Procedimento disciplinare nel settore pubblico e autonomia dal giudicato penale (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, novembre 2021)

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25901 del 23 settembre 2021, ha affrontato il caso di un licenziamento inflitto ad una lavoratrice del pubblico impiego a seguito della riapertura di un procedimento disciplinare.

In particolare, i fatti di causa hanno visto una lavoratrice, dipendente comunale, essere licenziata in via disciplinare per avere “reiteratamente calunniato e leso l’onore e la dignità del Comandante della Polizia Municipale e di altri suoi superiori, eventi cagionati attraverso le infondate accuse contenute in una denuncia-querela per violenza sessuale proposte nei confronti del Comandante e di un superiore e per aggressione e minacce nei confronti di altro superiore, poi archiviata dal G.I.P. del locale Tribunale”.

Date tali circostanze, nei confronti della lavoratrice veniva applicata la sanzione del licenziamento disciplinare, conformemente all’art. 3, comma 7, lett. F) del CCNL Comparto Regioni ed autonomie locali, prevista nei casi di “recidiva nel biennio […] di atti e comportamenti aggressivi, ostili e denigratori e di forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un collega al fine di procurargli un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo dal contesto lavorativo”.

Detta sanzione, impugnata in via giudiziale, veniva dapprima annullata dal Tribunale di Teramo in quanto, per gli stessi fatti, era stato già irrogato un precedente licenziamento che era ancora sub iudice, con esiti alterni. La competente Corte d’Appello confermava l’annullamento, non ritenendo che al caso di specie potesse applicarsi quanto previsto dall’art. 55-ter, comma 3, D.Lgs. 165/2001.

Tale previsione normativa dispone, nel dettaglio, che “se il procedimento disciplinare si conclude con l’archiviazione ed il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa”.

Il Comune, avendo nel frattempo avuto contezza del fatto che, in esisto alle infondate denunce della lavoratrice, aveva avuto corso un processo penale per calunnia, conclusosi con sentenza di condanna a carico della medesima, irrogava un nuovo licenziamento in conformità all’art. 3, comma 8, lett. E) del CCNL, riguardante il caso della “condanna in giudicato per un delitto che, pur non attenendo in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione per la sua specifica gravità”.

Anche il secondo licenziamento, una volta impugnato, veniva annullato dal Tribunale di Teramo, con sentenza confermata in Appello. Nel frattempo, l’originaria pronuncia di annullamento del primo licenziamento veniva dapprima riformata dalla Corte d’Appello di L’Aquila, la cui pronuncia veniva cassata dalla Suprema Corte, confermando il rigetto dell’impugnativa del primo licenziamento.

Tanto premesso, la Suprema Corte osserva che è necessario escludere che i due procedimenti disciplinari abbiano riguardo a illeciti differenti. Difatti, “le due norme sanzionatorie hanno elementi specializzanti: la prima applica la sanzione del licenziamento nel caso in cui la condotta costituisca reiterazione di altri analoghi atti offensivi o denigratori; la seconda ipotesi disciplinare ha invece come specializzante l’elemento della condanna penale in giudicato. Ciò non toglie tuttavia che il nucleo della condotta […] sia il medesimo e consista nel comportamento denigratorio verso i superiori”.

La condotta perseguita – afferma dunque la Corte di Cassazione – è sempre la stessa e, pertanto, il secondo licenziamento non può dirsi riguardare un diverso fatto.

Si pone, dunque, il tema della possibilità o meno di riaprire il procedimento disciplinare qualora, rispetto ad un fatto già perseguito e potenzialmente tale da costituire reato, sopravvenga la condanna in sede penale non considerata nel precedente procedimento sanzionatorio, condotto a prescindere dal procedimento penale pendente.

I giudici di legittimità osservano che il procedimento disciplinare “mantiene come tale la sua autonomia e potrà risentire degli effetti del giudicato penale se l’azione disciplinare sia ancora non definita oppure solo se ed in quanto […] la definitività dell’accertamento penale sia posta […] a fondamento degli obblighi di riapertura”.

Viene altresì evidenziato che, in materia di rapporto di lavoro, costituisce principio del tutto consolidato quello per cui il potere disciplinare non possa essere reiterato, per il medesimo fatto, una volta già esercitato mediante applicazione di una sanzione. Ciò avviene anche se la prima sanzione sia minore di quella poi risultata applicabile sulla base di ulteriori circostanze sopravvenute.

Nonostante l’autonomizzazione del procedimento disciplinare rispetto a quello penale, il legislatore ha previsto alcuni casi in cui l’eventuale conclusione del processo penale in senso difforme rispetto alle determinazioni assunte in sede disciplinare è destinata a determinare effetti anche su quest’ultimo piano, sebbene formalmente già definito.

Ciò accade, a favore dell’incolpato, qualora il processo penale si chiuda con sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso: in tali ipotesi, su istanza dell’interessato, il procedimento disciplinare deve essere riaperto al fine di adeguarne gli esiti alla sopravvenienza giudiziale.

Pertanto, non può ritenersi ammessa l’attivazione di un secondo procedimento disciplinare, per lo stesso fatto, se non nei casi espressamente ammessi dall’art. 55-ter del D.Lgs. 165/2001.

Analogamente, la previsione della riapertura del procedimento disciplinare chiuso con sanzione conservativa, nel caso di fatti tali da comportare il licenziamento accertati in sede penale, è ipotesi espressamente regolata proprio per la sua divergenza, a tutela dell’interesse pubblico, rispetto al principio generale di “consumazione” del potere disciplinare.

Alla luce di tutto quanto osservato, i giudici di legittimità determinano che non solo il Comune in questione “non avrebbe potuto aprire un nuovo procedimento disciplinare, per i medesimi fatti, per l’essere stato il licenziamento (provvisoriamente) annullato dalla sentenza di primo grado, ma neppure ciò avrebbe potuto fare se anche quell’annullamento fosse divenuto definitivo, perché neanche tale ipotesi è prevista come caso di possibile riedizione del potere disciplinare per il medesimo fatto, prevalendo a quel punto, tra le parti, il giudicato formatosi sul rapporto di lavoro in essere e sull’inidoneità ad incidere su di esso dell’azione disciplinare”.

Agenzia delle Entrate: i lavoratori controesodati possono beneficiare del regime fiscale agevolato dei lavoratori impatriati

Con la risposta ad interpello n. 789 del 24 novembre 2021, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che chi possiede i requisiti soggettivi previsti dal D.L. n. 34/2019, se è stato iscritto all’AIRE, può beneficiare del regime fiscale agevolato per lavoratori impatriati per ulteriori cinque periodi d’imposta.

Oggetto istanza di interpello

Il contribuente istante è una cittadina italiana, laureata, che:

  • si è trasferita all’estero per frequentare un master nel mese di settembre 2009, conseguendo il relativo titolo il 30 settembre 2011;
  • dopo il periodo di studio, è rimasta all’estero fino al febbraio 2013 per svolgere due tirocini, l’ultimo dei quali è stato trasformato in contratto a tempo indeterminato;
  • è stata iscritta all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (“AIRE”) dal giorno 8 novembre 2012 al 13 marzo 2013;
  • è rientrata in Italia nel marzo 2013 per lavorare alle dipendenze di un datore di lavoro, beneficiando del regime cd. “controesodati” di cui alla Legge n. 238/2010;
  • ha esercitato l’opzione di cui all’articolo 16, comma 4, del D.Lgs. 147/2015 per usufruire del regime speciale per lavoratori “impatriati” fino al 31 dicembre 2020.

La lavoratrice, madre di due figli minorenni, nel 2019 ha altresì acquistato un immobile presso cui ha stabilito la propria residenza.

L’Istante ritiene di essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5, comma 2-bis, lett. a), del D.L. n. 34/2019 per fruire dell’estensione del beneficio di cui all’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/2015 per ulteriori cinque periodi di imposta. Ciò in quanto – con riferimento all’iscrizione all’AIRE per un periodo inferiore a due periodi d’imposta – rilevano, a suo dire, (i) l’irrilevanza della durata dell’iscrizione stessa e (ii) l’applicazione della c.d. “Sanatoria AIRE”, di cui all’articolo 16, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 147/2015, introdotta dal Decreto crescita.

L’evoluzione normativa del regime fiscale agevolato

Nella propria risposta, l’Agenzia delle Entrate illustra come l’articolo 5, comma 1, del Decreto crescita abbia (i) modificato alcuni requisiti soggettivi e oggettivi attinenti al campo di applicazione dell’agevolazione, (ii) incrementato le percentuali di abbattimento dell’imponibile fiscale dei redditi agevolabili e (iii) previsto, al verificarsi di determinate condizioni, l’estensione per un ulteriore quinquennio del periodo agevolabile.

Tali modifiche, applicabili ai soggetti che trasferiscono la residenza fiscale nel territorio dello Stato a decorrere dal 30 aprile 2019, sono state oggetto di chiarimenti interpretativi da parte della stessa con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020.

La circolare, nello specifico, ha chiarito che, tramite le modifiche operate dal Decreto crescita al dettato normativo, il legislatore ha introdotto un’estensione temporale del beneficio fiscale ad ulteriori cinque periodi di imposta, con tassazione nella misura del 50 per cento del reddito imponibile, in presenza di specifici requisiti quali, alternativamente:

  • avere almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo;
  • acquistare di un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia direttamente da parte del lavoratore oppure da parte del coniuge, del convivente o dei figli, anche in comproprietà. Tale ultima ipotesi deve realizzarsi “successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento”.

L’autorità fiscale ricorda anche che l’articolo 1, comma 50, della Legge n 178/2020 (“Legge di bilancio 2021”) ha inserito nel predetto articolo 5 del Decreto crescita, il comma 2-bis, al fine di consentire l’estensione per un ulteriore quinquennio della fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati anche a coloro “che siano stati iscritti all’AIRE o che siano cittadini di Stati membri dell’Unione Europea che abbiano già trasferito la residenza prima dell’anno 2020 e che alla data del 31 dicembre 2019 risultino beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147”.

La Legge di bilancio 2021 ha, dunque, stabilito che possono fruire dell’estensione, mediante l’esercizio di un’apposita opzione, le persone fisiche che:

  1. durante la loro permanenza all’estero sono state iscritte all’AIRE ovvero sono cittadini di Stati membri dell’Unione Europea;
  2. hanno trasferito la residenza fiscale in Italia prima del 2020;
  3. già beneficiavano del regime speciale per i lavoratori impatriati alla data del 31 dicembre 2019.

Tale opzione si perfeziona con il pagamento di un importo pari:

  1. al 10 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se al momento di esercizio della stessa il lavoratore soddisfa, alternativamente, specifici requisiti:
    • ha almeno un figlio minorenne (anche in affido preadottivo) ovvero
    • è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione;
  2. al 5 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se in tale momento il lavoratore ha almeno tre figli minorenni (anche in affido preadottivo) e diventa proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione.

In entrambi i casi, qualora i requisiti non siano verificati in capo al richiedente l’estensione, è prevista la restituzione del beneficio addizionale fruito, senza applicazione di sanzioni.

Viene, altresì, ricordato che “per i lavoratori dipendenti, a condizione che mantengano la residenza fiscale in Italia, la fruizione della opzione in argomento può avvenire, come per la fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati, mediante la presentazione di una richiesta scritta al datore di lavoro, nel termine del 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo quinquennio di fruizione dell’agevolazione”.

Tenuto conto di quanto previsto dalla normativa, l’opzione in commento non può essere esercitata da:

  1. i soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia a decorrere dal 30 aprile 2019, per incompatibilità con le previsioni normative del Decreto crescita;
  2. gli sportivi professionisti.

L’opzione per l’estensione del beneficio fiscale risulta, di fatto, riservata a coloro che hanno acquisito la residenza fiscale italiana prima del 30 aprile 2019, sempreché al 31 dicembre 2019 risultino beneficiari del regime agevolato.

L’Agenzia ritiene, altresì, che l’opzione in argomento può essere esercitata anche dai soggetti “controesodati” che, essendosi avvalsi della facoltà ammessa dall’articolo 16, comma 4, del D.Lgs. n. 147/2015, dal 2016 o dal 2017 e fino al 2020 hanno beneficiato del regime speciale per lavoratori impatriati nella versione antecedente a quella risultante dalle modifiche apportate dal Decreto crescita. Analogamente, l’estensione è resa accessibile per i soggetti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, comma 1, della Legge n. 238/2010 che hanno fruito del regime impatriati ante Decreto crescita avvalendosi dello stesso comma 4 dell’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/2015.

Sono in ogni caso esclusi dalla possibilità di esercizio dell’opzione (i) coloro che non sono stati iscritti all’AIRE e (ii) i cittadini extra-comunitari, anche se beneficiari del regime speciale per lavoratori impatriati.

L’applicabilità per i “controesodati”

Alla luce di quanto precede, l’Agenzia delle Entrate ritiene che i soggetti “controesodati”, iscritti all’AIRE, i quali al 31 dicembre 2019 beneficiavano del regime speciale per lavoratori impatriati, possano esercitare l’opzione ex articolo 1, comma 50, della Legge n. 176 del 2020 e, quindi, accedere alla misura di cui all’articolo 5, comma 2-bis, del Decreto crescita.

Stante l’iscrizione all’AIRE durante la sua permanenza all’estero, l’autorità fiscale ritiene dunque che la lavoratrice istante possa beneficiare del regime speciale per lavoratori impatriati per ulteriori cinque periodi d’imposta, sussistendo i requisiti di cui al predetto articolo.

In vigore la Legge sulle pari opportunità uomo donna in ambito lavorativo

È in vigore dal 3 dicembre 2021 la Legg 5 novembre 2021 n. 162, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 275 del precedente 18 novembre, recante disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. 

Di seguito si riportano le novità introdotte dalla legge in esame.

Modifiche al Codice delle pari opportunità

La nuova previsione introduce delle importanti modifiche al c.d. “Codice delle pari opportunità” (D. Lgs. n. 198/2006). Tra le altre vi è la modifica dell’art. 46, il quale prevedeva che le aziende con più di 100 dipendenti avessero l’obbligo di redigere un rapporto biennale sulla situazione maschile e femminile nelle aziende. Con le modifiche introdotte dalla legge in argomento, l’obbligo di redigere il rapporto biennale viene esteso alle aziende con oltre 50 dipendenti. Per le aziende che occupano fino a 50 dipendenti, l’invio del rapporto è consentito su base totalmente volontaria.

Tale rapporto biennale deve poi essere trasmesso telematicamente per il tramite del modello reso disponibile sul portale del Ministero del lavoro. Successivamente, è compito della consigliera o del consigliere regionale di parità elaborare i dati e trasmettere i risultati ottenuti alle sedi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, alla consigliera o al consigliere di parità, al Ministero del lavoro delle politiche sociali, al dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, all’istituto di statistica ed al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.

In sede di prima applicazione, la relazione dovrà essere presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge, ovverosia entro il 30 giugno 2022.

Inoltre, viene stabilito che, entro 60 giorni dall’emanazione della Legge in argomento, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro delegato delle pari opportunità debba emanare un apposito decreto circa la redazione del rapporto biennale definendo:

  • “le indicazioni per la redazione del rapporto, che deve in ogni caso indicare il numero dei lavoratori occupati di sesso femminile e di sesso maschile, il numero dei lavoratori di sesso femminile eventualmente in stato di gravidanza, il numero dei lavoratori di sesso femminile e maschile eventualmente assunti nel corso dell’anno, le differenze tra le retribuzioni iniziali dei lavoratori di ciascun sesso, l’inquadramento contrattuale e la funzione svolta da ciascun lavoratore occupato, nonché tutti gli altri aspetti contrattuali e retributivi;
  • l’obbligo di inserire nel rapporto informazioni e dati sui processi di selezione in fase di assunzione, sui processi di reclutamento e sulle procedure utilizzate per l’accesso alla qualificazione professionale ed alla formazione manageriale;
  • le modalità di accesso al rapporto da parte dei dipendenti e delle rappresentanze sindacali dell’azienda interessata, nel rispetto della tutela dei dati personali, al fine di usufruire della tutela giudiziaria”.

Nel caso di mancata trasmissione del rapporto biennale viene prevista una sanzione amministrativa da Euro 103,00 ad Euro 516,00 e se l’inottemperanza si estende oltre 12 mesi viene disposta anche la sospensione di eventuali benefici contributivi di cui l’azienda gode per un periodo pari a 12 mesi.

Inoltre, viene statuito che se il rapporto biennale risulti mendace e/o incompleto debba applicarsi una sanzione amministrativa da Euro 1.000,00 ad Euro 5.000,00.

La certificazione della parità di genere

Con decorrenza 1° gennaio 2022, la Legge n. 162/2021 ha introdotto la c.d. “Certificazione della parità di genere”. Trattasi di una certificazione che attesta le politiche e le misure adottate dalle imprese per ridurre il divario uomo – donna “in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità”.

Sarà compito del Presidente del Consiglio dei ministri emanare dei DPCM per definire dettagliatamente:

  • i parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere da parte delle aziende avendo particolare riguardo alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di progressione in carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
  • le modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro;
  • le modalità di coinvolgimento delle R.S.A. e delle consigliere e dei consiglieri di parità regionali;
  • le forme di pubblicità della certificazione della parità di genere.

Per l’anno 2022, il possesso della certificazione della parità di genere garantisce alle imprese private. nel limite di 50 milioni di Euro, un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. L’esonero verrà determinato in misura non superiore all’1 per cento e nel limite massimo di 50.000 Euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e col Ministro delegato per le pari opportunità, da adottare entro il 31 gennaio 2022.

Infine, alle imprese private che alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento possiedano la summenzionata certificazione, viene riconosciuto un “punteggio premiale” per la valutazione da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.

 

Agenzia delle Entrate: il corrispettivo del patto di non concorrenza è assoggettato fiscalmente nello Stato di residenza del lavoratore

Con la risposta all’interpello n. 783 del 17 novembre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha esaminato il caso dell’assoggettamento fiscale della somma percepita da un cittadino residente fiscalmente in Italia come corrispettivo di un patto di non concorrenza stipulato con un datore di lavoro estero, una volta cessato il rapporto di lavoro.

I fatti oggetto di interpello

Dal 31 agosto 2017, il lavoratore istante è stato alle dipendenze di un datore di lavoro svizzero, ricoprendo un ruolo apicale nell’ambito del gruppo e lavorando in Svizzera. Lo stesso, nella propria istanza, rappresenta di essere stato iscritto al sistema previdenziale svizzero e soggetto ad imposizione fiscale sul reddito da lavoro in tale Paese.

Nonostante il contratto di lavoro estero, il lavoratore ha continuato a qualificarsi come fiscalmente residente in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, assoggettando a tassazione nel nostro Paese i redditi ovunque prodotti.

In seguito, nel gennaio del 2020, il lavoratore ha sottoscritto con la società un accordo che prevede la risoluzione consensuale dal rapporto di lavoro nel mese di aprile del 2020 e l’erogazione, tra le altre, di una somma corrispondente al doppio del salario annuo, condizionata al rispetto di taluni obblighi contrattuali di non concorrenza per un periodo di 12 mesi successivi alla data di cessazione del rapporto.

Al riguardo il lavoratore istante ha osservato che la somma erogata a titolo di patto di non concorrenza, pagata per il 50% ad aprile 2020 e per il 50% ad aprile 2021, debba essere assorbita nella retribuzione convenzionale applicata per la tassazione in Italia, trattandosi di somme ancorate in modo esclusivo al rapporto principale di lavoro subordinato prestato in Svizzera. Qualora si dovesse ritenere che la parte di erogazione effettuata dopo la cessazione del rapporto di lavoro non possa considerarsi riconducibile al rapporto di lavoro prestato in Svizzera, a suo parere tale somma dovrebbe essere assoggettata a tassazione separata.

Il corrispettivo del patto di non concorrenza

Sulla base del contenuto dell’istanza, l’Agenzia delle Entrate illustra, in prima battuta, come tutti i redditi prodotti all’estero dal lavoratore, inclusi quelli derivanti dalla cessazione di un rapporto di lavoro ivi svolto debbano essere dichiarati in Italia.

Secondo l’autorità fiscale, sebbene la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia Svizzera non contenga una disposizione specifica per gli emolumenti erogati ai dipendenti al momento della cessazione dell’impiego, gli stessi sono comunque riconducibili nell’ambito dell’articolo 15 della Convenzione, in ragione della correlazione con l’attività lavorativa prestata.

Detto articolo dispone che “i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato

Al riguardo, si pone, peraltro, il problema di individuare il periodo di riferimento rilevante, ai fini della ripartizione della potestà impositiva tra Italia e Svizzera, stabilita dalla Convenzione.

Sul punto, per l’Agenzia delle Entrate è utile “chiarire se considerare l’intera vita lavorativa del beneficiario, alla quale si riferisce la corresponsione degli emolumenti in trattazione, valorizzando i periodi nei quali il lavoro è stato effettuato all’estero, ovvero considerare gli anni in cui, cessato il rapporto d’impiego, sussiste l’obbligo per l’ex dipendente di non svolgere alcuna attività in concorrenza con l’ex datore di lavoro“.

Nel dettaglio, viene illustrato che nonostante i corrispettivi per la non concorrenza “siano sempre connessi allo svolgimento di un’attività di lavoro dipendente, gli stessi non risultano, nella maggior parte dei casi, collegati direttamente ad un’attività lavorativa svolta prima della cessazione del rapporto di impiego. In tali ipotesi, le somme corrisposte saranno soggette alla potestà impositiva dello Stato in cui il beneficiario degli emolumenti risulterà residente al momento della percezione degli stessi”.

Pertanto, l’Agenzia ritiene che:

  • in base all’articolo 15 della Convenzione, i redditi in esame siano da assoggettare ad imposizione esclusiva nello Stato di residenza (Italia) del contribuente al momento della percezione degli stessi;
  • ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), del TUIR, alla somma percepita una tantum dall’istante risulta applicabile in Italia l’istituto della tassazione separata.

In considerazione di quanto sopra esposto, nel caso di specie, il lavoratore è tenuto alla presentazione della dichiarazione indicando detti redditi tra quelli soggetti a tassazione separata.

Ispettorato Nazionale del Lavoro: ferie già concesse trasformabili in Cassa Covid senza sanzioni

Con la nota n. 1799 del 23 novembre 2021, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (l’”INL”) ha precisato che il datore di lavoro allorquando decide di trasformare in CIGO Covid-19 un periodo di ferie preventivamente richiesto dai lavoratori e già autorizzato, pur violando l’art. 2109 comma 3  cod. civ., non può essere sanzionato. Ciò in quanto l’ordinamento giuridico non prevede un regime sanzionatorio per tale irregolarità.

Riferimenti normativi

In primis, è opportuno ricordare come l’istituto delle ferie sia tutelato dall’art. 36, comma 3, della Costituzione secondo cui ciascun lavoratore ha diritto, oltre al riposo settimanale, ad un periodo di ferie annuali retribuite, al quale non può rinunciare.

Contestualmente, tale principio costituzionale ha trovato attuazione nell’art. 2109 cod. civ. ai sensi del quale la durata delle ferie è fissata dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi e secondo equità.

A tale disposizione si aggiunge che il momento di godimento delle ferie è stabilito dal datore di lavoro che deve comunque conciliare gli interessi dell’impresa con le esigenze del lavoratore. Inoltre, il periodo feriale deve essere possibilmente continuativo e, ovviamente, retribuito.

Successivamente, l’istituto delle ferie è stato oggetto di regolamentazione per mano dell’art. 10 del D.Lgs. n. 66/2003, che ha stabilito un limite minimo legale alla durata delle ferie retribuite non inferiore a quattro settimane l’anno.

Per completezza espositiva occorre, altresì, osservare che ai sensi della richiamata disposizione il periodo delle ferie, salvo diversa previsione della contrattazione collettiva, debba essere goduto per almeno due settimane consecutive e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.

Tale periodo minimo di quattro settimane non può inoltre essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, fatto salvo il caso della risoluzione del rapporto di lavoro (c.d. divieto di monetizzazione) e, nelle casistiche di orario di lavoro medio multi-periodale (di cui all’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 66/2003), sono demandati alla contrattazione collettiva i criteri e le modalità di regolazione della fruizione delle stesse.

Contestualmente, è opportuno effettuare alcune considerazioni in tema di maturazione delle ferie in costanza di strumenti di sostegno al reddito, operando una distinzione tra periodi di sospensione e periodi di riduzione dell’orario di lavoro.

Qualora il lavoratore fosse sospeso con intervento degli ammortizzatori sociali, di norma – tenuto conto della mancata prestazione lavorativa – in tale periodo non maturano ferie.

Al contrario, il lavoratore – ove operasse con riduzione dell’orario e con il corrispondente intervento degli ammortizzatori sociali – avrebbe diritto alla maturazione delle ferie, atteso che l’intermittenza della prestazione non lo solleverebbe dallo stress psicofisico della circostanza.

Tale interpretazione trova riscontro anche nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Sent. n. 3603/1986), per la quale il diritto al godimento delle ferie presuppone l’oggettiva esigenza del recupero delle energie psicofisiche spese nell’effettiva prestazione lavorativa, ma non è suscettibile di riduzione proporzionale alle ore non lavorate in relazione alla situazione di lavoratori in cassa integrazione ad orario ridotto.

Con riferimento a tale ultima ipotesi, si è fatta strada una ulteriore interpretazione, supportata da accordi sindacali aziendali volti a favorire l’intervento degli ammortizzatori sociali, secondo la quale, in presenza di riduzione dell’orario (anche alternata a periodi di sospensione) sarebbe ammessa una maturazione proporzionale delle ferie.

I chiarimenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro

L’INL, in linea con quanto già previsto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la risposta ad interpello n. 19/2011, conferma che gli interventi a sostegno del reddito, sia ordinari che straordinari, costituiscono entrambi ipotesi oggettive derogatorie all’ordinaria modalità di fruizione delle ferie.

Alla luce di quanto sopra, l’INL precisa che la mancata comunicazione formale da parte del datore di lavoro della decisione di trasformare in CIGO Covid-19 un periodo di ferie preventivamente richiesto e già autorizzato, costituisce una “irregolarità”. Irregolarità che, tuttavia, non è sanzionabile sotto il profilo amministrativo né modificabile attraverso il ricorso al potere di disposizione ex art. 14 del Decreto Legislativo n. 124/2004.

L’INL, infatti, ha osservato come, risultando inalterato il plafond di ferie maturate da ciascun lavoratore e fruibile al termine della CIGO, non sembrerebbe derivarne un danno per il lavoratore stesso.

Gennaio 2022: NOVITA’ E RINNOVI CCNL

  1. CCNL Abbigliamento (Industria) e Tessili (industria): giustificazione delle assenze

Dal 1° gennaio 2022, salvo il caso di accertato impedimento, tutte le assenze dovranno essere comunicate all’azienda nella giornata in cui si verificano, entro 2 ore dall’inizio del normale orario di lavoro, rispetto al precedente termine di 4 ore. Le medesime assenze dovranno essere giustificate entro i due giorni successivi, salvo i casi di comprovato impedimento.

Nel caso di lavoro a turni, per consentire l’adozione di adeguate misure organizzative, la comunicazione deve avvenire prima dell’inizio del previsto orario di lavoro, salvo i casi di comprovato impedimento e sempreché l’azienda sia in condizione di ricevere le comunicazioni.

 

  1. CCNL Abbigliamento (Industria) e Tessili (industria): elemento di garanzia retributiva

L’elemento di garanzia retributiva (“E.G.R.”), pari a Euro 300 lordi per tutti i lavoratori, dovrà essere erogato con la retribuzione del mese di gennaio di ogni anno ai lavoratori aventi titolo in base alla situazione retributiva individuale rilevata nell’anno precedente, con assorbimento fino a concorrenza del valore dell’E.G.R. di quanto individualmente erogato.

L’importo del E.G.R., che è da intendersi omnicomprensivo di ogni incidenza su tutti gli istituti legali e contrattuali, compreso il T.F.R., è corrisposto interamente ai lavoratori in forza dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno di riferimento e proporzionalmente ridotto in dodicesimi per gli altri lavoratori, considerando come mese intero la frazione di mese superiore a 15 giorni. Sarà altresì riproporzionato per i lavoratori a tempo parziale in base al minor orario contrattuale.

 

  1. CCNL Agricoltura (Impiegati): aspettativa

A decorrere dal 1° gennaio 2022, il congedo dal lavoro per motivi connessi al percorso di protezione per donne lavoratrici vittime di violenza di genere è esteso tre 3 a cinque mesi. L’indennità per i due mesi di congedo fruiti successivi ai tre previsti per legge e indennizzati dall’INPS è posta a carico del costituendo Comitato per le attività bilaterali.

 

  1. CCNL Agricoltura (Impiegati): contributi contrattuali

Dal 1° gennaio 2022, il contributo di assistenza contrattuale e per le attività bilaterali è fissato nella misura di 40 euro annui, così ripartito:

  • Euro 10 a carico del lavoratore a titolo di contributo di assistenza contrattuale;
  • Euro 30 a carico del datore di lavoro, di cui Euro 10 a titolo di contributo di assistenza contrattuale ed Euro 20 per il finanziamento delle attività bilaterali in favore dei quadri e degli impiegati agricoli affidate all’apposito Comitato paritetico permanente.

 

  1. CCNL Agricoltura (Impiegati): fondo di previdenza

A decorrere dal mese di gennaio 2022 e fino alla scadenza del contratto (31 dicembre 2023) è istituito in via sperimentale un contributo aggiuntivo a carico dei datori di lavoro pari a Euro 10 mensili per ciascun impiegato e quadro, da versare ad Agrifondo.

 

  1. CCNL Calzaturieri (Industria): contributi contrattuali

I datori di lavoro sono tenuti ad effettuare una trattenuta di Euro 40 sulla retribuzione del mese di gennaio 2022 a titolo di contributo contrattuale

 

  1. CCNL Cartai (Industria): formazione professionale

A decorrere dal mese di gennaio 2022 viene istituto un contributo di assistenza contrattuale in favore dell’Ente Nazionale per l’Istruzione Professionale Grafica (“ENIPG”).

Le aziende del settore cartotecnico sono tenute all’iscrizione a decorrere da gennaio 2022.

Per il pagamento della quota:

  • le aziende fino ai 15 dipendenti verseranno un contributo nella misura dello 0,05% della retribuzione annua lorda per l’anno 2023 e 0,10% a regime, dal 2024;
  • le aziende sopra i 15 dipendente verseranno lo 0,10% della retribuzione annua lorda a decorrere da gennaio 2023.

 

  1. CCNL Centri elaborazione dati: elemento economico di garanzia

Ai dipendenti da aziende prive della contrattazione di secondo livello e che non percepiscono altri trattamenti economici individuali o collettivi oltre a quanto spettante in base al CCNL, con la retribuzione del mese di gennaio 2020 è riconosciuto un importo a titolo di “elemento economico di garanzia”.

Tale ammontare compete ai lavoratori a tempo indeterminato nonché agli apprendisti e ai contratti di sostegno all’occupazione in forza al 31 dicembre 2021, iscritti nel libro unico da almeno sei mesi; l’azienda calcolerà l’importo spettante in proporzione all’effettiva prestazione lavorativa svolta alle proprie dipendenze nel triennio 2019/2021.

Per i lavoratori a tempo parziale, l’importo sarà calcolato secondo il criterio di proporzionalità.

L’elemento economico di garanzia non è utile ai fini del calcolo di nessun istituto di legge o contrattuale, in quanto le parti ne hanno definito l’ammontare in senso onnicomprensivo, tenendo conto di qualsiasi incidenza, ivi compreso il trattamento di fine rapporto. L’importo è, inoltre, assorbito sino a concorrenza da ogni trattamento economico individuate o collettivo aggiuntivo rispetto a quanto previsto dal presente CCNL che venga corrisposto successivamente al 1° gennaio 2019.

L’elemento è calcolato nelle misure seguenti:

  • Quadri, I e II livello: Euro 80
  • III e IV livello: Euro 60
  • V e VI livello: Euro 50

 

  1. CCNL Ceramica (Industria): previdenza complementare

Con riferimento agli addetti all’industria delle imprese produttrici di ceramica sanitaria, di porcellane e ceramiche per uso domestico e ornamentale, di ceramica tecnica, di tubi in gres con rapporti di lavoro disciplinati sino al 13 marzo 2008 dal contratto collettivo per gli addetti all’industria chimica, le parti stipulanti il CCNL hanno concordato che l’ammontare dell’aliquota di contributo a FONCER per la sola parte a carico del datore di lavoro sia incrementato dello 0,1% a decorrere dal 1° gennaio 2022 e di un ulteriore 0,1% dal 1° gennaio 2023, da calcolarsi sulla retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR.

 

  1. CCNL Dirigenti (Industria): previdenza complementare

Con decorrenza dal gennaio 2022, per tutti i dirigenti iscritti al fondo Previndai – o che vi aderiranno – con versamento anche della quota a proprio carico, il contributo annuo a carico dell’azienda non potrà risultare inferiore a Euro 4.800,00.

 

  1. CCNL Farmacie private: assistenza sanitaria integrativa

Al fine di assicurare operatività all’Ente Bilaterale Nazionale (E.B.N.), la quota contrattuale di servizio per il relativo finanziamento è fissata, a decorrere dall’1° luglio 2023, nella misura globale dello 0,10 per cento di paga base e contingenza, per quattordici mensilità, di cui 0,05 per cento a carico del datore di lavoro e 0,05 per cento a carico del lavoratore.

Le Parti si danno atto che nel computo degli aumenti del contratto si è tenuto conto dell’obbligatorietà del contributo all’E.B.N.

Conseguentemente, con la medesima decorrenza, il datore di lavoro che omette il versamento delle suddette quote, è tenuto a corrispondere al lavoratore un elemento distinto della retribuzione non assorbibile di importo maggiorate del 10%, per 14 mensilità, e che rientra nella retribuzione contrattuale.

 

  1. CCNL Modellismo, giocattoli: assistenza sanitaria integrativa e elemento di garanzia retributiva

Dal mese di gennaio 2022 il contributo mensile a carico delle imprese da versare a titolo di assistenza sanitaria integrativa è elevato a Euro 12.

L’elemento di garanzia retributiva (“E.G.R.”) è pari ad Euro 230 lordi annui per gli anni 2021 e 2022 e di Euro 250 lordi annui per l’anno 2023, uguale per tutti i lavoratori. Come di consueto, lo stesso dovrà essere erogato entro il mese di gennaio 2022 ai lavoratori in forza il 1° gennaio di ogni anno ed aventi titolo in base alla situazione retributiva individuale rilevata nell’anno precedente, con assorbimento fino a concorrenza del valore dell’E.G.R. di quanto individualmente erogato.

 

  1. CCNL Gomma, plastica (Industria): premio di risultato

Dal mese di gennaio 2022 è disposta l’erogazione dell’indennità sostitutiva del premio di risultato in tutte le realtà aziendali che, nei tre anni precedenti, non abbiano realizzato o applicato la contrattazione del premio di risultato.

 

  1. Grafici, editoriali (Piccola industria): aumento maggiorazioni orarie e previdenza complementare

A decorrere dal mese di gennaio 2022 sono ridefinite, in generale aumento, le maggiorazioni orarie dovute ai lavoratori a compenso del lavoro straordinario, festivo, notturno, a turni, etc.

Nel mese di gennaio 2022 l’aumento della contribuzione a carico aziende per i lavoratori aderenti al fondo Byblos privi dell’ERC sarà pari alo 0,4% della retribuzione.

 

  1. CCNL Imprese portuali: fondo di solidarietà

Il contributo mensile a carico dei datori di lavoro per ogni dipendente da versare al costituendo fondo di accompagno all’esodo anticipato è stabilito nella misura di Euro 10 e ha decorrenza dal 1° gennaio 2022. Lo stesso è dovuto per 13 mensilità annuali.

 

  1. CCNL Lampade e cinescopi (Industria): previdenza complementare

Con decorrenza gennaio 2022, il contributo ulteriore dovuto al fondo Fonchim per la copertura assicurativa nel caso di premorienza o invalidità permanente è elevato dallo 0,20% allo 0,25%.

 

  1. CCNL Lapidei (Piccola industria – Confapi) e CCNL Laterizi (Piccola industria – Confapi): previdenza complementare

È istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2022, un contributo mensile a carico del datore di lavoro di Euro 5 da versare al fondo Fondapi per ogni lavoratore in forza alla medesima data. Per i lavoratori già iscritti a Fondapi al gennaio 2022, tale contributo è aggiuntivo rispetto a quanto previsto per l’iscrizione ordinaria.

Per i lavoratori che alla stessa data non risultino iscritti a Fondapi, il suddetto contributo comporta l’adesione contrattuale degli stessi al fondo medesimo, senza alcun ulteriore obbligo a loro carico.

Sul contributo di cui sopra è dovuta esclusivamente la contribuzione INPS di solidarietà.

Le aliquote contributive al fondo Fondapi a carico dell’azienda vengono incrementate per ciascun comparto come di seguito indicato:

  • lapidei: + 0,25% dal 1° giugno 2021 e + 0,25% dal 1° gennaio 2022 (tot. 2,40%);
  • cemento: invariato all’1,90%;
  • laterizi: + 0,10% dal 1° giugno 2021 (tot. 1,80%).

 

  1. CCNL Laterizi (Piccola industria): assistenza sanitaria integrativa

Dalla mensilità di gennaio 2022 il contributo a favore del fondo Altea per ogni dipendente in forza è stabilito per ciascun comparto come di seguito indicato:

  • lapidei: Euro 13 mensili;
  • cemento: Euro 13 mensili;
  • laterizi: Euro 10 mensili.

 

  1. CCNL Legno e arredamento (Industria) e CCNL Legno e arredamento (Piccola industria): previdenza complementare

Con decorrenza dal gennaio 2022, l’aliquota contributiva del fondo ARCO a carico delle aziende è pari al 2,30%, ferma restando quella a carico degli iscritti.

 

  1. CCNL Magazzini generali: retribuzione

Dal mese di gennaio 2022, la quota di Euro 4 quale contributo per la bilateralità andrà ad alimentare per Euro 2,50 la quota contributiva aziendale per Sanilog e per Euro 1,50 la quota contributiva aziendale per Ebilog.

Inoltre, l’elemento distinto della retribuzione (“E.D.R.”) dovrà essere erogato a decorrere dal mese di gennaio 2022 per 13 mensilità annue. Lo stesso, dell’ammontare di Euro 10 lordi, non avrà incidenza su alcun istituto contrattuale.

 

  1. CCNL Metalmeccanici (Cooperative): classificazione del personale e apprendistato

A decorrere dal 1° gennaio 2022, le parti stipulanti il CCNL concordano di adottare il sistema di inquadramento dei lavoratori previsto dall’accordo di rinnovo del 31 maggio 2021.

Inoltre, per quanto attiene all’apprendistato, i lavoratori assunti a partire dal 1° gennaio 2022 con il contratto di apprendistato saranno inquadrati al livello corrispondente alla qualifica professionale da conseguire.

La retribuzione sarà quella minima contrattuale del livello di inquadramento corrispondente alla qualifica professionale da conseguire ragguagliata in coerenza con il percorso formativo che si conclude al termine dell’apprendistato, alle percentuali e relativi periodi di applicazione come determinato dal CCNL, fatte salve diverse intese fra le parti contraenti.

 

  1. CCNL Metalmeccanici (Piccola industria – CONFAPI): assistenza sanitaria integrativa

A decorrere dal mese di gennaio 2022 la contribuzione dovuta per l’assistenza sanitaria integrativa è determinata in misura pari a Euro 96 annui (suddivisi in 12 quote mensili da Euro 8 l’una) a totale carico dell’azienda, comprensiva delle coperture per i familiari fiscalmente a carico.

 

  1. CCNL Metalmeccanici (Piccola industria – CONFIMI): apprendistato e classificazione del personale

Per l’apprendista assunto a decorrere dal 1° gennaio 2022, destinato a conseguire la 3ª categoria, la categoria iniziale di inquadramento sarà la 2ª e la retribuzione nel primo periodo corrisponderà al 90% di quella prevista per la 2ª categoria.

Dalla medesima data, i lavoratori saranno inquadrati in una classificazione unica articolata su 8 categorie professionali e livelli retributivi. In particolare, i lavoratori inquadrati nella 1ª categoria fino al 31 dicembre 2021 passeranno alla 2ª categoria e la 1ª categoria viene soppressa.

 

  1. CCNL Penne, matite e spazzola: previdenza complementare

A decorrere dal mese di gennaio 2022, il contributo a carico dell’azienda e da versare alla cassa di previdenza complementare individuato dal CCNL è elevato all’2,00%.

 

  1. CCNL Pompe funebri: trasferte

Al lavoratore chiamato a prestare la propria opera in trasferta che sia impossibilitato a consumare il pasto nelle ore comprese tra le ore 12 e le 15 e/o le ore 19 e le 22, in sostituzione del rimborso a piè di lista, è riconosciuto un concorso spese per ogni pasto. Tale indennità, a decorrere dal 1° gennaio 2022, è determinata in misura pari ad Euro 14.

 

  1. CCNL Trasporto e spedizione merci (CONFETRA): elemento distinto della retribuzione

L’elemento distinto della retribuzione (“E.D.R.”) di Euro 10 lordi deve essere erogato dal mese di gennaio 2022 per 13 mensilità e non avrà incidenza su alcun istituto contrattuale.

La quota di Euro 4 quale contributo per la bilateralità, altresì, deve essere erogata a decorrere dal medesimo mese ed alimenta per Euro 2,50 la quota contributiva aziendale per Sanilog e per Eur 1,50 la quota contributiva aziendale per Ebilog.

 

  1. CCNL Vetro: previdenza complementare

Con decorrenza gennaio 2022, il contributo ulteriore dovuto al fondo Fonchim per la copertura assicurativa nel caso di premorienza o invalidità permanente è elevato dallo 0,20% allo 0,25%.

 

  1. CCNL Metalmeccanici (Industria): diritti e doveri del lavoratore

I sottoscrittori del CCNL hanno rinviato a gennaio 2022 l’obbligo di distribuzione del testo contrattuale, previsto precedentemente entro dicembre 2021. La proroga si è resa necessaria visti i tempi di stampa del volume, attualmente in corso, che si concluderà entro la metà di dicembre.

 

  1. Aumento dei minimi retributivi dal 1° gennaio 2022

A decorrere dal 1° gennaio 2022 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti contratti collettivi nazionali di lavoro:

  • CCNL Alimentari (Cooperative);
  • CCNL Autostrade e trafori (Concessionari);
  • CCNL Cartai (Industria);
  • CCNL Ceramica (Industria);
  • CCNL Coibenti (Industria);
  • CCNL Commercio (ANPIT – CISAL);
  • CCNL Concerie (Industria);
  • CCNL Consorzi di bonifica;
  • CCNL Credito;
  • CCNL Dirigenti Imprese pubbliche;
  • CCNL Dirigenti Industria;
  • CCNL Edili (Artigianato);
  • CCNL Fiorai (Lavorazione e commercio);
  • CCNL Gomma, plastica (Industria);
  • CCNL Grafici, editoriali (Industria);
  • CCNL Lampade e cinescopi (Industria);
  • CCNL Lapidei (Industria);
  • CCNL Legno e arredamento (Industria);
  • CCNL Legno e arredamento (Piccola industria CONFAPI);
  • CCNL Marittimi;
  • CCNL Miniere, metallurgia;
  • CCNL Occhiali (Industria);
  • CCNL Pelli e cuoio (Piccola industria);
  • CCNL Penne, matite e spazzole (Industria);
  • CCNL Pompe funebri (ASNAF);
  • CCNL Portieri e custodi;
  • CCNL Spettacolo (Cooperative);
  • CCNL Tabacco (Lavorazione);
  • CCNL Vetro.

 

  1. “Una tantum”

Nel mese di gennaio 2022 è prevista l’erogazione di importi a titolo di “una tantum” ai sensi dei seguenti contratti collettivi nazionali di lavoro:

  • CCNL Imprese portuali;
  • CCNL Istituzioni socio-assistenziali (Misericordie);
  • CCNL Marittimi.
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