Distacco e comunicazioni obbligatorie: pubblicato il Decreto ministeriale

Il D.Lgs. n. 136/2016 (il “Decreto”), attuativo della Direttiva Europea 2014/67/UE, regolamenta l’istituto del distacco transnazionale di lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi.

In particolare, l’articolo 10 del Decreto pone una serie di obblighi amministrativi in capo all’impresa straniera (“la Distaccante”) che intende distaccare uno o più lavoratori presso un’impresa avente sede in Italia (“la Distaccataria”).

La normativa prevede tre diverse ipotesi di distacco:

  • da parte di una impresa avente sede in uno Stato estero presso una filiale in Italia;
  • da parte della predetta impresa presso un’impresa italiana del gruppo cui essa appartenente (c.d. distacco infragruppo);
  • nell’ambito di un contratto di natura commerciale (ad es. appalto di servizi) stipulato con un committente (impresa o altro destinatario) avente sede legale o operativa in Italia.

Pertanto, ogniqualvolta si configura una delle suddette ipotesi la Distaccante è tenuta a:

  1. raccogliere e conservare tutta la documentazione in materia di lavoro;
  1. designare un referente elettivamente domiciliato in Italia, incaricato di esibire, inviare e ricevere documenti (ad es. richieste di informazioni e di documentazione, notifica dei verbali di primo accesso e di accertamento delle violazioni) in nome e per conto dell’impresa distaccante, ivi compresa la formale notifica di atti alla società stessa da parte del personale di vigilanza (art. 10, comma 3, lett. b);
  1. designare una persona, anche coincidente con quella di cui sopra, che agisca in qualità di rappresentante legale e sindacale, al fine di mettere in contatto le parti sociali interessate con il prestatore di servizi per una eventuale negoziazione collettiva (art. 10, comma 4);
  1. effettuare – entro le ore 24 del giorno antecedente all’inizio del distacco – la comunicazione preventiva di distacco del personale impiegato in Italia al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (Modello UNI_Distacco_UE).

L’art. 1, comma 1, lett. d), del D.Lgs. 122/2020, di recepimento della Direttiva comunitaria 2018/957, ha introdotto nel Decreto l’art. 4-bis, avente ad oggetto l’ipotesi del “distacco di lunga durata”. In particolare, lo stesso dispone che “se la durata effettiva di un distacco supera dodici mesi ai lavoratori distaccati si applicano, se più favorevoli […] tutte le condizioni di lavoro e di occupazione previste in Italia da disposizioni normative e dai contratti collettivi nazionali e territoriali stipulati da organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ad eccezione di quelle concernenti:

  1. a) le procedure e le condizioni per la conclusione e la cessazione del contratto di lavoro;
  2. b) le clausole di non concorrenza;
  3. c) la previdenza integrativa di categoria.

[…]

In caso di sostituzione di uno o più lavoratori distaccati per svolgere le medesime mansioni nello stesso luogo, la durata del distacco, ai fini del calcolo del periodo di cui al comma 1, è determinata dalla somma di tutti i periodi di lavoro prestato dai singoli lavoratori. L’identità delle mansioni svolte nel medesimo luogo è valutata tenendo conto anche della natura del servizio da prestare, del lavoro da effettuare e del luogo di svolgimento della prestazione lavorativa”.

La comunicazione obbligatoria – Modello UNI_Distacco_UE

Il modello UNI-Distacco_UE si compone di diverse sezioni in cui devono essere riportati i seguenti dati:

  • azienda distaccante e azienda distaccataria nonché i dati di entrambi i rappresentanti legali;
  • referente (art. 10, comma 3, lettera b), ovverosia il soggetto incaricato di esibire, inviare e ricevere documenti in nome della Distaccante;
  • referente (art. 10, comma 4), ovverosia il soggetto che agirà come rappresentate sindacale;
  • luogo e la durata del distacco;
  • dati anagrafici del lavoratore distaccato in Italia.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, recependo le novità introdotte dal D.Lgs. 122/2020, il 6 agosto 2021, ha pubblicato il proprio Decreto n. 170 che definisce i nuovi standard e le regole per la trasmissione telematica delle comunicazioni dovute dai prestatori di servizi al Ministero in relazione ai lavoratori distaccati di lunga durata in Italia.

In particolare, il suddetto decreto, oltre a confermare la necessità di inserire i dati sopra elencati, introduce nella comunicazione obbligatoria UNI_Distacco_UE due nuove sezioni:

  • la sezione relativa alla comunicazione della notifica motivata per i distacchi di lunga durata: all’interno di detta sezione la Distaccante deve motivare il “distacco di lunga durata” al fine di garantire al lavoratore distaccato le maggiori tutele previste dall’art. 4 bis del D. Lgs 136/2016 e riportate nel paragrafo precedente;
  • la sezione in cui la Distaccante comunica la sostituzione di uno o più lavoratori distaccati per svolgere le medesime mansioni nello stesso luogo: in detta sezione la Distaccante dovrà fornire informazioni circa il lavoratore sostituito e tener conto del periodo in cui lo stesso è stato distaccato.

Il rinnovato modello di UNI_Distacco_UE sarà operativo sull’apposito sito istituzionale del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali una volta che il Decreto Ministeriale in questione verrà registrato da parte della Corte di Conti e successivamente pubblicato.

Corte di Giustizia Europea: i minimi retributivi tra le clausole inderogabili

La Corte di Giustizia Europea, con sentenza del 15 luglio 2021, nell’ambito di due distinti procedimenti presi in esame congiuntamente, ha osservato che non sono derogabili convenzionalmente le norme riguardanti la retribuzione minima del Paese in cui il lavoratore distaccato ha svolto abitualmente la propria attività.

Il procedimento C152/20

I fatti hanno visto due lavoratori citare il proprio datore di lavoro dinanzi al competente tribunale rumeno affinché venisse condannato a pagare la differenza tra le retribuzioni effettivamente percepite e le retribuzioni minime alle quali, a loro avviso, avrebbero avuto diritto in forza della normativa italiana relativa alla retribuzione minima stabilita dal contratto collettivo di settore.

In particolare, i lavoratori ritenevano che la normativa italiana sulla retribuzione minima fosse a loro applicabile in forza dell’articolo 8 del regolamento europeo “Roma I”. Sebbene i contratti fossero stati conclusi in Romania, era in Italia che avevano svolto abitualmente le loro funzioni. In merito, essi sostenevano che il luogo a partire dal quale avevano svolto le loro missioni, avevano ricevuto istruzioni e nel quale erano tornati al termine delle stesse, si trovava in Italia, dove, peraltro, sarebbero state effettuate la maggior parte delle attività di trasporto.

Nel resistere, il datore di lavoro osservava che:

  • i due dipendenti avevano lavorato su autocarri immatricolati in Romania e sulla base di licenze di trasporto rilasciate conformemente alla normativa rumena applicabile e
  • la comunicazione delle istruzioni e l’organizzazione attinenti all’attività svolta erano avvenute in Romania.

Il procedimento C218/20

Il procedimento principale nella causa C-218/20 verte sulla legge applicabile alla remunerazione di un conducente di autocarri rumeno, impiegato presso una società rumena, che aveva svolto la sua attività esclusivamente in Germania.

Al contratto di lavoro erano accluse due clausole:

  • una ai sensi della quale i contenuti di tale contratto erano integrati dalle previsioni della legge n. 53/2003 e
  • una in forza della quale le controversie relative ad esso dovevano essere trattate dall’organo giurisdizionale competente ratione materiae e ratione loci.

Il contratto di lavoro non menzionava esplicitamente il luogo in cui il lavoratore avrebbe dovuto esercitare la sua attività: sul punto, questi eccepiva che il luogo a partire dal quale aveva svolto le sue missioni e ricevuto le sue istruzioni era la Germania. Inoltre, lo stesso adduceva che gli autocarri utilizzati erano parcheggiati in Germania e le missioni di trasporto effettuate si erano svolte all’interno dei confini di tale Stato.

Con ricorso proposto dinanzi al giudice del rinvio, il sindacato rumeno di cui il lavoratore era membro chiedeva che il datore di lavoro fosse condannato a pagargli la differenza tra le retribuzioni effettivamente percepite e la retribuzione minima alla quale avrebbe avuto diritto in forza del diritto tedesco.

A dire del sindacato, infatti, la normativa tedesca sulla retribuzione minima si applicava al rapporto di lavoro in forza dell’articolo 8 del regolamento europeo “Roma I”. Sebbene il contratto fosse stato concluso in Romania, era in Germania che il lavoratore aveva svolto abitualmente le sue funzioni, maturando dunque il diritto a beneficiare della retribuzione minima prevista dalla normativa tedesca.

Secondo il datore di lavoro, invece, era stato specificamente pattuito che il contratto individuale di lavoro sarebbe stato regolamentato dal diritto del lavoro rumeno.

L’orientamento della Corte di Giustizia Europea

In via preliminare, la Corte ha constatato che, in entrambi i casi, non appare chiaro se i conducenti di autocarri fossero lavoratori distaccati nell’ambito di una prestazione di servizi oppure lavoratori che, pur non avendo tale qualità, svolgessero abitualmente la loro attività in un paese diverso da quello in cui aveva sede il datore di lavoro.

La Corte ha osservato come l’articolo 8 del regolamento Roma I stabilisca norme speciali di conflitto di leggi relative al contratto individuale di lavoro. Norme che si applicano quando, in esecuzione del contratto, il lavoro è svolto in almeno uno Stato diverso da quello della legge scelta. Il paragrafo 1 di detto articolo prevede, in particolare, che:

  • il contratto individuale di lavoro è disciplinato dalla legge scelta dalle parti conformemente all’articolo 3 di tale regolamento e
  • tale scelta non può condurre al risultato di privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle disposizioni a cui non è permesso derogare convenzionalmente in forza della legge che sarebbe applicabile al contratto in mancanza di una scelta siffatta.

Se tali disposizioni offrono al lavoratore interessato una protezione migliore rispetto a quelle previste dalla legge scelta” – ha osservato la Corte – “esse prevalgono su queste ultime mentre, mentre […] la legge scelta rimane applicabile al resto del rapporto contrattuale“.

A tal riguardo, viene rilevato che l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento europeo “Roma I” rinvia alla legge del paese nel quale o, in mancanza, a partire dal quale il lavoratore, in esecuzione del contratto di lavoro, svolge abitualmente la sua attività.

Il regolamento “mira quindi a garantire, nei limiti del possibile, il rispetto delle disposizioni che garantiscono la protezione del lavoratore previste dal diritto del paese in cui quest’ultimo esercita le sue attività professionali“.

La corretta applicazione del regolamento in esame implica che l’organo giurisdizionale nazionale:

  • in primis, identifichi la legge che sarebbe stata applicabile in mancanza di scelta e determini le regole alle quali, conformemente a quest’ultimo, non è permesso derogare convenzionalmente e
  • in un secondo tempo, confronti il livello di protezione di cui beneficia il lavoratore in forza di tali norme con quello previsto dalla legge scelta dalle parti. Qualora il livello previsto dalle suddette norme garantisca un migliore livello di protezione, occorrerà applicare queste stesse norme.

Nel caso di specie, il giudice del rinvio sembra ritenere che, a causa dei luoghi nei quali i conducenti hanno abitualmente svolto il loro lavoro, talune disposizioni della legge italiana e della legge tedesca relative alla retribuzione minima potrebbero, in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento Roma I, applicarsi al posto della legge rumena scelta dalle parti.

In merito poi alla questione se siffatte norme costituiscano disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente ai sensi di tale articolo, la Corte rileva che “dalla formulazione stessa di detta disposizione risulta che tale questione deve essere valutata conformemente alla legge che sarebbe stata applicabile in mancanza di scelta. Sarà, dunque, lo stesso giudice del rinvio a dover interpretare la norma nazionale di cui trattasi“.

Secondo la Corte, le norme relative alla retribuzione minima del paese in cui il lavoratore subordinato ha svolto abitualmente la sua attività possono, in linea di principio, essere qualificate come «disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente» in virtù della legge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile”, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento europeo “Roma I”.

In considerazione di quanto precede, per entrambi i procedimenti, la Corte ha dichiarato che l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento Roma I “deve essere interpretato nel senso che, qualora la legge che disciplina il contratto individuale di lavoro sia stata scelta dalle parti di tale contratto e sia diversa da quella applicabile […], si deve escludere l’applicazione di quest’ultima, ad eccezione delle «disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente» secondo la stessa, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, di detto regolamento, fra le quali possono rientrare, in linea di principio, le norme relative alla retribuzione minima“.

Tribunale di Foggia: la collocazione in cassa non sospende il comporto

Con l’ordinanza dello scorso 17 luglio, il Tribunale di Foggia ha affermato che i giorni in cui il lavoratore – già assente per malattia – viene posto in Cassa Integrazione vanno computati ai fini del superamento del periodo di comporto non avendo il datore il potere di modificare il titolo dell’assenza.

I fatti di causa

Nel caso di specie, un dipendente veniva licenziato per aver fruito di un periodo di malattia di complessivi giorni 430 a fronte dei 420 giorni previsti dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro.

Il lavoratore impugnava in giudizio il provvedimento, eccependo di essere stato collocato, unitamente a tutti gli altri dipendenti della società datrice di lavoro, in Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria con causale Covid-19. La collocazione in cassa, a suo dire,  aveva sostituito ad ogni effetto il periodo di malattia di cui stava fruendo.

A sostegno della propria tesi, il lavoratore richiamava l’art. 3, comma 7, del D.lgs. 148/2015, nonché la Circolare INPS n. 197/2015, secondo al quale “il trattamento di integrazione salariale sostituisce in caso di malattia l’indennità giornaliera di malattia, nonché l’eventuale integrazione contrattualmente prevista”.

La decisione del Tribunale

In primis, il Tribunale di Foggia, richiamando le argomentazioni espresse dal Tribunale di Pesaro con sentenza n. 16/2021, ha sottolineato che con la sopra citata disposizione il legislatore ha inteso esclusivamente prevedere una diversa imputazione della prestazione economica ricevuta dal dipendente in caso di fruizione di un periodo di integrazione salariale. Prestazione che resta, comunque, di competenza dell’INPS, non volendo il legislatore intervenire sulla causale dell’assenza che attiene, invece, al rapporto privato tra lavoratore e datore di lavoro.

Il Giudice ha così voluto evidenziare come tale diversa imputazione non ha alcuna connessione con l’istituto del comporto e con il titolo della sospensione della prestazione lavorativa.

È infatti da escludere, secondo il Tribunale, che il datore di lavoro possa arbitrariamente mutare il titolo dell’assenza del lavoratore quando lo stesso è in malattia. Ciò, si porrebbe in contrasto con un diritto costituzionale, quale il diritto alla salute.

In quest’ottica, il Tribunale ricorda che il mutamento del titolo dell’assenza è consentito solo se è il lavoratore a richiederlo, come ad esempio avviene quando il dipendente sostituisce alla malattia la fruizione delle ferie allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto.

In questo caso, grava poi sul datore di lavoro accettare o meno tale richiesta e, in caso di rifiuto, dedurre le ragioni organizzative che hanno portato al mancato accoglimento della richiesta. In difetto di prova contraria opera una presunzione di continuità dell’episodio morboso addotto dal dipendente quale causa della sospensione della prestazione lavorativa.

Traslando quanto sopra nel caso di specie, a parare delle Corte, il lavoratore, avendo trasmesso i certificati di malattia in modo continuativo, ha dimostrato, con comportamento concludente, di voler proseguire lo stato di malattia, con conseguente avanzamento del periodo di comporto.

Secondo il Tribunale, a nulla vale la circostanza dedotta in giudizio dal dipendente, secondo cui la società non gli avrebbe mai comunicato il suo collocamento in cassa integrazione CIGO: ciò che si rileva è che il lavoratore abbia continuato ad inoltrare al datore di lavoro i certificati medici attestanti il suo stato di malattia.

Sulla base di tutte le motivazioni sopra citate, il Tribunale di Foggia ha rigettato il  ricorso e compensato le spese di lite.

Ottobre 2021: NOVITA’ E RINNOVI CCNL

  1. CCNL Autostrade e trafori (Concessionari): contratto a tempo parziale

Ai soli lavoratori con contratto a tempo parziale e indeterminato di durata pari a 880 ore annue è data facoltà di chiedere all’azienda di elevare stabilmente a 960 ore la predetta durata minima contrattuale annua della prestazione lavorativa.

Le richieste dei lavoratori interessati, ai sensi del CCNL, possono essere presentate dal 1° ottobre 2021 al successivo 30 novembre, con solo riguardo alle prestazioni lavorative decorrenti dal 1° gennaio 2022.

La prestazione, comprensiva di tale incremento, dovrà essere distribuita su dodici mesi con un minimo di due prestazioni in ciascun mese e su almeno due diverse settimane.

  1. CCNL Dirigenti terziario/Dirigenti autotrasporto/ Dirigenti magazzini generali: assistenza sanitaria integrativa

A decorrere dal mese di ottobre 2021, il contributo di finanziamento al fondo di assistenza sanitaria “Mario Besusso” dovuto dal datore di lavoro è elevato dal 5,50% al 5,51% per ciascun dirigente in servizio. Il contributo è riferito ad una retribuzione convenzionale annua di Euro 45.940,00.

 

  1. CCNL Dirigenti terziario/Dirigenti magazzini generali: formazione

Con decorrenza ottobre 2021 il contributo all’Ente CFMT (Centro di Formazione Management del Terziario) annuo sarà pari ad Euro 290,00 a carico del datore di lavoro e ad Euro 130,00 a carico del dirigente. Gli importi sono comprensivi della quota di contributo sindacale di adesione contrattuale e per l’espletamento delle funzioni aggiuntive attribuite al CFMT in materia di servizi di welfare e politiche attive. In via transitoria, tali contributi saranno versati al fondo di previdenza “Mario Negri” con i criteri, le modalità ed i sistemi previsti per i versamenti di pertinenza del fondo stesso.

 

  1. CCNL Dirigenti terziario/ Dirigenti magazzini generali: previdenza complementare

A decorrere dal mese di ottobre 2021, il contributo di finanziamento al fondo di previdenza complementare “Mario Negri” dovuto dal datore di lavoro è elevato dal 12,35% al 12,86% per ciascun dirigente in servizio.

Dalla medesima data, il contributo a carico del datore di lavoro per la previdenza integrativa individuale (Associazione Antonio Pastore) è determinato in Euro 4.296,45 in ragione d’anno.

 

  1. CCNL Dirigenti imprese autotrasporto: previdenza complementare

A decorrere dal mese di ottobre 2021, il contributo a carico del datore di lavoro in favore del fondo di previdenza complementare stabilito dal CCNL è fissato in Euro 4.296,45 in ragione d’anno. Il contributo dovuto da parte del dirigente è, in ragione d’anno, invece pari a Euro 464,81.

 

  1. CCNL Metalmeccanica (Piccola industria – Confapi): classificazione del personale

Le declaratorie contrattuali prevedono che, a decorrere dal mese di ottobre 2021, i lavoratori inquadrati nella 1° categoria che svolgono “attività produttive semplici per abilitarsi alle quali non occorrono conoscenze professionali, ma è sufficiente un periodo minimo di pratica” dovranno essere inquadrati nella 2° categoria.

 

  1. CCNL Metalmeccanica (Piccola industria – Confimi): contributi contrattuali

Le aziende, mediante affissione in bacheca da effettuarsi a partire dal 1° ottobre 2021 e fino al successivo 30 novembre, comunicano che in occasione del rinnovo del CCNL i sindacati stipulanti Fim e Uilm chiedono ai lavoratori non iscritti una quota associativa straordinaria di 35,00 euro da trattenere sulla retribuzione afferente al mese di dicembre.

Le aziende sono tenuta a distribuire, insieme alle buste paga del mese di ottobre 2021, un apposito modulo che consente ai lavoratori di accettare o rifiutare la richiesta del sindacato e che dovrà essere da questi riconsegnato all’azienda entro il 15 novembre 2021.

 

  1. Aumento dei minimi retributivi dal 1° ottobre 2021

A decorrere dal 1° ottobre 2021 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti contratti collettivi nazionali di lavoro:

  • CCNL Agenzie immobiliari;
  • CCNL Imprese portuali;
  • CCNL Magazzini generali;
  • CCNL Restauro beni culturali;
  • CCNL Trasporto e spedizione merci (Artigianato);
  • CCNL Trasporto e spedizione merci (Confetra);
  • CCNL Trasporto e spedizione merci (FAI);
  • CCNL Trasporto, facchinaggio (Cooperative).

 

  1. “Una tantum”

Nel mese di ottobre 2021 è prevista l’erogazione di importi a titolo di “una tantum” ai sensi dei seguenti contratti collettivi nazionali di lavoro:

  • CCNL Agricoltura (Impiegati);
  • CCNL Cartai (Industria);
  • CCNL Magazzini generali;
  • CCNL Marittimi;
  • CCNL Pesca marittima (Personale non imbarcato);
  • CCNL Trasporto e spedizione merci (Artigianato);
  • CCNL Trasporto e spedizione merci (Confetra);
  • CCNL Trasporto e spedizione merci (FAI);
  • CCNL Trasporto, facchinaggio (Cooperative);
  • CCNL Lavoro domestico.
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