Il datore costretto a licenziare ha diritto alla restituzione del ticket NASPI

Il Tribunale di Udine, con sentenza n. 106/2020, ha affermato che il datore di lavoro indotto a licenziare un proprio dipendente per assenza ingiustificata ha il diritto di trattenere dalle competenze di fine rapporto allo stesso spettanti l’importo versato all’INPS a titolo di ticket di licenziamento (c.d. “ticket NASPI”).

I fatti di causa

Nel caso di specie un lavoratore manifestava oralmente al legale rappresentate della società datrice di lavoro la propria intenzione di rassegnare le dimissioni a causa dei problemi di salute del padre, chiedendo, tuttavia, di essere formalmente licenziato al fine di poter beneficiare dell’indennità mensile di disoccupazione, c.d. NASPI.

Dinanzi al rifiuto, il lavoratore minacciava di assentarsi dal lavoro. Ciò nonostante, la società decideva di accordargli un prolungato periodo di ferie per assistere il padre. A conclusione del periodo di ferie il lavoratore non si presentava sul posto di lavoro senza giustificare in alcun modo la propria assenza nonostante i ripetuti solleciti.

A fronte del protrarsi dell’assenza ingiustificata, dopo aver esperito la procedura disciplinare di cui all’art. 7 della Legge 300/1970, la società licenziava il lavoratore per giusta causa. Non solo. La società procedeva anche a trattenere dalle spettanze di fine rapporto l’ammontare del ticket di licenziamento dovuto all’INPS nonché altre somme a titolo di risarcimento dei danni subiti per la mancata prestazione lavorativa.

Il lavoratore proponeva ricorso per decreto ingiuntivo per vedersi restituire tutte le somme trattenute atteso che la decisione unilaterale di recedere dal rapporto di lavoro sarebbe stata presa da datore di lavoro.

La società si opponeva al decreto ingiuntivo emesso a suo carico affinché venisse revocato. Resisteva il lavoratore chiedendo il rigetto del ricorso presentato dalla stessa e, per l’effetto, la conferma del decreto in questione.

La decisione del Tribunale

A parere del Tribunale è stato adeguatamente provato, nell’ambito dell’attività istruttoria espletata, che la decisione di porre fine al rapporto di lavoro è stata presa unilateralmente dal lavoratore. Questi – a fronte del rifiuto dell’azienda di procedere con il licenziamento richiesto – si è, infatti, assentato deliberatamente per farsi licenziare.

Pertanto, secondo il Tribunale “le spese sostenute da (ndr dalla società) per dare (involontariamente) corso alla decisione di recesso assunta dal lavoratore non possono che essere addossate a quest’ultimo e, nello specifico, il (ndr il lavoratore) sarà tenuto a corrispondere alla ricorrente le somme da questa spese a titolo di c.d ticket licenziamento. Il c.d. ticket di licenziamento è infatti un onere che la (ndr la società) ha dovuto sopportare esclusivamente perché il (ndr il lavoratore), anziché dimettersi, senza costi per l’azienda, l’ha deliberatamente posta nella necessità di risolvere il rapporto lavorativo”.

In considerazione di quanto sopra, il Tribunale ha revocato il decreto ingiuntivo emesso a carico della società opponente e ha accertato, per quel che ci interessa, la sussistenza del credito della stessa per l’ammontare del ticket di licenziamento, essendo appunto il recesso imputabile alla condotta omissiva del dipendente.

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La sentenza in commento (allo stato non si rinvengono precedenti) giunge in sostanza alla conclusione secondo la quale il datore di lavoro, indotto a licenziare un lavoratore per assenza ingiustificata, ha diritto al risarcimento del danno subito e corrispondente all’importo del ticket NASPI versato all’INPS.

 

Cessione d’azienda e mutazione dello straordinario forfettizzato in superminimo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24145 del 30 ottobre 2020, ha affermato che, in caso di cessione di azienda, il lavoratore ha diritto alla conservazione dell’elemento distinto della retribuzione previsto dal contratto individuale di lavoro.

I fatti di causa

La Corte di Appello di Catanzaro aveva accolto il ricorso proposto da un lavoratore, con qualifica di anestesista, transitato alle dipendenze di un’altra società per effetto di una cessione d’azienda.

Il lavoratore, in particolare, aveva rivendicato il proprio diritto alla conservazione dell’elemento distinto della retribuzione (denominato “EDAPR”) attribuitogli dalla cedente e goduto per oltre un decennio (dal 4 gennaio 2001 al 27 maggio 2011), chiedendo, per l’effetto, la condanna della cessionaria al pagamento delle somme dovute a tale titolo nel periodo dal 27 maggio 2011 al 31 gennaio 2015.

Sul punto, la Corte distrettuale aveva ritenuto che (i) al lavoratore fosse stato riconosciuto l’importo a titolo di “EDAPR” come compenso forfettario per prestazioni di lavoro straordinario eventualmente svolte (c.d. straordinario forfettizzato”) e (ii) lo stesso si fosse trasformato, nel corso del rapporto di lavoro, in un superminimo costituente parte integrante della retribuzione del lavoratore. 

La Corte territoriale aveva dunque riconosciuto il diritto alla conservazione dell’elemento distinto della retribuzione e dell’anzianità di servizio maturata dal lavoratore come una corretta applicazione dell’art. 2112 cod. civ., allorquando dispone che il dipendente della cedente conserva tutti i diritti che derivano dall’originario rapporto, escludendo, al contempo, l’impossibilità di richiamare il comma 4 del medesimo articolo a fondamento di modifiche unilaterali del rapporto da parte della società cessionaria.

Avverso la decisione emessa dai giudici di merito la società soccombente ricorreva alla Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso della società, ha ribadito le peculiarità contenute nell’art. 2112 cod. civ. affermando testualmente che esso “assicura a favore dei dipendenti dell’imprenditore che trasferisce l’azienda o un suo ramo la garanzia della conservazione di tutti i diritti derivanti dal rapporto lavorativo con l’impresa cedente e mira alla tutela dei crediti già maturati dal lavoratore ed al rispetto dei trattamenti in vigore”.

La Suprema Corte ha, inoltre, evidenziato come nel caso di specie il compenso sia stato correttamente identificato come un elemento della retribuzione funzionale alla prestazione nel suo complesso e che “il compenso forfettario della prestazione resa oltre l’orario normale di lavoro accordato al lavoratore per lungo tempo, ove non sia correlato all’entità presumibile della prestazione straordinaria resa, costituisce attribuzione patrimoniale che, con il tempo, assume funzione diversa da quella originaria, tipica del compenso dello straordinario, e diviene un superminimo che fa parte della retribuzione ordinaria e non è riducibile unilateralmente dal datore di lavoro”.

A parere della Corte, il datore di lavoro può optare per il riconoscimento di un compenso a forfait – omnicomprensivo e non vincolato al numero di ore effettivamente lavorate oltre l’orario normale – volto a ristorare il lavoratore delle prestazioni di carattere straordinario. Il relativo quantum non è conseguenza di una rilevazione a consuntivo delle ore straordinarie prestate moltiplicate per le relative maggiorazioni. La sua misura è determinata a priori in funzione di un accordo tra le parti per compensare un monte ore di lavoro straordinario che si “presume” venga reso attraverso un’erogazione costante nel tempo.

Tale emolumento, divenendo dunque un elemento della retribuzione ordinaria del lavoratore, non è passibile di revoca unilaterale da parte del datore di lavoro.

Con queste motivazioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dal datore di lavoro, condannandolo al pagamento delle spese di giudizio.

 

Decreto Agosto e Decreto Ristori: le indicazioni operative dell’Ispettorato

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con la nota n. 963 del 5 novembre 2020, ha fornito ulteriori indicazioni operative su alcune modifiche apportate in sede di conversione in legge del Decreto-legge n. 104/2020 (c.d. Decreto Agosto) nonché sulle disposizioni in materia di ammortizzatori sociali e sospensione dei versamenti contenute nel più recente Decreto-legge n. 137/2020 (c.d. Decreto Ristori).

Proroga e rinnovo dei contratti a termine e dei contratti di somministrazione

L’articolo 8 del Decreto Agosto, come modificato dalla legge di conversione n. 126/2020, ha introdotto all’articolo 93 del Decreto Rilancio, convertito con modificazioni nella Legge n. 77/2020, il comma 1 bis prevedendo una importante deroga al limite di durata massima dei contratti di somministrazione a termine.

In particolare, la disposizione va a integrare il comma 1 dell’articolo 31 del Decreto Legislativo n. 81/2015, stabilendo che, fino al 31 dicembre 2021, il lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia di somministrazione, può essere impiegato dall’utilizzatore a tempo determinato per periodi di missione superiori a 24 mesi anche non continuativi, senza che ciò comporti la costituzione in capo allo stesso utilizzatore di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Tale possibilità è subordinata alla seguente duplice condizione:

  • il lavoratore deve aver stipulato con l’agenzia di somministrazione un contratto di lavoro a tempo indeterminato;
  • la stessa agenzia di somministrazione deve aver comunicato all’utilizzatore la suddetta tipologia di assunzione.

Licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo

Numerose novità sono state, inoltre, apportate in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo dalla legge di conversione del Decreto Agosto e dal Decreto Ristori.

In particolare, la prima è intervenuta abrogando l’articolo 14, comma 4, del Decreto Agosto che prevedeva, a determinate condizioni, la possibilità per il datore di lavoro di revocare, con effetto retroattivo e senza l’applicazione di oneri o sanzioni, il licenziamento intimato al dipendente.

Il Decreto Ristori è, invece, intervenuto in maniera più incisiva in materia:

  • prorogando fino al 31 gennaio 2021 il divieto di licenziamento e
  • confermando le ipotesi di esclusione dal predetto divieto previste dal Decreto Agosto (i.e. i licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività d’impresa o in caso di fallimento o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro).

Nuovi trattamenti di CIGO, Assegno ordinario e CIGD ed esonero dal versamento dei contributi previdenziali per aziende che non richiedono i nuovi trattamenti

Al fine di contemperare le esigenze economiche aziendali con la proroga del divieto di cui al paragrafo che precede, l’articolo 12 del Decreto Ristori disciplina la fruizione (i) degli ammortizzatori sociali per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19 per una durata massima di sei settimane, dal 16 novembre fino al 31 gennaio 2021, e (ii) dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali, alternativa al trattamento di integrazione salariale.

Entriamo ora nel dettaglio.

  1. Nuovi trattamenti di CIGO, Assegno ordinario e CIGD

Come previsto dal comma 2 dell’art. 12 del Decreto Ristori, le sei settimane aggiuntive sono fruibili dai datori di lavoro che abbiano già interamente goduto delle 18 settimane di integrazione salariale previste dal Decreto Agosto nonché dai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dalle misure restrittive del DPCM del 24 ottobre 2020. Dette settimane sono soggette al medesimo contributo addizionale già previsto dal Decreto Agosto per le seconde e ulteriori nove settimane di richiesta di intervento di integrazione salariale.

Nessun contributo addizionale è dovuto, invece, dai datori di lavoro che:

  • hanno subito una perdita di fatturato pari o superiore al 20% nel suddetto periodo, oppure
  • hanno avviato l’attività di impresa successivamente al 1° gennaio 2019, oppure
  • appartengono ai settori interessati dal DPCM del 24 ottobre 2020.
  1. Esonero dal versamento contributivo

In alternativa alle sei settimane aggiuntive dei suddetti trattamenti è possibile fruire dell’esonero contributivo (sono esclusi i premi e i contributi da versare all’INAIL) fino al 31 gennaio 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nel mese di giugno 2020.

Tuttavia, in analogia all’esonero contributivo previsto dal Decreto Agosto, anche il suddetto beneficio è subordinato alla preventiva autorizzazione della Commissione europea.

Sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali 

L’articolo 13 del Decreto Ristori ha previsto la sospensione dei termini relativi ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi INAIL dovuti nel mese di novembre 2020.

La sospensione è riservata ai datori di lavoro che hanno la sede operativa nel territorio dello Stato, appartenenti ai settori interessati dal DPCM 24 ottobre 2020 e che svolgono come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO riportati nell’Allegato del Decreto Ristori (ad esempio: bar, ristoranti, alberghi, gelaterie e pasticcerie, palestre, cinema, sale giochi e biliardi).

I pagamenti in questione dovranno essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi:

  • in un’unica soluzione entro il 16 marzo 2021 o
  • mediante rateizzazione, fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 marzo 2021. Il mancato pagamento di due rate, anche non consecutive, determina la decadenza dal beneficio della rateazione.

Riscatto di laurea pagato come incentivo all’esodo: il parere dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 490 del 21 ottobre 2020, è intervenuta in merito al trattamento fiscale applicato alla contribuzione previdenziale versata dal datore di lavoro all’INPS per il riscatto agevolato della laurea di alcuni lavoratori coinvolti in un accordo sindacale di incentivazione all’esodo.

Il pagamento del riscatto di laurea

I fatti riguardano l’interpello proposto all’amministrazione finanziaria da un’azienda interessata – nell’ambito di un piano di riduzione generalizzata del personale – a coinvolgere alcuni propri dipendenti a fine carriera in un accordo di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro che preveda una particolare forma di accompagnamento alla pensione.

Nell’ambito dell’offerta economica riconosciuta per “l’uscita”, l’azienda concederebbe, infatti, ai lavoratori di percepire, entro il limite massimo equivalente a 12 mensilità della retribuzione annua lorda di riferimento di ciascuno, una somma da destinare al pagamento dei contributi previdenziali necessari per il riscatto agevolato del corso di laurea, volto all’anticipazione del conseguimento del diritto a pensione.

Propedeuticamente, il datore di lavoro siglerebbe uno specifico accordo con l’INPS al fine di accentrare presso di sé il versamento della contribuzione previdenziale utile al pagamento dell’onere di riscatto. Pertanto, i lavoratori che dovessero decidere di destinare una quota dell’incentivo all’esodo a tale iniziativa, ne farebbero esplicita richiesta alla società. Questa, a sua volta, accantonerebbe contestualmente l’importo da destinare al pagamento accentrato dei contributi previdenziali comunicati dall’INPS. 

La deduzione fiscale dell’onere di riscatto

Inoltre, la società, in qualità di sostituto d’imposta, provvederebbe a rielaborare il conguaglio fiscale di fine rapporto dei dipendenti coinvolti riconoscendo in via automatica la deduzione dell’onere per la contribuzione volontaria, da far valere a riduzione del reddito di lavoro dipendente prodotto in corso d’anno e assoggettato a tassazione ordinaria.

A dire del datore di lavoro, infatti, “dalla determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione separata sembrerebbero, interpretando letteralmente la norma contenuta nell’articolo 19, comma 2 del TUIR, non rientrare i contributi «versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza», bensì solo i «contributi obbligatori dovuti per legge»”.

Le conclusioni dell’Agenzia delle Entrate

In merito all’operazione prospettata dal datore di lavoro, l’autorità fiscale ha precisato, in prima istanza, come i contributi previdenziali versati all’INPS per conto del dipendente si considerano reddito da assoggettare a tassazione separata. Ciò in quanto costituiscono una forma di incentivo all’esodo al pari del resto dell’indennità prevista per la cessazione del rapporto di lavoro.

L’Agenzia delle Entrate ha, infatti, osservato come l’incentivo all’esodo si sostanzi, in via generale, “in un’offerta, da parte del datore di lavoro, di somme aggiuntive rispetto a quelle dovute al dipendente per legge e/o contratto, che accetta di risolvere anticipatamente il rapporto di lavoro”. Nella fattispecie in esame, dunque, l’incentivo all’esodo, comprensivo della quota destinata a riscattare i periodi d’istruzione universitaria, “dovrà essere assoggettato a tassazione separata con l’aliquota applicata al Trattamento di Fine Rapporto”.

Circa l’operazione di conguaglio fiscale di fine rapporto menzionata dalla società, l’Agenzia delle Entrate ha rappresentato come “la deducibilità dal reddito complessivo dei contributi volontari alla forma pensionistica obbligatoria di appartenenza può essere riconosciuta anche dal datore di lavoro ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera h) del TUIR, in applicazione del quale non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, tra l’altro, «le somme trattenute al dipendente per oneri di cui all’articolo 10 e alle condizioni ivi previste»”.

L’autorità fiscale ha esposto, infatti, come la finalità perseguita dalla norma sia quella di evitare che “il lavoratore debba presentare la dichiarazione dei redditi al solo fine di fruire di oneri deducibili di cui il datore di lavoro è a conoscenza, avendo effettuato trattenute per gli stessi”.

Per quanto riguarda, infine, il trattamento ai fini IRES della somma destinata al pagamento dei contributi previdenziali del riscatto, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che questa costituisce “una controprestazione per agevolare la risoluzione consensuale del rapporto ed abbia (ndr ha), quindi, una specifica connessione con il rapporto di lavoro, con conseguente deducibilità come componente negativo del reddito di impresa”.

Dicembre 2020: NOVITA’ E RINNOVI CCNL

1. CCNL Commercio (ANPIT – CISAL): welfare contrattuale

A decorrere dal periodo di paga di dicembre 2020, viene riconosciuto a tutti i lavoratori in forza, che abbiano superato il periodo di prova, un emolumento a titolo di welfare contrattuale. Detto emolumento deve essere tenuto distinto dagli eventuali benefici di analoga natura presenti in azienda.

Tale importo risulta pari a:

  • Euro 100 per impiegati e operai;
  • Euro 300 per i quadri;
  • Euro 600 per i dirigenti.

Il CCNL dispone che altre due tranches di compenso welfare, diversamente determinati, sono da erogarsi nei mesi di dicembre 2021 e dicembre 2022.

2. CCNL Commercio Cooperative di consumo/ CCNL Occhiali – Industria: assistenza sanitaria integrativa

Ai sensi di quanto disposto dal CCNL Commercio Cooperative di consumo, a decorrere dal 1° dicembre 2020, il contributo a carico delle imprese per il finanziamento del Fondo Coopersalute per i dipendenti della distribuzione cooperativa viene elevato ad Euro 11,00 mensili per tutto il personale in forza.

Il CCNL Occhiali-Industria prevede, invece, che il contributo mensile a Sanimoda pari a 8 Euro venga incrementato di 4 Euro, per complessivi 12 Euro mensili, per il periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2020.

3. CCNL Penne, matite e spazzole – Industria: elemento di garanzia retributiva

In assenza di contrattazione collettiva aziendale o nel caso in cui la contrattazione si chiudesse senza un formale accordo entro il mese di novembre di ciascun anno, il datore di lavoro sarà tenuto ad erogare al personale in forza una somma lorda annua a titolo perequativo, onnicomprensiva e non incidente sul TFR.

Tale importo lordo è pari a Euro 275,00 per il 2020 ed Euro 300,00 per gli anni successivi da erogarsi con la retribuzione del mese di dicembre di ciascun anno.

4. CCNL Aeroporti – Trasporto aereo: lavoro stagionale

In data 17 giugno 2020 le parti contrenti il CCNL hanno siglato due accordi in cui è stato stabilito che le assunzioni effettuate da tale data e fino al 31 dicembre 2020 con la causale “Stagionalità” continuano ad essere disciplinate dall’Accordo del 19 novembre 2018 e successive proroghe.

In ragione della drastica riduzione delle attività di handling determinata dall’emergenza COVID-19 e dai riflessi del trascorrere del tempo sulle decadenze in tema di diritto di precedenza, in via eccezionale, è stato inoltre previsto di non computare a tale fine il periodo che intercorre dal 1° marzo 2020 fino al successivo 31 dicembre.

5. CCNL Agenzie di viaggio e turismo (Confcommercio): premio di risultato

Il CCNL stilato in data 24 luglio 2019 ha previsto che, in mancanza di un accordo sul premio di risultato aziendale sottoscritto entro il 30 aprile 2020, il datore di lavoro debba erogare gli importi stabiliti a tale titolo con la retribuzione del mese di maggio 2020.

6. CCNL Alimentari / Cooperative e Alimentari – Industria: assistenza sanitaria integrativa

È stato prorogato al 31 dicembre 2020 il versamento da parte dei datori di lavoro di un contributo al Fondo di assistenza sanitaria integrativa (Filcoop), pari ad 1 Euro al mese e riferito a ciascun lavoratore a tempo indeterminato, previsto dal CCNL Alimentari.

È stato anche prorogato al 31 dicembre 2020 il versamento (sempre a carico dei datori di lavoro), previsto dal CCNL Cooperative Alimentari per la bilateralità del settore, di un contributo pari ad 1 Euro al mese per ciascun dipendente.

7. CCNL Cartai – Piccola industria/ CCNL Grafici editoriali – Piccola industria: retribuzione

Entrambi i CCNL hanno statuito che, entro il 31 dicembre 2020, i flexible benefits messi a disposizione dei lavoratori nel mese di ottobre dovranno essere utilizzati.

I CCNL citati hanno previsto, in generale, che a decorrere dal 1° gennaio 2019 l’indennità sostitutiva del premio di risultato e l’elemento di garanzia retributiva vengano sostituiti da flexible benefits per un importo di Euro 258,00 a lavoratore.

8. CCNL Giornali quotidiani: indennità integrativa

È prorogata fino al 31 dicembre 2020 l’erogazione dell’Indennità Integrativa Temporanea ai dipendenti beneficiari, originariamente prevista per le sole mensilità di novembre e dicembre 2019.

Le parti contraenti il CCNL hanno convenuto, inoltre, che tale indennità possa divenire parte integrante dei minimi contrattuali a far data dal 1° gennaio 2021, sulla base di un prossimo e specifico accordo.

9. Aumento dei minimi retributivi dal 1° dicembre 2020

A decorrere dal 1° dicembre 2020 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti contratti collettivi nazionali di lavoro:

  • CCNL Cemento calce – Industria
  • CCNL Istituzioni socio-assistenziali (UNEBA)
  • CCNL Istituzioni Lapidei – Industria

Distacco transnazionale: l’Italia recepisce la nuova disciplina europea (Andrea Di Nino, Sintesi – Ordine dei Consulenti del Lavoro, novembre 2020)

Il decreto legislativo n. 122/2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 15 settembre 2020, ha recepito la direttiva (UE) 2018/957 in materia di distacco transnazionale: le nuove previsioni si innestano nel decreto legislativo n. 136/2016, attuale testo di riferimento di tale istituto nell’ordinamento italiano, apportandovi una serie di modifiche.

L’intento del legislatore europeo – fin dai primi provvedimenti presi in materia – mira a regolamentare le varie fattispecie di distacco transnazionale al fine di prevenire e debellare fenomeni distorsivi del mercato del lavoro comunitario, come il dumping e la somministrazione illecita di manodopera.

Esaminando il nuovo regime disposto dal decreto legislativo n. 122/2020 si ravvisa un generale restringimento delle maglie della regolamentazione, resa più rigorosa in riferimento a numerosi ambiti d’interesse. In primis, si evince come sia stata prevista un’estensione del campo di applicazione della normativa: in particolare, la regolamentazione in materia di distacco transnazionale viene applicata anche a fattispecie più articolate di distacco, come quello operato da agenzie di somministrazione, che in precedenza risultavano escluse dalla disciplina.

In dettaglio, è il caso delle agenzie di somministrazione situate in uno Stato membro diverso dall’Italia che, nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi, distacchino lavoratori presso una propria unità produttiva o presso un’altra impresa, anche appartenente allo stesso gruppo, avente sede in Italia per poi operare un ulteriore distacco presso imprese utilizzatrici italiane. In merito, la nuova normativa ha stabilito che i lavoratori ricompresi in tali fattispecie siano da considerarsi come distaccati in Italia direttamente dall’agenzia di somministrazione con la quale intercorre il rapporto di lavoro.

Inoltre, è stato previsto l’adempimento di un preciso obbligo informativo a carico dell’impresa utilizzatrice italiana, che dovrà informare l’agenzia di somministrazione distaccante circa le condizioni di lavoro e di occupazione che devono essere applicate nei confronti lavoratori distaccati.

Il decreto legislativo in esame ha inoltre chiarito come – nell’ottica di garantire una completa tutela dei diritti e delle condizioni di lavoro – i lavoratori oggetto del distacco debbano essere destinatari delle medesime regole e garanzie applicate ai lavoratori del Paese di destinazione. A tale proposito, il testo della norma riporta l’elencazione puntuale delle materie con riferimento alle quali viene prevista, se più favorevole, l’applicazione della normativa dello Stato membro dove si svolge la prestazione di lavoro.

A titolo esemplificativo, la norma riporta di istituti come i periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo, la durata minima dei congedi annuali retribuiti, la retribuzione, comprese le maggiorazioni per lavoro straordinario, gli standard di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, etc. Con particolare riferimento agli istituti retributivi, si prevede che le voci che compongono la retribuzione individuale debbano essere perfettamente distinte e individuabili allo scopo di disincentivare l’erogazione di rimborsi simulati, aventi il solo fine di aggirare gli obblighi di versamento della contribuzione previdenziale sull’effettiva retribuzione percepita dal lavoratore.

L’intervento del legislatore ha interessato infine anche la durata massima del distacco: in particolare, la durata massima di 24 mesi viene ridotta a 12, con possibilità di estensione di ulteriori 6 mesi previa notifica motivata al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. La normativa prevede adesso che, decorso tale periodo senza che il lavoratore coinvolto sia rientrato dal distacco, trovino automatica applicazione, se più favorevoli, tutte le condizioni di lavoro e di occupazione previste in Italia dalle disposizioni normative e dai contratti collettivi nazionali e territoriali, eccezion fatta per quelle riguardanti le procedure e le condizioni per la conclusione e la cessazione del contratto di lavoro, le clausole di non concorrenza e la previdenza integrativa di categoria. Tale durata massima globale è riferita anche al caso di sostituzione di uno o più lavoratori distaccati per svolgere le medesime mansioni nello stesso luogo. L’identità delle mansioni svolte dai lavoratori è valutata caso per caso, tenendo conto anche della natura del servizio prestato, del lavoro da effettuare e del luogo di svolgimento della prestazione lavorativa.

Fonte: Sintesi

Il riscatto della laurea pagato dal datore di lavoro come forma di incentivo all’esodo: il parere dell’Agenzia delle Entrate (Norme & Tributi Plus Diritto de Il Sole 24 Ore, 17 novembre 2020 – Andrea Di Nino)

Su Norme & Tributi Plus Diritto de Il Sole 24 Ore, l’articolo a firma del nostro Consulente del Lavoro Andrea Di Nino sul parere dell’Agenzia delle Entrate, intervenuta in merito al trattamento fiscale applicato alla contribuzione previdenziale versata dal datore di lavoro all’INPS per il riscatto agevolato della laurea di alcuni lavoratori coinvolti in un accordo sindacale di incentivazione all’esodo. 

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 490 del 21 ottobre 2020, è intervenuta in merito al trattamento fiscale applicato alla contribuzione previdenziale versata dal datore di lavoro all’INPS per il riscatto agevolato della laurea di alcuni lavoratori coinvolti in un accordo sindacale di incentivazione all’esodo.

I fatti riguardano l’interpello proposto all’amministrazione finanziaria da parte di un’azienda interessata – nell’ambito di un piano di riduzione del personale – a coinvolgere alcuni propri dipendenti a fine carriera in un accordo di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro che preveda la possibilità, per questi, di riscattare la laurea in modo agevolato e anticipare, di conseguenza, il conseguimento del diritto a pensione.

Leggi di più nell’articolo scaricabile tramite abbonamento su Norme & Tributi Plus Diritto de Il Sole 24 Ore.

 
 

HR VIRTUAL BREAKFAST “Decreto Ristori e Ristori bis: opportunità e criticità per le imprese” (HR Capital – De Luca & Partners, 19 novembre 2020)

Tornano in modalità webinar gli HR Breakfast di De Luca & Partners insieme alla collaborazione di HR Capital.

Lo scorso giovedì 19 novembre, HR Capital e De Luca & Partners hanno organizzato l’HR Virtual Breakfast con un focus tecnico e normativo sulle ultime novità al lavoro.

Il nostro Consulente del Lavoro Nunzio Lena e Alessandra Zilla, Senior Associate di De Luca & Partners hanno fatto il punto sui recenti decreti emergenziali con la moderazione del Managing Partner di De Luca & Partners, Vittorio De Luca.

L’evento si è tenuto dalle h 9.00 alle h 10.00 tramite la piattaforma Zoom.

AGENDA:

  • Blocco dei licenziamenti
  • Smart-working e congedi straordinari
  • Ammortizzatori sociali
  • Esonero contributivo
  • Sospensione versamenti

La partecipazione è gratuita previa registrazione.

Richiedi le slide scrivendo a: comunicazione@hrcapital.it 

Decreto Ristori: gli aiuti per i datori di lavoro

Il governo, a seguito dell’evoluzione dell’emergenza coronavirus, ha varato un nuovo decreto contenente aiuti per aziende e lavoratori.

In particolare, il Decreto Legge n. 137/2020, anche detto Decreto Ristori, potenzia gli strumenti di cassa integrazione ed assegno ordinario, che saranno a disposizione delle aziende per 6 settimane aggiuntive fruibili dal 16 novembre 2020 al 31 gennaio 2021, a condizione di aver già beneficiato delle 18 settimane stanziate dal Decreto agosto. Inoltre, introduce un nuovo esonero contributivo per le aziende che hanno fruito di ammortizzatori sociali per emergenza COVID-19 nel mese di giugno e che non intendono fruire di queste ulteriori 6 settimane di intervento.

Il decreto introduce inoltre la sospensione dei versamenti di contributi INPS e premi INAIL per i datori di lavoro colpiti dai provvedimenti restrittivi del DPCM dello scorso 24 ottobre, come bar, ristoranti, cinema e teatri: questi datori di lavoro potranno dunque effettuare i versamenti di competenza novembre 2020 entro il 16 marzo 2021 o, in alternativa, in 4 rate decorrenti dalla medesima data.

 

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