Piani di Welfare aziendale a carattere premiale: la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate

Con la Risoluzione n. 55/E/2020, del 25 settembre, l’Agenzia delle Entrate ha risposto positivamente ad un’istanza di interpello presentata da una Società intenzionata all’attivazione di un piano di Welfare attraverso due distinti regolamenti aziendali in forza dei quali, al raggiungimento di un obiettivo di fatturato minimo, sarebbe stato riconosciuto ai dipendenti un credito Welfare da utilizzare attraverso una specifica piattaforma web.

La Società, con il suo l’interpello, domandava:

  • se, in caso di adozione di un piano di Welfare a carattere premiale ed incentivante, i crediti welfare potevano non concorrere alla formazione del reddito da lavoro dipendente secondo le disposizioni dell’art. 51 comma 2 e 3 del TUIR e
  • se i costi sostenuti dalla Società per l’attuazione del piano di Welfare potessero essere totalmente deducibili ai fini IRES secondo le disposizioni dell’art. 95 del TUIR.

Considerazioni dell’Agenzia delle Entrate

  1. Regime fiscale delle somme erogate a titolo di credito Welfare

In relazione all’applicabilità del regime di cui all’art. 51 commi 2 e 3 del TUIR l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che le somme erogate a titolo di credito Welfare non concorrono alla formazione del reddito se i benefit sono messi a disposizione della generalità o di categorie di dipendenti.

Tale indicazione era già stata confermata con la circolare n. 28/E/2016, allorquando l’Agenzia delle Entrate aveva sottolineato la possibilità di avvalersi di piani di welfare legati alla premialità, ancorché offerti alla generalità o a categorie omogenee di dipendenti.

Si è ribadito, inoltre, che l’espressione “categorie di dipendenti” è da intendersi in senso ampio e non limitato alle categorie previste da codice civile. Sono considerate “categorie”, ad esempio, anche i dipendenti di un certo “livello”, “inquadramento” o con una certa “anzianità di servizio”.

Per quanto riguarda, invece, il carattere premiale e incentivante di un piano di Welfare la cui erogazione di beni e servizi è vincolata al raggiungimento di un obiettivo aziendale, secondo l’Agenzia delle Entrate l’applicabilità del regime di cui all’art. 51 commi 2 e 3 permane anche quando i beni e i servizi vengono corrisposti per gratificare i lavoratori.

L’Agenzia, infatti, nel caso in esame, ha ritenuto prevalente l’aspetto della c.d. “fidelizzazione” dei dipendenti che non viene meno quando la ripartizione dei benefitnon trovi (ndr trova) giustificazione nella valutazione dell’attività lavorativa del dipendente, sia singolarmente considerato che in gruppo, ovvero su valutazioni strettamente connesse alla prestazione lavorativa.

In considerazione di quanto espresso dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione in esame, risulta in linea con i commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR un piano welfare che premia i lavoratori in ipotesi di incremento del fatturato aziendale, con una graduazione dell’erogazione dei benefits in base alla retribuzione annua lorda di ogni singolo dipendente e purché i benefits non vengano erogati in sostituzione della retribuzione fissa o di quella variabile.

2. Deducibilità ai fini IRES dei costi per implementare il Piano Welfare

Per quanto riguarda, invece, la deducibilità ai fini IRES dei costi che la Società sostiene per l’implementazione del Piano di Welfare, l’Agenzia delle Entrate non ha evidenziato criticità nell’applicare l’art. 95 del TUIR se i crediti welfare riconosciuti ai lavoratori vengono erogati in ragione di un contratto, un accordo o un regolamento aziendale che possa configurare l’adempimento di un obbligo negoziale.

L’Agenzia delle Entrate, riprendendo la circolare n. 28/E del 15 giugno 2016, ha infatti chiarito che un regolamento, affinché configuri l’adempimento di un obbligo negoziale, non deve essere revocabile e non deve essere modificabile in autonomia dal datore di lavoro. In tale circostanza i costi per i benefits del piano di welfare sostenuti dal datore di lavoro sono totalmente deducibili ai fini IRES e non nel solo limite del cinque per mille previsto dall’art. 100 del TUIR.

Licenziamento per raggiungimento limiti di età: obbligo al preavviso contrattuale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18955 pubblicata il giorno 11 settembre 2020, ha affermato che nel caso di licenziamento per raggiungimento dei limiti di età è comunque dovuto al lavoratore il preavviso o la relativa indennità sostitutiva.

I fatti

I fatti di causa riguardano un lavoratore, inquadrato come dirigente, a cui era applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti del settore industriale (il “CCNL”). Il dirigente – avente diritto alla pensione di vecchiaia dal 4 febbraio 2009, data del compimento del 65° anno di età – aveva ricevuto una prima comunicazione di risoluzione del rapporto di lavoro il 26 marzo 2008 con effetto dal successivo 30 giugno.

In data 14 gennaio 2009 l’azienda comunicava al dirigente la risoluzione del rapporto al 4 febbraio 2009, operando quindi una rettifica della comunicazione inviata il 26 marzo 2008.

Il dirigente adiva così l’autorità giudiziaria e risultando soccombente ricorreva in appello.

La Corte d’appello adita riteneva sussistente l’obbligo datoriale al preavviso, osservando come l’art. 2118 cod. civ. non ponesse limitazioni di sorta e neppure l’art. 22 del CCNL escludesse un tale obbligo in caso di risoluzione del rapporto di lavoro per raggiunti limiti di età.

In merito al quantum, la Corte d’appello osservava come il preavviso effettivamente fruito dal lavoratore fosse stato pari a soli 18 giorni, intercorrenti dal 14 gennaio 2009 al 4 febbraio 2009, neanche lontanamente congruo a quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, con ogni conseguenza in termini di riconoscimento della relativa indennità per il periodo non accordato. Per questo motivo, la Corte di Appello condannava il datore di lavoro al pagamento in favore del dirigente dell’indennità sostitutiva del preavviso riferita alla differenza tra i 12 mesi dovuti a norma di CCNL e i 18 giorni di preavviso effettivamente allo stesso garantiti.

Avverso la decisione dei giudici di merito la società datrice di lavoro proponeva ricorso per cassazione, cui il dirigente resisteva con controricorso.

La decisione della Corte di Cassazione

A detta della Suprema Corte la sentenza impugnata ha precisato come proprio la società datrice di lavoro avesse, con il suo comportamento, confermato che il raggiungimento dei limiti di età – nonostante abilitasse la stessa a procedere con il licenziamento ad nutum – non esonerava comunque dal garantire il preavviso al lavoratore, in coerenza anche con una corretta lettura dell’art. 22 del CCNL.

La medesima Corte ha enunciato di aver più volte statuito che “la tipicità e tassatività delle cause d’estinzione del rapporto di lavoro escludono risoluzioni automatiche al compimento di determinate età ovvero con il raggiungimento di requisiti pensionistici”, diversamente da quanto accade, ad esempio, nel lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni in tema di collocamento a riposo d’ufficio.

Pertanto, in assenza di un valido atto risolutivo del datore di lavoro, secondo la Corte, il rapporto “prosegue con diritto del lavoratore a percepire le retribuzioni anche successivamente al compimento del sessantacinquesimo anno di età. A ciò consegue che, nel campo dei rapporti di lavoro di natura privatistica, per la risoluzione del rapporto per limiti di età anagrafica del lavoratore, al datore di lavoro è imposto comunque l’obbligo di preavviso.

Alla società datrice di lavoro, contrariamente a quanto determinato in appello, è stata riconosciuta solo l’effettiva decorrenza del preavviso dalla prima comunicazione inviata al lavoratore – datata 26 marzo 2008 – in luogo della seconda inviata il 14 gennaio 2009. A detta dei giudici della Cassazione, infatti, non può ritenersi che la seconda comunicazione abbia avuto effetti estintivi della prima, in quanto “finalizzata solo alla anticipazione del termine, originariamente fissato, di cessazione del rapporto, ferma restando la manifestata volontà risolutiva”.

Tuttavia, il termine applicabile nella fattispecie (12 mesi dal 26 marzo 2008) non è risultato interamente rispettato, con la conseguenza che la Corte di Cassazione ha riconosciuto al lavoratore il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso in misura corrispondente al periodo non goduto, pari ad un mese e ventidue giorni (dal 4 febbraio 2009 al 26 marzo 2009). Tale soluzione è stata considerata coerente con quanto previsto dall’art. 1231 cod. civ., che esclude la novazione (e quindi in generale un fenomeno estintivo) in presenza di modifiche che riguardano l’apposizione e/o l’eliminazione di un termine.

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La sentenza in commento giunge, dunque, alla conclusione secondo la quale nel campo dei rapporti di lavoro di natura privatistica, per la risoluzione del rapporto per limiti di età anagrafica del lavoratore, il datore di lavoro è legittimato a procedere con un recesso ad nutum pur nel rispetto dell’obbligo del preavviso contrattualmente dovuto.

CCNL Grafici Editoriali (Piccola Industria – UNIGEC-CONFAPI, UNIMATICA-CONFAPI): flexible benefits

Il CCNL Grafici Editoriali (il “CCNL”) prevede che, a decorrere dal mese di febbraio di ogni anno, le aziende mettano a disposizione di tutti i lavoratori dei flexible benefits per un importo di Euro 258,00 da utilizzare entro il 31 dicembre dell’anno stesso. Qualora, per il corrente anno, non sia ancora stata data attuazione a tale previsione, il CCNL dispone che tali emolumenti possano essere conferiti ai lavoratori a partire dal mese di ottobre 2020, con utilizzo comunque vincolato entro il dicembre di quest’anno.

Si ricorda che hanno diritto a quanto sopra i lavoratori, superato il periodo di prova, in forza al 1° gennaio di ciascun anno o successivamente assunti entro il 31 dicembre di ciascun anno:

  • con contratto a tempo indeterminato;
  • con contratto a tempo determinato che abbiano maturato almeno sei mesi, anche non consecutivi, di anzianità di servizio nel corso di ciascun anno (1° gennaio/31 dicembre). Sono esclusi i lavoratori in aspettativa non retribuita né indennizzata nel periodo 1° gennaio/31 dicembre.

CCNL Telecomunicazioni (Call-center “outbound” – Assotelecomunicazioni): incremento compenso orario minimo garantito

È stato differito al 1° novembre 2020 l’incremento del compenso orario minimo garantito per i collaboratori che svolgono attività di vendita di beni e servizi e di recupero crediti realizzati attraverso call-center “outbound”, inizialmente programmato per il 1° aprile 2020 e successivamente rinviato al 31 luglio 2020.

Nell specifico ai collaboratore in questione, vengono riconosciuti i compensi conseguenti al raggiungimento degli obiettivi prefissati dal committente qualora risultino superiori ai compensi che spettano allo stesso in relazione al numero totale di ore effettivamente lavorate.

L’incremento in favore dei collaboratori è disposto con l’applicazione del 100% del minimo tabellare del 2° livello di inquadramento del CCNL, rapportato alle ore di effettiva prestazione nel periodo di vigenza del contratto di collaborazione.

CCNL – Agenzie di viaggio e turismo (Confcommercio): premio di risultato

Il CCNL del 24 luglio 2019 prevedeva che, in mancanza di un accordo sul premio di risultato stipulato entro il 30 aprile 2020, il datore di lavoro fosse tenuto ad erogare, con la retribuzione del mese di maggio 2020, degli importi premianti parametrati per ciascun livello di inquadramento.

 

Con il successivo accordo del 28 maggio 2020, tali termini sono stati posticipati al 30 novembre 2020 e al 31 dicembre 2020, fatti salvi gli accordi di miglior favore sottoscritti in materia.

 

In dettaglio, gli importi sono quantificati come segue:

 

Livello

Euro

A, B

186,00

1, 2, 3

158,00

4, 5

140,00

6S, 6, 7

112,00

 

La proroga dello stato di emergenza estende lo smart working semplificato

Il Decreto Legge n. 125 del 7 ottobre scorso ha esteso al 31 gennaio 2021 il corrente stato di emergenza dovuto al diffondersi della pandemia da COVID-19. Il precedente termine era fissato al 15 ottobre 2020.

Il cosiddetto smart working semplificato non segue però la proroga dello stato di emergenza. Infatti, secondo quanto disposto in precedenza dal decreto Rilancio, lo smart working semplificato è al momento esteso fino al 31 dicembre 2020.

Fino a tale data i datori di lavoro potranno quindi accordare ai lavoratori prestazioni di lavoro agile senza l’obbligo di stipulare il relativo accordo individuale con ciascuno di essi. Resta comunque dovuta nei consueti termini la comunicazione telematica al Ministero del Lavoro, mediante il portale “Cliclavoro”. Ovviamente, nel frattempo potrebbero essere emessi ulteriori provvedimenti a regolare il lavoro agile e le relative scadenze.

 

Le istruzioni operative dell’INPS per i lavoratori con figli in quarantena

Con la circolare n. 116 del 2 ottobre u.s., l’INPS ha fornito le istruzioni operative in merito alle modalità di fruizione del congedo Covid-19 da parte dei lavoratori dipendenti in caso di quarantena dei figli impegnati a scuola.

Come noto, l’articolo 5 del D.L. 111/2020 ha introdotto, a favore dei genitori lavoratori dipendenti, un congedo indennizzato (c.d. congedo COVID-19 per quarantena scolastica dei figli) da utilizzare per astenersi dal lavoro, in tutto o in parte, in corrispondenza del periodo di quarantena del figlio convivente e minore di anni quattordici, disposta dal Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico.

Il congedo può essere fruito alternativamente da entrambi i genitori se non possono svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile.

L’Istituto nella sua circolare ha riportato i casi di compatibilità e incompatibilità tra il congedo Covid -19 in esame e altre tipologie di assenza.

A titolo esemplificativo, resta incompatibile la fruizione del predetto congedo con tipologie di assenza, quali la malattia, la maternità/paternità, le ferie, l’aspettativa non retribuita ed i permessi e congedi ai sensi della legge 104/1992.

Inoltre, l’Istituto ha riportato i casi di incompatibilità tra il congedo de quo e altre tipologie di assenza relative all’altro genitore convivente con il figlio. Tra essi si annoverano il congedo parentale, i riposi giornalieri della madre o del padre e gli strumenti a sostegno del reddito per sospensione dell’attività lavorativa.

Nella circolare è stato, altresì, precisato che la domanda deve essere presentata esclusivamente in via telematica, (i) attraverso il portale web www.inps.it, se si è in possesso del PIN rilasciato dall’istituto oppure (ii) tramite il Contact Center Integrato dell’istituto o i servizi offerti dai Patronati.

La domanda può avere ad oggetto periodi di fruizione del congedo antecedenti la data di presentazione della domanda stessa, purché ricadenti nel periodo tra il 9 settembre ed il 31 dicembre 2020.

Nella domanda devono essere indicati gli elementi identificativi del provvedimento di quarantena disposto dal Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente.

Esonero contributivo per i datori di lavoro che non richiedono ulteriore trattamenti di integrazione salariale

Dando seguito alle disposizioni del decreto agosto, con la circolare n.105 dello scorso 18 settembre, l’Inps ha fornito le prime istruzioni relative all’esonero contributivo previsto per i datori di lavoro che non richiedono ulteriori trattamenti di integrazione salariale.

In particolare, potranno accedere al beneficio i datori di lavoro che abbiano già fruito, nei mesi di maggio e giugno 2020, degli interventi di integrazione salariale per emergenza Covid-19.

L’Inps ha precisato che si tratta di un esonero totale, ad esclusione dei premi Inail ed altre contribuzioni minori – e che il suo ammontare sarà pari alla contribuzione non versata per il doppio delle ore di integrazione salariale fruite nei mesi di maggio e giugno 2020.

Inoltre, l’importo dell’esonero dovrà essere riparametrato e applicato su base mensile per un periodo massimo di quattro mesi e non potrà superare, per ogni singolo mese, l’ammontare dei contributi dovuti nel mese.

Tuttavia, per la concreta applicazione dell’esonero sarà necessario attendere l’autorizzazione della Commissione Europea oltre che un ulteriore messaggio INPS.

Aumento dei minimi retributivi dal 1° ottobre 2020

A decorrere dal 1° ottobre 2020 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti contratti collettivi nazionali di lavoro:

  • CCNL CENTRI ELABORAZIONE DATI (Assoced)
  • CCNL ENERGIA – ENI (Confindustria)
  • CCNL PETROLIO – INDUSTRIA PRIVATA (Confindustria)
  • CCNL POMPE FUNEBRI (FENIOF)
  • CCNL RADIOTELEVISIONI PRIVATE (Confindustria, ANICA)

Siglato il CCNL Lavoro Domestico (Fidaldo, Domina)

Il giorno 8 settembre 2020 è stato siglato il CCNL sulla disciplina del lavoro domestico. Il contratto decorre dal 1° ottobre 2020 sino al 31 dicembre 2022.

Tra le novità si annovera l’introduzione dal prossimo 1° ottobre delle seguenti indennità:

  • sino al compimento del sesto anno di età di ciascun bambino assistito, l’assistente familiare inquadrato nel profilo B Super (baby sitter) ha diritto di percepire un’indennità mensile pari a 115,76 euro (0,70 euro valori orari). Tale indennità è assorbibile da eventuali superminimi individuali di miglior favore percepiti dal lavoratore;
  • al lavoratore inquadrato nel livello C S o DS addetto all’assistenza di più di una persona non autosufficiente, è dovuta un’indennità di 100,00 euro mensili (0,43 euro orari), anch’essa assorbibile da eventuali superminimi individuali di miglior favore percepiti dal lavoratore.

Siglato l’Accordo per il rinnovo del CCNL Gomma Plastica

Il 16 settembre 2020 è stato siglato l’Accordo per il rinnovo del CCNL per gli addetti dell’industria della gomma, cavi elettrici ed affini e all’industria delle materie plastiche. Il contratto decorre dal 1° luglio 2019 sino al 31 dicembre 2022.

Nel dettaglio, sono state integrate nel CCNL le definizioni di trattamento economico minimo (TEM) e trattamento economico complessivo (TEC). Circa tale ultimo istituto, le parti hanno individuato gli elementi economici che lo definiscono, affiancando al TEM stesso gli scatti di anzianità, l’indennità sostitutiva del premio di risultato, le maggiorazioni e altre voci e indennità contrattuali, oltre alla contribuzione ai fondi di assistenza sanitaria e previdenza integrativa.

È stato, tra le altre, previsto un aumento medio sui minimi di 63 Euro suddiviso in due tranche: (i) la prima di Euro 32 dal 1° gennaio 2021; (ii) la seconda di Euro 31 da gennaio 2022.

Ulteriori novità riguardano l’indennità per lavoro notturno, che sarà proporzionata all’effettiva prestazione lavorativa, e l’indennità sostitutiva del premio di risultato, la quale sarà erogata da tutti i datori di lavoro che, nei 3 anni precedenti, non abbiano realizzato o applicato la contrattazione del premio di risultato.

Furto in azienda: il licenziamento è legittimo quando previsto dalla contrattazione collettiva (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, settembre 2020)

La Corte di Cassazione, con la sentenza n 11005 del 9 giugno 2020, si è espressa circa il licenziamento di un lavoratore, reo di aver sottratto due pennelli aziendali, che gli sono stati ritrovati nello zaino.

In particolare, la sentenza del 30 maggio 2018 della Corte d’Appello di Roma confermava la decisione presa dal Tribunale di Cassino, rigettando la domanda proposta dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro, volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato. Nei fatti in discussione, il recesso veniva operato dal datore di lavoro in relazione al ritrovamento nella borsa del lavoratore, al termine del turno, di due pennelli considerati di provenienza aziendale, per la somiglianza a quelli in uso nell’azienda e presenti in magazzino.

Le giustificazioni del lavoratore, di fatto, non sono state ritenute idonee a dimostrare la proprietà da parte sua dei pennelli, né hanno fornito una logica alternativa a quella dell’illecita sottrazione dei pennelli al fine di trarne un ingiusto profitto ai danni dell’azienda. Di contro, i testimoni intervenuti hanno confermato l’identità dei pennelli con quelli adoperati in azienda, verificando dunque la fattispecie di cui all’art. 32 del CCNL applicabile, che prevede il licenziamento come misura sanzionatoria proporzionata al caso di specie. Difatti, l’episodio – a prescindere dal valore economico dei pennelli, ovviamente modico – ha comportato la lesione del vincolo fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro, da cui l’applicazione tempestiva della sanzione prevista dal contratto collettivo.

In dettaglio, secondo i Giudici di legittimità, la Corte territoriale ha derivato il convincimento della proprietà aziendale dei pennelli avvalendosi di una fotografia che, in effetti, riproduceva l’immagine di due pennelli generici in uso nell’azienda e non esattamente di quelli rivenuti nello zaino. Detta fotografia, ha argomentato la Suprema Corte, non è stata funzionale al riconoscimento materiale degli oggetti sottratti, bensì a stabilire – sulla base della testimonianza dei dipendenti – se quegli oggetti generici mostrati in foto corrispondessero o meno ai pennelli rinvenuti nello zaino del lavoratore.

La Suprema Corte, nel respingere infine il ricorso del lavoratore, dichiara come addebitabile a quest’ultimo la mancanza riconducibile all’ipotesi del furto in azienda, che lo stesso contratto collettivo include tra le fattispecie passibili della massima sanzione. Il giudizio di proporzionalità espresso dalla Corte territoriale fondato sull’idoneità della condotta addebitata a ledere il vincolo fiduciario è, di conseguenza, da considerarsi immune da vizi, in quanto tale vincolo si intende come la possibilità di affidamento del datore nell’esatto adempimento delle prestazioni future, a fronte della quale alcuna rilevanza può essere attribuita all’esiguo valore dei beni sottratti.

Fonte: Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro

Contratto a tempo determinato: le novità del Decreto Agosto

Una delle normative più discusse negli ultimi anni è quella sui contratti a termine e le numerose novità introdotte hanno indubbiamente influito sulle scelte datoriali e sull’attuale sistema occupazionale.

Le previsioni del Decreto Dignità

Da ultimo le modifiche strutturali più importanti sono state apportate dal Decreto Legge 12 luglio 2018, n. 87  convertito dalla Legge 9 agosto 2018, n. 96 (c.d. Decreto Dignità) che ha modificato alcune disposizioni introdotte dal Jobs Act (D.Lgs. 81/2015).

In particolare, il Decreto Dignità consente la stipulazione del primo contratto senza le c.d. “causali” (cioè, specifiche ragioni giustificatrici), solo se non supera la durata di dodici mesi.

Invece, la proroga dello stesso (se la durata complessiva eccede i dodici mesi) e/o la stipulazione di un ulteriore contratto (rinnovo) può essere elevata a ventiquattro mesi in presenza di almeno una delle seguenti causali:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro;
  • esigenze sostitutive di altri lavoratori;
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria del datore di lavoro.

Il contratto a tempo determinato, pertanto, non può avere una durata superiore a ventiquattro mesi, comprensiva di eventuali proroghe e/o rinnovi. Ciò, salvo diverse disposizioni previste nei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Il legislatore è intervenuto anche sul numero massimo di proroghe prevedendo la possibilità di estendere il contratto a tempo determinato fino a un massimo di quattro volte.  Viene inoltre ribadito che la proroga deve riferirsi alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto a tempo determinato è stato stipulato e l’indicazione della causale è necessaria solo quando il termine complessivo superi i dodici mesi.

Nelle ipotesi di rinnovo viene, invece, prevista la necessità di apporre una delle predette casuali a prescindere dalla durata del contratto originariamente stipulato.

Le previsioni del Decreto Agosto

Oggi, per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica da COVID-19 in atto e per garantire maggiore flessibilità ai datori di lavoro nell’uso del contratto a tempo determinato, il Decreto-Legge n. 104 del 14 agosto 2020 (c.d. Decreto Agosto) ha introdotto importanti novità.

Nello specifico, l’art. 8 del Decreto Agosto, in deroga a quanto disposto dal Decreto Dignità, ha previsto la possibilità per i datori di lavoro privati di rinnovare o prorogare fino al 31 dicembre 2020, ferma restando la durata complessiva di 24 mesi, i contratti tempo determinato, anche senza l’apposizione di una ragione giustificatrice.

Sul punto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (l’”INL”), con la nota n. 713 del 16 settembre 2020, ha chiarito che il termine del 31 dicembre 2020 è riferito esclusivamente alla formalizzazione della proroga o del rinnovo. La durata del rapporto potrà protrarsi anche nel corso del 2021, fermo restando il limite complessivo dei 24 mesi.

Da ultimo il Decreto Agosto ha statuito che i rinnovi e le proroghe a-causali sono ammessi per una sola volta. 

Tale disposizione ha creato inizialmente indirizzi di segno opposto circa la possibilità dei datori di lavoro che hanno già esaurito il numero massimo di proroghe, di poter prorogare ulteriormente il contratto a termine. Tale dubbio interpretativo è stato chiarito dall’INL, sempre con la nota del 16 settembre 2020, n.71.

In particolare, l’INL ha ribadito la possibilità di prorogare una sola vola senza l’apposizione di una causale anche i rapporti di lavoro che in forza di precedenti contratti, avevano già raggiunto il limite massimo di 4 proroghe.

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Concludendo, per completezza, va evidenziato che secondo l’orientamento interpretativo prevalente della normativa le citate nuove disposizioni si applicano anche alla somministrazione a termine stante l’equiparazione tra le due tipologie contrattuali confermata dagli articoli del Decreto Dignità.

DL 111/2020: novità in materia di Congedi e Smart Working

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 223 del giorno 8 settembre 2020 il DL 111/2020 recante “Disposizioni urgenti per far fronte a indifferibili esigenze finanziarie e di sostegno per l’avvio dell’anno scolastico, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Il Decreto de quo è entrato in vigore il successivo 9 settembre.

Entriamo nel dettaglio delle principali novità in materia lavoristica.

Diritto allo smart working 

Viene sancito il diritto al lavoro agile (c.d. smart working) per i lavoratori dipendenti, per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio convivente, minore di anni quattordici, disposta dal Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico.

Congedo Covid

Nei casi in cui, invece, la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità di lavoro agile, è prevista la possibilità, per uno dei due genitori, di astenersi dal lavoro per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio.

Per i periodi di congedo, in luogo della retribuzione, è riconosciuta una indennità pari al 50% della retribuzione, calcolata seguendo la medesima ratio prevista per i periodi di maternità/paternità ovverosia identificando, in primis, la retribuzione imponibile INPS del periodo mensile precedente quello in cui il lavoratore si assenta.

Tale valore andrà diviso per 26 nelle casistiche di “operai” e per 30 nelle casistiche di “impiegati”: il risultato del rapporto identificherà la “retribuzione media giornaliera” (RMG), da riproporzionare al 50% e moltiplicare per i giorni di assenza del lavoratore.

È opportuno evidenziare, altresì, che il beneficio è riconosciuto nel limite di spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2020 e, pertanto, sarà l’Inps stesso a monitorare le risorse disponibili e a sospenderle in caso di raggiungimento del limite di spesa.

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I suddetti periodi sono coperti da contribuzione figurativa.

La possibilità di fruire di questi benefici è fissata entro il termine del 31 dicembre 2020.

Entrambe le misure non possono essere adottate se, nel periodo di quarantena del minore, l’altro genitore è già in regime di smart working o non svolge alcuna attività lavorative.

Un’altra attività durante la malattia può legittimare il licenziamento

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 18245 del 2 settembre 2020, ha ribadito il principio secondo il quale lo svolgimento di una attività (lavorativa o extralavorativa) durante l’assenza dal lavoro per malattia può costituire grave inadempimento degli obblighi contrattuali gravanti sul lavoratore, se essa è tale da pregiudicare o ritardare la guarigione.

I fatti

Il caso di specie trae origine dall’azione giudiziale promossa da un lavoratore avverso il licenziamento per giusta causa intimatogli dal proprio datore di lavoro, con cui rivendicava la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno.

Nel dettaglio, il Tribunale (prima) e la Corte d’appello (poi) territorialmente competenti accertavano che il lavoratore – inabile al lavoro per tre giorni a causa di una “dermatite acuta alle mani” – aveva espletato attività, nei medesimi giorni di assenza, presso il bar-pasticceria di proprietà della moglie. Qui si occupava, tra le altre incombenze, del lavaggio stoviglie e della preparazione di caffè, esponendo le mani a fonte di calore.

Il lavoratore, a parere dei giudici di merito, aveva così violato i doveri di correttezza e buona fede imposti in costanza di malattia e finalizzati a garantire il sollecito recupero delle energie da porre a disposizione del datore di lavoro.

Il lavoratore soccombente ricorreva in cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione adita, nel rigettare il ricorso del lavoratore, ha confermato la rilevanza disciplinare dell’addebito mosso nei suoi confronti. Ciò in quanto volto, “non tanto a contestare la mancanza di giustificazione dell’assenza, quanto a sanzionare la sottrazione consapevole del lavoratore all’obbligo della prestazione lavorativa, oltre che agli obblighi contrattuali in genere”.

Questa conclusione, prosegue la Corte di Cassazione, risulta “conforme a quanto reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui lo svolgimento di  altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio “ex ante” in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio” (cfr., tra le altre, Cass. 19.10.2018 n. 26496, Cass. 27.4.2017 n. 1041).

Sempre secondo la Corte di Cassazione, “l’espletamento di altra attività, lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idoneo a giustificare il recesso del datore di lavoro (solo) laddove si riscontri che l’attività espletata costituisca indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione”.

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La sentenza in commento giunge, dunque, alla conclusione secondo la quale lo svolgimento di altra attività (lavorativa o meno) da parte del dipendente assente per malattia è idonea a giustificare e legittimare il recesso del datore di lavoro per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, se è tale da aggravare la patologia nonché i tempi di guarigione ed il rientro in servizio.

Veicoli aziendali e fringe benefit: le prime indicazioni dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 46 del 14 agosto 2020, si è espressa in merito alla valorizzazione del fringe benefit ai fini fiscali e contributivi dei veicoli concessi in uso promiscuo ai lavoratori dipendenti.

Normativa di riferimento

L’intervento dell’Agenzia delle Entrate segue la modifica dell’art. 51, comma 4, lettera a), del DPR 917/1986 (TUIR) ad opera della legge n. 160/2019 (c.d. Legge di bilancio 2020) in vigore dal 1° gennaio di quest’anno. Tale modifica ha previsto, con decorrenza dal 1° luglio 2020, una revisione della quantificazione del fringe benefit imponibile in base alle emissioni di CO2 per chilometro, avvantaggiando le vetture meno inquinanti ai danni di quelle che producono più anidride carbonica.

Nel dettaglio, la nuova scrittura della norma prevede che per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, con valori di emissione di anidride carbonica non superiori a 60 g/km di CO2, concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° luglio 2020, si debba assumere come base imponibile – fiscale e, per effetto dell’armonizzazione, anche contributiva – il 25% dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle ACI, al netto delle somme eventualmente trattenute al dipendente da parte del datore di lavoro a fronte della concessione del benefit.

La menzionata percentuale è elevata al 30% per i veicoli con valori di emissione di anidride carbonica superiori a 60 g/km ma non a 160 g/km; qualora tali valori siano invece superiori a 160 g/km ma non a 190 g/km, la predetta percentuale è elevata al 40% per l’anno 2020 e al 50% a decorrere dall’anno 2021; per i veicoli con valori di emissione di anidride carbonica superiori a 190 g/km, infine, la percentuale è pari al 50% per l’anno 2020 e al 60% a decorrere dall’anno 2021.

Restano esclusi i contratti già in essere a tale data, per i quali continua ad applicarsi la vecchia normativa, che prevede la determinazione del fringe benefit nella misura fissa del 30%.

I chiarimenti dell’Agenzia dell’Entrate

In merito alle nuove previsioni, l’Agenzia delle Entrate – rispondendo ad un’istanza di interpello posta da un datore di lavoro – ha fornito alcuni chiarimenti di rilievo circa la corretta identificazione della platea di autoveicoli, motocicli e ciclomotori soggetti alla nuova normativa.

In dettaglio, l’istante ha chiesto di sapere:

  • a quale momento debba intendersi riferita la data del 1° luglio 2020. In particolare, ha chiesto se debba essere considerata la data dell’accordo tra datore di lavoro e dipendente con scelta del veicolo da assegnare oppure la data in cui il fornitore riceve l’ordine di acquisto o di noleggio da parte della azienda richiedente e
  • se l’immatricolazione del veicolo debba essere effettuata necessariamente dopo la data di stipula del contratto oppure anche antecedentemente purché dopo il 1° gennaio 2020.

Sul punto l’Agenzia delle Entrate ha risposto che la portata della locuzione di “nuova immatricolazione” è da ricondursi agli autoveicoli, motocicli e ciclomotori immatricolati dal 1° luglio 2020, a nulla rilevando la data di entrata in vigore della Legge di Bilancio 2020 (1° gennaio 2020). Sia per ragioni logico-sistematiche che di coerenza temporale del nuovo regime, l’amministrazione fiscale non ha ritenuto plausibile considerare due diversi momenti ai fini dell’operatività della norma in commento, ovvero il 1° gennaio 2020 per il rispetto del requisito temporale dell’immatricolazione e il 1° luglio 2020 per il rispetto dell’altro requisito temporale relativo alla stipula del contratto, con il quale è concesso in uso promiscuo il benefit.

Inoltre, è necessario – affinché la nuova formulazione della lettera a) del comma 4 dell’art. 51 del TUIR possa trovare applicazione – che gli autoveicoli, motocicli e ciclomotori siano concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° luglio 2020. Questo in quanto – a detta dell’Agenzia – la concessione dell’auto in uso promiscuo al lavoratore non è da considerare come atto unilaterale bensì un vero e proprio contratto tra datore di lavoro e dipendente.

Da ultimo, l’amministrazione ha fornito un parere in merito alla disciplina fiscale applicabile nell’ipotesi in cui il contratto di concessione in uso promiscuo del veicolo sia stipulato dopo il 1° luglio 2020, ma il veicolo sia stato immatricolato prima di detta data. In questo caso, la quantificazione della base imponibile è da ricercarsi nei principi generali che regolano la determinazione del reddito di lavoro dipendente.

A riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha fatto riferimento alla risoluzione n. 74/2017, con cui ha precisato che, laddove il legislatore non abbia indicato un criterio forfettario per la valorizzazione di un benefit, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili. Ciò, al fine di evitare che l’intero “valore normale” del bene conferito concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente. Di conseguenza, il benefit dovrà essere fiscalmente valorizzato per la sola parte riferibile all’uso privato mezzo, scorporando dal suo valore normale l’utilizzo effettuato nell’interesse del datore di lavoro.

Dal 16 settembre la ripresa dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali all’INPS

I decreti che si sono succeduti nel corso dell’emergenza avevano disposto la sospensione dei versamenti in scadenza nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020. Di tale sospensione hanno potuto beneficiare i datori di lavoro ricompresi in determinate categorie delineate dai medesimi decreti.

In particolare, per i datori di lavoro che hanno beneficiato della sospensione la scadenza entro cui procedere ai versamenti è stata rimandata al 16 settembre 2020.

Il pagamento dei contributi previdenziali sospesi può essere effettuato in un’unica soluzione o mediante rateizzazione.

In merito a quest’ultima modalità di pagamento, l’articolo 97 del Decreto Legge n. 104/2020 (c.d. Decreto agosto) ha disposto che il versamento delle somme sospese, senza applicazione di sanzioni e interessi, potrà essere effettuato secondo il seguente schema:

  • il 50% delle somme dovute in un’unica soluzione entro il 16 settembre 2020, o, mediante rateizzazione, fino ad un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020;
  • il restante 50% delle somme dovute, mediante rateizzazione, fino ad un massimo di ventiquattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 gennaio 2021.

Ripresa dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali

Come è  noto, i Decreti Legge n. 9,18 e 34/2020 hanno disposto la sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali nei mesi di aprile e maggio 2020.
La ripresa dei versamenti dei contributi è fissata per il 16 settembre e, a tal proposito, l’Inps, con il messaggio 2871, ha fornito istruzioni operative.
Il pagamento dei contributi previdenziali sospesi deve essere effettuato tramite “modello F24” entro il 16 settembre 2020, in un’unica soluzione o mediante rateizzazione in un massimo di quattro soluzioni mensili non inferiori a 50 euro ciascuna.
I datori di lavoro interessati alla fruizione del pagamento rateale dovranno presentare un’apposita domanda all’INPS, da inviarsi in via telematica tramite un intermediario abilitato.

FIS: disponibile il modello di autocertificazione del fruito

Il 14 luglio 2020 l’INPS ha emanato il messaggio n. 2806, con il quale ha integrato le indicazioni già contenute in una precedente circolare in materia di CIGO. In particolare, l’istituto ha fornito istruzioni per consentire alle aziende che richiedono l’assegno ordinario FIS di inviare l’autodichiarazione del “periodo effettivamente fruito”.
L’autodichiarazione consiste in un file excel, mediante il quale l’azienda può calcolare l’eventuale periodo di FIS residuo ancora da fruire, che potrà essere oggetto di una domanda di proroga da presentare all’INPS mediante l’apposito applicativo. Tale autodichiarazione dovrà essere predisposta dall’azienda che intende prorogare un trattamento di FIS già autorizzato dall’INPS ma non ancora interamente fruito e andrà allegata al momento della presentazione della domanda di proroga del trattamento. Qualora la domanda di proroga sia stata presentata prima della diffusione del file, sarà possibile inviare l’autocertificazione all’INPS mediante cassetto previdenziale.

Legge di Bilancio 2020: le novità in materia di fringe benefit

Con l’obiettivo di disincentivare l’utilizzo di autovetture ad alta emissione di Co2, la Legge di Bilancio 2020 ha introdotto, con decorrenza dal 1° luglio di quest’anno, nuove regole sugli assoggettamenti del fringe benefit per le autovetture aziendali concesse in uso promiscuo ai lavoratori.

Per quanto riguarda i contratti di leasing, acquisto o noleggio stipulati sino al 30 giugno 2020, il fringe benefit da assoggettare sarà quantificato in misura pari al 30% dell’importo risultante dalle tabelle ACI per ogni veicolo, come da vecchie regole.

Per quanto riguarda invece i contratti stipulati dal 1° luglio e i veicoli immatricolati da tale data, la percentuale varierà in maniera proporzionale alle emissioni di Co2 e potrà raggiungere il 50% nel caso di emissioni maggiori a 190g/km.

Diversamente, nel caso in cui le emissioni fossero inferiori a 60g/km, la percentuale scenderà al 25%, rendendo dunque più conveniente l’utilizzo di auto a basso impatto ambientale.

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