivalenza delle concause ex artt. 40 e 41 c.p., in quanto non risultasse possibile “effettuare una ripartizione causale tra i due fattori cancerogeni, entrambi egualmente responsabili della causazione dell’evento dannoso”.

Pertanto, risultando impossibile effettuare una corretta ripartizione causale tra i due fattori cancerogeni, gli stessi devono essere ritenuti egualmente responsabili dell’aver cagionato l’evento morboso, conseguendone che non venga intaccata la ripartizione della responsabilità tra le parti, ma che questo impatti in modo considerevole nella definizione dell’entità del danno, notevolmente ridotta rispetto alle richieste della famiglia.

Quale secondo motivo di ricorso, gli eredi hanno insistito per il riconoscimento del risarcimento da danno morale, deducendo come il lavoratore fosse consapevole di essere esposto ad agenti morbigeni e come il rilevare che molti colleghi continuassero a contrarre gravi patologie di natura oncologica di entità tale da causarne sovente la morte avesse ingenerato in lui un’incertezza sul proprio vivere, modificando in peius la sua vita quotidiana e inducendolo a sottoporsi a numerosi e periodici controlli medici. Ciò aveva originato, nella mente del lavoratore, un assiduo ripensare alla possibilità di ammalarsi e poi, probabilmente, morire.

In secondo grado, però, la Corte d’appello ha negato agli eredi il riconoscimento del danno non patrimoniale a fronte di una mancata sussistenza del danno morale e/o esistenziale, ritenendo inapplicabile il ricorso alle presunzioni anche semplici e ritenendo che, al fine di delineare il danno non patrimoniale, questo dovesse essere debitamente provato.

La Cassazione, tuttavia, come già chiarito dalla Sezione Lavoro con la sentenza n. 24217 del 2017, ha cassato la decisione di secondo grado, ritendendo che “il danno derivante dallo sconvolgimento dell’ordinario stile di vita è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, rafforzati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 8, sottolineando, ancora, che la prova del pregiudizio subito può essere fornita anche mediante presunzioni”.

Da tale orientamento deriva che il danno biologico dovuto ad uno sconvolgimento della normale vita privata e costituendo “un sofferenza interna del soggetto” si concretizza come “lesione di diritti inviolabili della persona, oggetto di tutela costituzionale”: pertanto, se presente e dimostrato anche attraverso l’uso di presunzioni, costituisce oggetto di risarcimento del danno.

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