Al via il part-time agevolato per i pensionandi

Con l’emanazione della circolare INPS n. 90 del 26 maggio 2016 si chiude il cerchio sul c.d. “part-time agevolato” per i pensionandi, istituto introdotto dalla Legge di Stabilità 2016 e attuato dal Ministero del Lavoro con il Decreto del 7 aprile 2016.

La norma ha in particolare previsto la possibilità per i lavoratori del settore privato di beneficiare di un’agevolazione connessa con la riduzione dell’orario di lavoro (da concordarsi con il datore di lavoro), a condizione che raggiungano il requisito anagrafico per il diritto alla pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018.

L’accesso al c.d. “part-time agevolato” troverà applicazione nei confronti dei lavoratori assunti a tempo indeterminato:

  • la cui data di nascita non sia successiva al maggio 1952;
  • che abbiano un’anzianità contributiva, al momento della richiesta di accesso al beneficio, all’AGO o alle forme sostitutive o esclusive della medesima di almeno 20 anni;
  • che sottoscrivano con il datore di lavoro un accordo di riduzione dell’orario di lavoro contrattualmente previsto in misura non inferiore al 40% e non superiore al 60%.

In tali casi il lavoratore otterrà:

  • mensilmente in busta paga e a carico del datore di lavoro, una somma – omnicomprensiva e che non concorre alla formazione del reddito del lavoratore – pari alla contribuzione previdenziale ai fini pensionistici;

nonché

  • il riconoscimento di una quota aggiuntiva di contribuzione figurativa previdenziale a carico dunque dell’istituto previdenziale.

Il citato decreto ministeriale e la circolare INPS n. 90/2016 hanno delineato, invece, l’iter procedurale e gli adempimenti amministrativi che le parti (in particolare, il datore di lavoro) devono porre in essere per accedere al “part-time agevolato”.

In particolare, mentre al lavoratore compete esclusivamente la richiesta telematica all’INPS, al datore di lavoro spettano una molteplicità di adempimenti tra cui:

  • l’invio dell’accordo sottoscritto con il lavoratore alla Direzione Territoriale del Lavoro territorialmente competente;
  • la compilazione e trasmissione di un’istanza telematica;
  • la compilazione delle denunce retributive/contributive conformemente alle istruzioni impartite dall’ente previdenziale.

Nelle intenzioni del legislatore, l’istituto in argomento potrebbe fungere come leva all’ingresso della nuova generazione nel mercato del lavoro e al ringiovanimento della forza lavoro in Italia.

In particolare, in conformità agli istituti contrattuali attualmente messi a disposizione dal legislatore, la trasformazione a part-time di un lavoratore subordinato prossimo alla pensione di vecchiaia potrebbe favorire l’assunzione di un giovane apprendista ovvero di un tirocinante (in base allo schema extra-curriculare), mantenendo al primo un ruolo di tutoraggio e di preparazione alla sua sostituzione al momento del pensionamento.

20 Luglio 2016

Dottor Salvatore Vitiello – Consulente del lavoro

Dottor Nunzio Lena – Associate

Divisione Consulenti del lavoro – HR Capital S.r.l.

 

Terziario, aumento di 85 euro

È stato siglato ieri, da Confesercenti e Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs, l’accordo per il rinnovo del CCNL terziario, distribuzione e servizi. Per la parte economica l’accordo prevede un aumento salariale lordo di 85 euro, su base mensile, per il quarto livello.

(Il Sole 24 Ore, 13 luglio 2016, pag. 16)

 

TFR: coefficiente di rivalutazione

Il coefficiente per la rivalutazione del TFR del mese di giugno è pari a 0,750%.

(ItaliaOggi, 14 luglio 2016, pag. 38)

 

Il problema dei licenziamenti «Qui si fanno due pesi e due misure» (Quotidiano Nazionale, 6 luglio 2016)

Le «tutele crescenti» del nuovo contratto si applicano alle assunzioni avvenute dopo il 7 marzo del 2015. Per gli altri vale ancora l’articolo 18, un sistema duale con molti paradossi.

Un sistema dei licenziamenti duale, in cui il legislatore usa due pesi e due misure, a seconda delle categorie dei lavoratori. E lo scenario che, secondo Vittorio De Luca, avvocato dello studio De Luca & Partners, si è creato nel mercato del lavoro italiano dopo l’approvazione del Jobs Act, la riforma del welfare del governo Renzi. Come sa bene chi ne ha seguito le cronache, il Jobs Act ha rottamato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Dall’anno scorso, l’obbligo di reintegrare il lavoratore esiste soltanto in casi limitati, per esempio quando il dipendente viene mandato a casa dall’azienda per motivi discriminatori (per esempio per pregiudizi razziali).

Nella maggior parte dei casi (per esempio quando il lavoratore è mandato via per motivi disciplinari), l’obbligo di reintegro non esiste più: il lavoratore ha diritto soltanto a un indennizzo in denaro, proporzionale agli anni di carriera, anche se il licenziamento viene dichiarato illegittimo. E nato così un nuovo contratto di lavoro, definito «a tutele crescenti» perché prevede una protezione contro i licenziamenti che si rafforza nel tempo.  Questo nuovo contratto, però, si applica soltanto alle assunzioni avvenute dopo il 7 marzo 2015. Per i dipendenti che lavoravano già antecedentemente a questa data, valgono ancora le regole del vecchio articolo 18, in vigore prima dell’approvazione del Jobs Act.

Ed è proprio per questa ragione che, secondo De Luca, con l’ultima riforma del lavoro si è creato un sistema duale. «Si ha la paradossale conseguenza», dice l’avvocato, «che due dipendenti di una stessa azienda, licenziati per il medesimo motivo e nello stesso momento, possono avere diritto a una tutela radicalmente diversa, in ragione della data della loro assunzione». In presenza di un licenziamento ingiusto, insomma, chi era nell’organico da prima dell’arrivo del Jobs Act ha diritto a essere reintegrato al proprio posto, a differenza di un collega che è stato assunto dopo il 7 marzo 2015. Questo limite della riforma è emerso anche in una indagine condotta da De Luca & Partners, su un campione di oltre 200 aziende. Le imprese intervistate, benché abbiano espresso una valutazione positiva sul Jobs Act, hanno rilevato che l’ostacolo maggiore alle assunzioni in Italia è ancora rappresentato dal costo del lavoro troppo elevato.

PUNTI DEBOLI IN SINTESI:

  1. Applicare l’articolo 39

Per Aldo Bottini il Jobs Act non basta, ma serve dare finalmente applicazione all’art. 39 della Costituzione sulle relazioni sindacali.

  1. La retrocessione a ruoli inferiori 

Stefano Trifirò punta il dito contro il demansionamento che porta auna perdita di chance per il dipendente `degradato’ a ruoli inferiori

  1. Un doppio trattamento

Vittorio De Luca critica il sistema del licenziamento che dopo il Jobs Ad è diventato duale e crea spiacevoli difformità

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